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Freedom Caucus e dintorni: il caos della Camera dei Rappresentanti spiegato bene

«Chaos is somebody we cannot trust with their word.
I don’t think voting against Speaker McCarthy is chaos.
I think $33 Trillion in debt is chaos.
I think not passing single-subject spending bills is chaos.
I think being governed since the mid-90s by continuing resolutions and omnibus bills is chaos».
[Matt Gaetz, dibattito sulla decadenza di Kevin McCarthy da speaker della Camera, 3 Ottobre 2023]

Molto si può dire di Matt Gaetz, eppure la sensazione è che nulla sarebbe abbastanza esauriente.
Nessuna figura, a Capitol Hill, è stata, nel corso del centodiciottesimo Congresso, più determinante e, allo stesso tempo, più controversa, puntuale nel perseguire i suoi obiettivi non curandosi delle convenzioni e delle regole non scritte della disciplina istituzionale e, per quanto conti in un sistema come quello americano, di partito.
Il podcaster più famoso del gruppo repubblicano – e l’uomo con il ciuffo più appariscente del Capitol Hill – ha un ruolo di primo piano nel movimento cosiddetto “ultra-MAGA” – ovvero fortemente incentrato su un’agenda America First, isolazionista e anti-establishment, capace di superare “a destra” le posizioni di Trump. Questo, negli anni, gli ha attirato le simpatie del movimento creato dall’ex Presidente e, allo stesso tempo, il biasimo di numerosi colleghi e di numerosissimi detrattori e nemici politici.
Eletto per la prima volta nel 2016, figlio di un importante politico locale – Don, già presidente del Senato della Florida – rappresenta il primo distretto del Sunshine State, da sempre il più conservatore dello Stato – ma il più repubblicano solo dalla Gingrich Revolution degli anni ‘90 – che al suo interno racchiude l’ampissima popolazione della base militare di Pensacola e due contee e mezza densamente popolate e piuttosto note a livello turistico.

Da Matt Gaetz occorre partire per capire come sia possibile che, nell’ultimo biennio, la camera dei Rappresentanti sia stata preda dell’incertezza e, in alcuni momenti, di una sorta di anarchia istituzionale. Dall’insediamento del centodiciottesimo Congresso, nel gennaio del 2023, la maggioranza si è retta su un manipolo di Rappresentanti: 223 Repubblicani contro 212 Democratici; nulla, considerata la tradizionale libertà di voto dei Rappresentanti e la sempre maggior polarizzazione della politica americana.
Il risultato della mancata realizzazione di una tanto paventata Red Wave alle elezioni di medio termine nel 2022 e di questa sottile maggioranza è stato, anzitutto, il consolidamento del ruolo di enfant terrible di Gaetz. Tra i quaranta membri del Freedom Caucus, fazione interna al gruppo repubblicano alla Camera e costituente l'”ala destra” del partito, il deputato della Florida è colui che più di tutti rappresenta la decisione di una parte del mondo repubblicano assai vicina all’ex Presidente Trump di combattere contro le fazioni moderate e conservatrici “di apparato”, forse anche con maggiore determinazione rispetto agli sforzi rivolti contro i Democratici.

Vorrei osare e affermare che il giovane deputato della Florida non solo è perfettamente consapevole di godere di un’aura da piantagrane, ma ne è anche piuttosto compiaciuto. Alla fine di gennaio, mentre ero seduto nella balconata della Camera dei Rappresentanti come ospite di Thomas Massie, Rappresentante repubblicano del quarto distretto del Kentucky, e osservavo un dibattito di secondaria importanza che si stava rivelando piuttosto acceso notavo come, tra i membri del Freedom Caucus, Gaetz sedesse piuttosto isolato nell’emiciclo – leggermente , manifestando un’aria allo stesso tempo tranquilla e consapevole del suo ruolo di “villain” del Congresso.

Matt Gaetz parla alla FreedomFest di Phoeni (Arizona) nel 2023. Crediti: Gage Skidmore via Wikimedia Commons

Nel gennaio 2023, al momento dell’elezione dello speaker, Gaetz coordinò gli sforzi di circa venti Rappresentanti appartenenti all’ala destra del Partito Repubblicano nel bloccare l’elezione di Kevin McCarthy. Ci riuscì – non prima di aver ottenuto una modifica dei regolamenti della Camera – per quindici scrutini, interrompendo così la tradizione che si prolungava dal 1925 di avere uno speaker eletto al primo scrutinio: fu uno smacco per il collega californiano e il preludio di un’ulteriore, cocente e definitiva, umiliazione.
Pochi mesi dopo, nell’ottobre dello stesso anno, riuscì, con l’appoggio di sei deputati provenienti dal Freedom Caucus e di Nancy Mace, deputata della South Carolina con fama di pensatrice indipendente, a estromettere McCarthy dalla carica di speaker.
Da lì trattative che sapevano di regolamento dei conti interno al gruppo repubblicano – tre candidati di alto profilo vennero “bruciati” nel giro di una settimana – si giunse infine al voto unanime su un poco conosciuto Rappresentante della Louisiana, Mike Johnson.
Il resto, come si suol dire, è storia

Gennaio 2023: all’ennesima votazione bloccata dal Freedom Caucus e a seguito di un duro confronto tra Matt Gaetz e Kevin McCarthy, il rappresentante dell’Alabama Mike Rogers perde la pazienza con il collega della Florida. Crediti: Wikimedia Commons.

Nell’ultimo mese, due Rappresentanti moderati, Mike Gallagher del Wisconsin e Ken Buck del Colorado – quest’ultimo, tra l’altro, un atipico membro del Freedom Caucus – hanno annunciato dimissioni anticipate: un gesto inusuale, specialmente per dei congressisti che avevano già annunciato il ritiro al termine del mandato. All’indomani della vittoria del democratico Tom Suozzi nelle elezioni suppletive nel terzo distretto dello Stato di New York e in attesa di quelle che decreteranno il successore di Kevin McCarthy – l’ex speaker si è dimesso dalla Camera il 31 dicembre scorso – la maggioranza repubblicana si reggerà, per un breve periodo di tempo, solamente su un seggio.

Ed è in questo scenario che la rappresentante Marjorie Taylor Greene, controversa politica del nord della Georgia espulsa, nel giugno scorso, dal Freedom Caucus, ha presentato la documentazione per una nuova motion to vacate, la procedura per la decadenza dello speaker. La motivazione è, grossomodo, quella che già costò il posto a McCarthy: aver trovato accordo con i Democratici per l’approvazione del bilancio contenente oltre 1.2 trilioni di dollari di spese.
Questo è stato considerato troppo dalla parte più intransigente dei Repubblicani, che avevano già ottenuto dallo speaker lo stralcio di una legge similare contenente ulteriori finanziamenti all’Ucraina, a Israele e a Taiwan. La questione delle spese federali, aggiuntasi all’ormai annosa opposizione della destra repubblicana a ulteriori aiuti militari ed economici per l’Ucraina, potrebbe mettere Mike Johnson in una condizione piuttosto rischiosa: pochi giorni fa Don Bacon, moderato Rappresentante repubblicano del Nebraska, ha dichiarato che «è possibile che gli aiuti all’Ucraina facciano perdere il lavoro a Johnson».
Francamente, l’affermazione appare fondata su una certa probabilità se consideriamo che, con i numeri parlamentari di cui sopra, basterebbe un voto favorevole alla decadenza – qualora tutto il gruppo Democratico supportasse la mozione – e anche altri Repubblicani, come ad esempio i libertario (o, meglio, conservatarian) Thomas Massie , hanno espresso una certa insofferenza nei confronti di Johnson.
D’altra parte va notato come alcuni democratici – in primis il progressista e potente Ro Khanna, hanno promesso di aiutare lo speaker, secondo una logica di do ut des.

Alcuni Rappresentanti appartenenti al Freedom Caucus nel 2021. In primo piano l’allora portavoce Rick Perry della Pennsylvania. Crediti: House Freedom Caucus via Facebook

La mozione di sfiducia, depositata lo scorso 22 marzo, se effettivamente votata, porterebbe a un nuovo vuoto nella leadership della Camera. Sarebbe l’ennesimo impasse in pochi mesi: alcuni, come la rivista liberal New Yorker, sostengono che ciò sia rappresentativo della chaos agenda di Matt Gaetz e del Freedom Caucus: l’indebolimento delle istituzioni centrali e il blocco del funzionamento del ramo legislativo come metodo di azione politica. Più recentemente l’ex speaker McCarthy si è spinto oltre e ha rivelato i suoi sospetti riguardo al perseguimento, da parte di Gaetz, di finalità illegali – leggasi l’operare a favore di potenze straniere.
Circa la volontà di bloccare le attività del Congresso bisognerebbe considerare che, all’inizio del 2023, Matt Rosendale del Montana disse alla stampa che aveva «pregato per una maggioranza risicata», in modo che il controllo della Camera fosse, de facto, in mano al piccolo gruppo del Freedom Caucus.

Di fatto, a un anno e mezzo dalle Mid Term che avevano consegnato ai Repubblicani una maggioranza – seppur con numeri deludenti – dopo quattro anni di speakership di Nancy Pelosi, la Camera vive in una perenne cripto-anarchia caratterizzata da importanti scontri interni al gruppo conservatore. Di conseguenza, verrebbe da dire che il Grand Old Party ha fatto tutto quello che era possibile per perdere le prossime elezioni e per consegnare la Camera ai Democratici guidati dal newyorkese Hakeem Jeffries. Eppure, stando alle proiezioni, ad oggi, a novembre potrebbe materializzarsi un’altra maggioranza risicata.
Capitol Hill dovrà, quindi, abituarsi all’incertezza?

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