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Onde: Balikbayan #1 Memories of Overdevelopment Redux III (Kidlat Tahimik, 2015)

Enrique è lo schiavo di Magellano. Enrique è il primo filippino ad aver compiuto la circumnavigazione del globo. Enrique è l’uomo libero, affrancatosi dalle catene della servitù grazie alla padronanza di una lingua non sua. Enrique è lo spirito del superamento, reincarnatosi in un fotografo del XXI secolo.

La sua storia è quella di un’anomalia nell’eterno conflitto tra conquistati e conquistadores e si presta ad essere raccontata infinite volte da prospettive infinitamente diverse. Kidlat Tahimik lo fa con un saggio dalla grandiosità epica, costruito sui molteplici piani di una trascendente reiterazione. Lo sforzo di inattualità è supremo e la capacità nell’unire la componente politica a quella mitico-spirituale potrebbe far pensare, in quanto efficacia, al miglior Herzog o alle straordinarie epopee di certo Cinéma Nôvo, eppure le modalità con cui Tahimik costruisce il proprio straniante linguaggio aderiscono ad una scelta tanto estrema quanto personale, alimentata dai vitalistici afflati dell’eterna circumnavigazione dei destini umani, sulle note della geniale e destabilizzante Magellan dell’artista filippino Yoyoy Villame.

Il Tahimik/Enrique di Balikbayan torna così ad occuparsi di un progetto iniziato nel 1979, realizzando solo una delle innumerevoli ipotesi sulla complessa lavorazione del suo film, una storia di continue rinascite in cui inizio e fine coincidono, come nella storia di Enrique, schiavo di Magellano.

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