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After Hours: The Hallow (a.k.a. The Woods) (Corin Hardy, USA, 2015)

Come è possibile spiegare l’entusiasmo della visione di The Hallow quando la critica non lo apprezzerà? Prima di tutto potrei liquidare subito i difetti: ricco di clichés dell’horror, sfrutta maquillage antiquato e ha una trama a volte naive. Poi potrei segnalare qualcosa che rende tali difetti meno grossolani: è il primo lungometraggio di Corin Hardy e crea, al pari di Evolution una nuova visività, fatta però attraverso una sorta di accumulo.

Il canovaccio è classico: una casa immersa nella natura, strane presenze, un bambino, una coppia. La situazione molto più originale: Adam è una specie di “medico degli alberi” che si occupa di un bosco caro alla cittadinanza irlandese dei dintorni. Questo lo espone all’astio di un paesano, Garda, e alle attenzioni poco gentili del buon popolino (o good people, che doveva essere il nome originario del film).

Ad una prima parte tipicamente mistery horror, con scherzi da Poltergeist e melme nerastre alla La Cosa, si sostituisce una seconda parte più action, con buoni colpi di scena e una piccola dose di grandeur che richiama in parte la grettezza del protagonista de L’Armata delle Tenebre. L’unione poi del tema fatato irlandese con una “creatura” contemporanea (che non nominerò) dimostra un onesto lavoro di ricerca.

Corin Hardy (che era anche in giuria al TFF33) dimostra così di conoscere, sì, i clichés dei generi, ma usandoli sapientemente al primo colpo, dando l’impressione di costruire una sorta di esperimento gestionale. Come ad affermare: «so parlare in questa lingua».

Non a caso dirigerà il remake de Il Corvo.

 

 

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