Attualità

Editoriale/ Se a cambiare è solo il governo

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

Si era detto: un governo tecnico, di non eletti, sale al potere quando sono necessari interventi repentini che macchine da voto quali sono i partiti politici non possono essere in grado di assicurare senza scontentare la propria base elettorale.
La temporanea sospensione del suffragio prevista dalla legislazione non può però essere messa in atto se non per prendere decisioni determinanti e controcorrente, che la normale prassi politica non è in grado di assicurare. Un concetto che è stato preventivamente accettato, negandosi il piacere del voto, nel nome dello spread.
Non sono però i soli elettori ad aver scelto la via più comoda, vista la natura tutta-tasse della manovra professorale.
L’abbiamo chiamata e votata, ed allora eccola arrivare, insieme alle precoci campagne pubblicitarie di tribuni mestieranti che, dopo aver “considerato come necessario il non voto” e “assicurato tutto il sostegno necessario al governo”, ora ne lamentano la scontata natura e la “mancata equità”, opponendo argomentazioni che mirano a convincere l’elettorato tutto che con pochi e piacevoli tocchi di bacchetta magica sia possibile risanare un paese che ha vissuto per decenni di una spesa pubblica sconsiderata.
Diminuire le spese per gli armamenti? Si, ma se ne parli con chi conosce le strutture e le necessità dell’esercito. Ridurre le auto blu? Certo, ma non si fa crescita coi tagli simbolici. Ridurre i parlamentari e i loro stipendi? Sacrosanto, occorre ricordarsi che un governo si regge su una maggioranza alla quale i colpi d’accetta proprio non piacciono, la quale può delegittimare un esecutivo o, ancor peggio, le riforme necessarie.
Su tutto il resto, si chiede che domini la “concertazione”, la massima apertura. Dalla loro, ci si premurerà di fornire qualche idea e molte mura ideologica.
La situazione di precarietà sociale ed economica non si cambia con veti incrociati, ma riconoscendo quali siano gli errori che ci hanno guidato fin qui. I privilegi danno fastidio. Ma più che enumerare quelli lampanti chiedendone l’abbattimento a scopo simbolico, conviene guardare a quelli che davvero ingessano le dinamiche sociali italiane: i primi possono essere punti di partenza, ma non resuscitano i morti né risolvono i diffusi problemi.
L’opposizione ideologica a priori non è in grado, e mai lo è stata, di aiutare il paese. Questa condotta, unita all’inspiegabile riluttanza a trovare vie alternative a quelle presentate, sembrano ad oggi sfavorire quel cambio radicale per il quale è stato negato il voto.
Detto questo, un governo che veniva accusato di non essere in grado di attuare le riforme strutturali è crollato. Uno che pare in grado di compierle ha visto la luce da meno di un mese. Non ci aspettavamo miracoli, ma nemmeno solo tasse.
L’attesa del rinnovamento non è finita. Una rivoluzione non si fa in un giorno.

8 pensieri riguardo “Editoriale/ Se a cambiare è solo il governo

  • Giovanni Cervi Ciboldi

    Non posso che esservi grato.

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  • Francesco

    Mi permetto di fare due critiche:

    – “Diminuire le spese per gli armamenti? Si, ma se ne parli con chi conosce le strutture e le necessità dell’esercito.”
    Mi chiedo quali necessità avrebbe l’esercito… Hanno bisogno di soldi per mantenere la pace nel Mondo? No, perchè è da 10 anni che siamo in Afghanistan a perdere tempo, vite e soldi. Sappiamo tutti che la missione non è mai stata una missione di pace ma di sostegno alla corsa all’oro degli americani; per non parlare del fatto che la situazione sociale in quel paese non è minimamente migliorata.
    Concordo con Di Pietro sul fatto di risparmiare sulle missioni militari.

