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Due parole sulla questione James Gunn/Disney

Qualche giorno fa stavo scorrendo il mio feed  Instagram quando mi sono imbattuto in un’inserzione di Disneyland Paris che mostrava delle discutibili imitazioni di “Star-Pratt” e “Saldana-Gamora” ballare con dei sorridentissimi bambini al ritmo di I love rock ‘n’ roll, di Joan Jett. La didascalia riportava “torna al ritmo degli anni ottanta con i Guardiani della Galassia” o roba simile. Con amarezza ho constatato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il potere e i metodi delle grandi corporation  americane, a dispetto degli artisti che contribuiscono a renderla grande. Se poi, come chi scrive, non si è soltanto degli appassionati consumatori ma anche e soprattutto dei consumati cultori, l’amarezza risulta ancora maggiore. La Disney ha licenziato James Gunn e ha interrotto ogni rapporto col regista ma intanto a Disneyland si capitalizza su quella che di fatto è una sua creazione, i Guardiani della Galassia. Niente di sbagliato, sia chiaro, almeno dal punto di vista legale e forse neanche troppo dal punto di vista morale; in fondo lo stesso Gunn ha firmato un contratto.

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Ma prima i fatti. Perché James Gunn è stato licenziato dalla Disney? È presto detto: a quanto pare degli scavenger  del partito repubblicano americano, tra i quali spicca la figura di Jack Posobiec, agguerrito trumpista, hanno denunciato l’ambiguità sessuale ed etica di Gunn, riportando sotto i riflettori dei tweet compromettenti del regista risalenti al periodo 2009-2011. Non c’è dubbio, anche considerandoli come forme molto particolari di black humor  (il quale se vogliamo è già a sua volta una forma molto particolare di umorismo) c’è poco spazio per un’eventuale difesa, come ha detto in un comunicato ufficiale Alan Horn, presidente del consiglio di amministrazione dei Walt Disney Studios. Si tratta, come potete leggere di seguito, di battute piuttosto pesanti su argomenti quali la pedofilia e lo stupro:

“Mi piacciono quando i ragazzini mi toccano nelle parti basse” (24 febbraio 2011)

“La doccia dell’hotel fa schifo! È come se mi pisciasse addosso un bambino di tre anni! (12 marzo 2011)

“Ricordo bene il mio primo meeting NAMBLA [informatevi qui per sapere che cos’è]. È stata la prima volta che mi sono sentito ok con ciò che sono. Alcuni di essi sono ancora miei carissimi amici” (4 aprile 2009)

Potete leggere questi e altri tweet proprio sull’account Twitter del sopracitato Jack Posobiec che li riporta in un collage di immagini.

https://twitter.com/JackPosobiec/status/1020229342549413890

jackposobiecJack Posobiec: uno dei "Gola profonda" della questione Gunn

Ora, James Gunn nel biennio 2009-2011 era un giovane regista affermatosi negli ambienti della Troma  (il suo successo più importante fu Tromeo & Juliet, del 1996), e reduce da produzioni di successo come Slither, un horror del 2006 con protagonista Micheal Rooker. Chi conosce la Troma  sa bene che non parliamo di film né di registi molto convenzionali. Tanto la Troma quanto i suoi membri infatti sono contraddistinti da un gusto per l’eccesso, il grottesco, il politicamente scorretto, il black humor, la comicità demenziale e le scene di sesso più o meno esplicito. Insomma, un continuo tributo ai B-movie. Ovviamente non si vuole così in alcun modo giustificare Gunn ma solo spiegare il contesto artistico di provenienza. Ebbene nel 2011 la Disney, padrona da 2 anni della Marvel Entertainment, chiede a James Gunn di reinventare per il cinema una serie di personaggi Marvel, diciamo pure di quint’ordine, prendendo spunti qua e là dallo sconfinato universo fumettistico cosmico non ancora approdato al cinema. La Disney, si sa, non è una compagnia di sprovveduti e col tempo è diventata sempre più severa nella promozione, non tanto o solo di sé stessa, ma dell’immagine di sé stessa. Se da un lato la corporation  garantisce ai registi promettenti un certo grado di libertà nella realizzazione delle proprie pellicole (a tutti gli effetti invidiabile rispetto ad altre major), dall’altro lato la Disney chiede in cambio un’intensa attività promozionale che punti tutto sulle figure originali, ma moralmente inattaccabili, dei suoi registi, attori ecc. Risulta quindi difficile credere che la Disney non sapesse nulla di quei tweet compromettenti. Così come suona strano, per quanto obiettivamente più credibile, la marcia indietro di Gunn sui suoi stessi tweet, per i quali ha ammesso di essersi comportato in maniera immatura e ingiustificata. Gunn non fa proprio bella figura dichiarandosi “cambiato”. Non crediamo, almeno fino a prova contraria, che Gunn sia effettivamente un pedofilo, ma un provocatore seriale e scomodo quello sì. Che uno faccia dietro-front una volta giunto in Disney e con una carriera avviata suona quantomeno molto opportunista per quanto sensato alle contingenze.

