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Gypsy: Mulholland Drive, ma non posso

Gypsy, nuova serie originale Netflix in 10 episodi da 50 minuti ciascuno, disponibili dal 30 giugno, è solo una tra le molteplici novità seriali proposte dal servizio streaming più popolare nel mondo, sempre più ricco di produzioni proprie.

Nel mare di offerte, è fisiologico che talune raggiungano il grande successo, si pensi ai casi notori di Stranger things Narcos, e che altre stentino a decollare: è questo il caso di Gypsy.

«Psyco-thriller dalle venature erotiche» (così è presentato), Gypsy, sebbene l’interesse sia catalizzato dalla presenza di Naomi Watts, nel doppio ruolo di protagonista e produttrice esecutiva, non soddisfa le aspettative, e, terminata la visione della 1ª stagione – scritta dall’esordiente Lisa Rubin -, risulta difficile per lo spettatore tirare le fila degli eventi, seppur si parta da un soggetto potenzialmente intrigante, anche se non esente da cliché.

 «Chi sei quando nessuno ti guarda?»

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Jean Holloway è una psicoterapeuta dalla vita apparentemente linda ed irreprensibile quanto in realtà deplorevole ed esecrabile. Stimata sul lavoro, moglie di un affascinante avvocato (Bill Crudup), corteggiato serratamente dalla sua segretaria (Melanie Liburd), e madre della vivace Dolly, tomboy che rifiuta di essere trattata da bambina (Maren Heary), Jean è, al contempo, la donna modello chiamata dalla scuola per parlare di bullismo, ed è il suo alter ego Diane Hart, misteriosa sedicente giornalista che vive di rapporti inappropriati con le persone legate ai pazienti che ascolta quotidianamente, apparendo a questi ultimi una grande professionista, e riuscendo a manipolare tutti con le informazioni ottenute durante le sedute.

Tra le vittime di questo gioco pericoloso c’è Sydney (Sophie Cookson), giovane barista con cui Diane ha una relazione, e, soprattutto, ex di Sam (Karl Glusman), ragazzo che si rivolge proprio alla terapista Jean per dimenticare la sua storia d’amore malato. Comprendiamo che Diane è attratta da Sydney rivedendo in lei la Jean volubile di un tempo perduto, e che Diane non è altro che il riflesso dell’anima recondita di Jean, come lo era – ancora una volta – Diane per Betty in Mulholland Drive (David Lynch, 2001), portata in scena proprio dalla Watts, sebbene il riferimento al capolavoro lynchiano termini qui.

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Nessuno spoiler: queste sono solo le premesse di Gypsy, che, dopo i primi minuti, si arena sul lato ritmico, lasciando il tempo del racconto in balia di numerosi sketch alla Desperate housewife, ed a scene di sesso estremamente castigate, il che fa sorridere nella misura in cui lo show si faccia vanto di essere diretto, nei primi due episodi, da Sam Taylor-Johnson, contestata regista di Cinquanta sfumature di grigio (2015).

Nonostante l’interpretazione complessivamente buona del cast, il problema principale resta proprio l’inconsistenza della sceneggiatura, basata su dialoghi intuibili e scontati a tal punto da oltrepassare la sospensione d’incredulità, che mal si conciliano con la caratterizzazione piatta del resto dei personaggi, stereotipati e privi di un’evoluzione tangibile.

Indizi – disseminati tra un Bourbon, un Old Fashioned e qualche goccia di Chanel (elementi ricorsivi decisamente abusati) – lasciano intuire l’esistenza di un passato oscuro, ma non svelano quasi nulla del movente che spinge Jean/Diane ad essere un’impenitente epigono della sua anima ribelle di un tempo, e vanno solo a corroborare una staticità che vuole essere a tutti i costi glam.

Che intenzioni ha Jean? Vuole aiutare i pazienti seguendo un folle metodo? Vuole solo trasgredire le regole? Queste sono le domande che lo spettatore si pone episodio dopo episodio, aspettando una svolta che non arriva, domande a cui non sarà mai data risposta. È di poche ore fa la notizia del mancato rinnovo della serie dopo la 1ª stagione: una cancellazione che non meraviglia più di tanto, visto il modus operandi votato alla viralità dichiarato dal CEO di Netflix Reed Hastings, ma che,  a giudicare dall’attonito post pubblicato su Instagram, ha lasciato quanto meno di stucco la sceneggiatrice dello show, che, solo qualche giorno fa, faceva sapere ad Entarteinment Weekly di avere già pronta la 2ª stagione e di essere sicura del rinnovo. Mai parlare troppo presto.

Per guardare il trailer, clicca qui.

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Chiara Turco

Chiara Turco nasce a Pavia il 23 agosto 1993. Frequenta il liceo scientifico "C. Golgi" di Broni (PV), diplomandosi nel 2012. Nel febbraio 2018 consegue la laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Pavia. Appassionata di Cinema, diventa redattrice di Birdmen nel dicembre 2016, per poi successivamente occuparsi anche dell'ambito social network.

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