    -“Ridurre le auto blu? Certo, ma non si fa crescita coi tagli.”
    Meglio tagliare sulle auto blu che sulla sanità, credo… E quando i tagli alla sanità li faceva Berlusconi tutti a dargli addosso (giustissimamente), ma ora che li ha fatti Monti tutti a dire: “E però ce la crisi, i soldi mancano, bisogna fare i sacrifici ecc ecc”.
    Attualmente le auto blu sono in Italia sono più di 620.000. Io credo che (per carità, è un’opinione personale) esse spettino soltanto ai ministri, ai presidenti di Repubblica, Camera e Senato, ai presidenti di regione e al limite anche a quelli delle province. Facciamo due calcoli:
    . ministri (Monti compreso): 19
    . presidenti di Repubblica, Camera e Senato: 3
    . presidenti di regione: 20
    . presidenti di provincia: 110
    Per un totale di 152 auto blu contro 620.000. C’è una bella differenza; non farà crescita, ma un gran bel risparmio si!
    È una vergogna. Tutte quelle 620.000 le paghiamo noi e un parlamentare qualunque le usa come auto private a spese nostre.

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  • Francesco

    PS
    Inoltre, l’auto blu ce l’ha anche il nostro rettore, è sempre parcheggiata nel cortile dell’università (quello dove c’è la prima entrata di Strada Nuova).
    Io mi chiedo perchè mai un rettore universitario debba beneficiare di un’auto blu, non è mica un politico. Bha…

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  • Giovanni Cervi Ciboldi

    Gli argomenti che lanci, e soprattutto la tua mortificazione di fronte a questo scenario, sono per me giustificate. Trovo le tue osservazioni intelligenti, permettimi però di spiegarti i due punti che mi contesti.

    Per quanto riguarda le decisioni che lo stato prende sugli armamenti, l’esercito è una componente ineludibile della forma stato contemporanea, una delle braccia della moderna sovranità nazionale. L’Italia ha quindi deciso di mettere tale componente al servizio di organizzazioni sovranazionali che tutelano – o dicono di tutelare – la pace nel mondo. Sulla loro utilità, io stesso sono scettico (come dimenticare i voti a supporto dell’inesistenza delle carceri politiche a Cuba e in Bielorussia), ma l’Italia ha preso una decisione e ha dato la propria parola.
    Tagliare le spese militari per continuare lotte in situazioni di ancora maggiore precarietà è un rischio per chi è al fronte e un vantaggio per chi può approfittare di questa debolezza.
    La soluzione sarebbe allora rinunciare alle missioni, quantomeno sospenderle, cosa che sarebbe assolutamente legittima e comprensibile e sulla quale sarei anche d’accordo. Ma ridurre le spese degli armamenti con persone impegnate in missioni mi sembra una operazione controproducente. Per questo infatti non ho detto “non tagliamo le spese militari”: ho detto “se ne parli con chi di dovere”, proprio per capire quanto sia possibile risparmiare su tali spese senza mettere a repentaglio missioni o militari.

    Per quanto riguarda invece le auto blu e gli argomenti che porti, permettimi una precisazione: nella manovra non ci sono tagli alla sanità.
    Detto questo, la questione delle auto blu che ho sollevato è una provocazione. Le auto blu sono troppe e sono da tagliare, e lo sappiamo. Riducendole si potrebbero anche ottenere somme discrete, non quei 20 miliardi di cui molti parlano (confondendo il valore complessivo dei costi), ma almeno 5 si. Sarebbe un taglio sacrosanto. Il punto è che la cosa più urgente non possono essere i tagli, ma le riforme strutturali che sappiano rilanciare il paese. Tutto il resto, anche nelle nostre coscienze, può venire dopo. Per questo dico: piuttosto che intavolare sempre le stesse discussioni – perché non ci si rende conto che prima bisogna parlare di riforme del lavoro, della scuola, delle municipalizzate e altro?

    Ti ringrazio per i tuoi commenti. Spero di aver chiarito i toni che ho utilizzato. Un saluto.

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    • Giovanni Cervi Ciboldi

      Ps. Il rettore ha l’auto blu perché è una istituzione. Ognuno può avere la sua idea riguardo a questo, ma personalmente credo due cose: che la massima autorità universitaria debba essere trattata al pari delle altre autorità cittadine; e che se all’interno di una manovra di riduzione dei suddetti veicoli gli fosse chiesto di abbandonarla sarebbe ben felice di farlo.

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      • Francesco

        Dei tagli alla sanità avevo sentito parlare qualche giorno fa al telegiornale. Evidentemente non li hanno più fatti, meglio.

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