Ma andiamo oltre; la seconda fase della questione “Gunn-Disney-Marvel” riguarda questa volta gli attori coinvolti. Tutto il cast  de i Guardiani ha prontamente espresso la propria vicinanza al regista, chi in una maniera poco plateale ma comunque evidente (come Zoe Saldana che giorni dopo lo scandalo ha espresso la propria vicinanza e sostegno a “TUTTI coloro che hanno lavorato ai film dei Guardiani”) fino a Dave Bautista il quale, coerentemente con il proprio spirito da lottatore, bisogna riconoscerglielo, si è gettato in prima linea per difendere il regista. L’ex wrestler  non difende i tweet  di Gunn, dai quali ha preso prontamente le distanze, bensì la persona del regista, puntando il dito contro il licenziamento, a suo avviso, ingiusto. Bautista è arrivato addirittura a minacciare di lasciare il franchise  qualora il copione di Gunn per il terzo film, già pronto da qualche mese, non fosse stato utilizzato. Evidentemente qualche risultato deve aver scaturito questa sua presa di posizione dato che la Disney ha annunciato tramite un comunicato ufficiale che almeno il copione di Gunn sarà usato. A questo punto rimane insoluta una sola questione fondamentale: Gunn tornerà alla Disney? E cosa più importante, è giusto che torni?

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Partiamo col dire che, se i tweet  di Gunn non hanno certo beneficiato alla sua immagine pubblica, neanche la Disney ha dato grande mostra di sé nella faccenda. Soprattutto se consideriamo che nel 1995 la Buena Vista Entertainment (cioè sempre la Disney) ha distribuito “Powder” film del regista Victor Salva, il quale all’epoca delle riprese era già stato condannato per pedofilia. Diciamolo, la Disney non ha proprio una storia passata illustre per coerenza e integrità. La Marvel infine, più precisamente i Marvel Studios stanno spingendo (o come dicono le testate americane “lobbying”  che rende meglio l’idea) affinchè il regista torni o non se ne vada dagli Studios. Sebbene sia proprio di queste ultime ora l’appoggio di Kevin Feige alla scelta della Disney di licenziare Gunn. Che dire poi delle altre compagnie cinematografiche, una su tutte la Warner Bros, che ha fiutato l’opportunità per portare il regista dalla sua parte? Che alla Warner Bros abbiano una politica più tollerante in fatto di black humor? O semplicemente intravedono la non tanto remota possibilità di guadagnare anche loro dal semplice nome di James Gunn? Difficile dire se sia giusto poi che Gunn torni alla Marvel. Volendo essere massimamente moralisti dovremmo puntare il dito contro l’assunzione in principio. Sarà vero che i tweet  di Gunn sono indifendibili ma in teoria bisognerebbe sempre giudicare più severamente una persona da ciò che fa e non solo da ciò che dice.

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Da qualunque punto di vista la si guardi, l’intera questione getta un’ombra sull’intera industria del cinema, non tanto per il potere spropositato delle major  cinematografiche, ma per la semplicità con la quale quel potere può essere nullificato. Appare evidente, infatti, che l’intera questione Gunn sia nata per mere ragioni politiche: non è mistero che Gunn sia un accanito, talora eccessivamente, anti-trumpista, ed è ancora meno un mistero che la Disney, benché apartitica, non abbia mai dato segni di disdegnare tale tendenza sia pure per delle vili ragioni opportunistiche di mercato. Quello che la questione Gunn ci insegna è che l’intangibilità di registi, attori e produttori (nel bene e nel male) è inversamente proporzionale all’intangibilità crescente di argomenti sensibili.


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