AttualitàCulturaPavia

Destinazione Pavia: storie di ordinaria integrazione

Modou Kebe viene dal Senegal: è un uomo distinto e sicuro di sé, con un grande sorriso gentile, così bianco contro la sua pelle color della notte. Difficile immaginarlo, eppure un tempo faceva il “vù cumprà”. Sì, proprio di quelli che vendono ombrelli e accendini agli angoli di Piazza Ghislieri. Ora invece è seduto in giacca e cravatta in Aula del Quattrocento. E tiene una conferenza come un professore: lui che in Senegal non ha completato gli studi perché, dice, credeva che portarli avanti non gli avrebbe dato nessun futuro. “Mi sono sbagliato” ammette. “Ora voglio che i miei figli studino, perché diventino buoni cittadini del loro paese”.
Modou ha tre figli, ma il loro paese non è il Senegal: è l’Italia. Sono nati e cresciuti qui. Hanno studiato in classe con altri bambini italiani. Loro padre ora ha un permesso di soggiorno, lavora regolarmente per garantire loro benessere e futuro.
Il percorso della famiglia Kebe è simile a quello di migliaia di altri immigrati. La sera del 20 marzo in Aula del Quattrocento, la Comunità di Sant’Egidio- da anni impegnata nelle lotte per i diritti dei migranti- ha organizzato un incontro per raccontare le storie di “ordinaria integrazione” nella nostra città. Lunghi viaggi attraverso il mare, la terra, la burocrazia, la diffidenza, la solitudine. L’obiettivo: iniziare una nuova vita, una vita “normale”.
Insieme a Modou hanno parlato anche Rim Bouzid, tunisina e Claudio Bagnasco, professore della scuola di Lingua e Cultura Italiana di Genova. Introduceva l’incontro Maria Benotti della Comunità di Sant’Egidio.
In Italia integrarsi non è semplice: non è semplice ottenere un permesso di soggiorno regolare e vincere la paura dei cittadini autoctoni, spesso rintronati da discorsi beceri sull’”emergenza immigrazione” e la “sicurezza”. Ma le storie di Rim e Modou fanno capire come l’integrazione sia in realtà un fatto di pura umanità e desiderio di conoscenza reciproca, che poco ha a che fare con i vincoli giuridici.
Quanto stiamo perdendo come paese, chiudendo le porte all’immigrazione e negando la cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori immigrati? Gli studenti di origine straniera sono il 44%. Culturalmente italiani da sempre, ma non riconosciuti ufficialmente fino al diciottesimo anno di età. Il nostro Paese sta dunque seminando dove non raccoglierà. L’ennesima opportunità sprecata?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *