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Il Bel Paese e la corruzione

di Federica Fraschini

Da sempre diagnosticato come malato, il sistema politico italiano appare oggi ancorato a meccanismi retrogradi, favoritismi e corruzione che ora più che mai si trovano a essere in eccessiva disarmonia e contrasto con le politiche dei Paesi europei forti (per esempio Germania, Inghilterra, Francia) in cui sono emerse negli anni sempre più incisive politiche di trasparenza sempre più incisive come conditio sine qua non per far parte dell’UE e del commercio internazionale.
Prendendo visione dei risultati di un recente sondaggio relativo alla corruzione nel mondo, avanzato da Transparency International (organizzazione non governativa finalizzata a combattere la corruzione nel mondo), in cui sono stati considerati come oggetto di indagine 172 stati, è emerso che il Bel Paese si trova oltre la settantesima posizione: poco sopra la Somalia.
Di recente la Commissione Europea di Bruxelles non ha risparmiato dure critiche nei confronti dell’Italia evidenziando le storture del sistema: leggi ad personam, «scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo», legge contro la corruzione che «lascia irrisolti» vari problemi.

Il quadro generale non è rassicurante. Eppure ciò a cui questi dati mettono di fronte il Paese altro non è che una sfida. Una sfida a fare meglio, a crescere culturalmente per sradicare quella che molti attribuiscono all’Italia come “caratteristica” o ancora peggio “tradizione”, “costume”. Tale sfida non può che essere accolta e così sta accadendo ormai da qualche tempo: cresce con prepotenza e velocità la richiesta di eticità da parte di tutti coloro che sono esterni ai meccanismi della corruzione (la stragrande maggioranza dei cittadini), ma allo stesso tempo danneggiati dagli stessi.

Questo non può che essere diretta conseguenza di un fenomeno che ci costa 30 miliardi di euro all’anno, che lede in maniera diretta il principio di uguaglianza (negazione della giustizia sociale) e di trasparenza. Ancora: la criminalità organizzata è rafforzata, data la naturale simbiosi tra organizzazioni criminali e corruzione. L’incompetenza, l’inefficienza e gli sprechi, abbassano drasticamente il livello qualitativo dei servizi pubblici.
La storia però ci insegna che non esistono “genetiche di stato” che non siano modificabili, come dimostrano grandiose riprese di molti Paesi. Si pensi all’Inghilterra di fine 1800: corruzione dilagante, eticità venduta al miglior offerente, costumi decadenti. La lotta alla corruzione non è una battaglia persa in partenza, ma va combattuta ogni giorno cominciando dalle minori realtà comunali fino ad arrivare all’adozione convinta e consapevole di normative sovranazionali.

Albert Einstein diceva: «Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità». È il momento di coglierle.

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