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COACH (ALICE NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE) DELLA SERIE A

Avete presente il meraviglioso mondo di Alice? La foresta incantata, tra conigli che prendono il tè, gatti che appaiono e scompaiono e bruchi dediti all’euforia? Lo stesso posto in cui risuonano forti le grida di una regina, autorità crudele, che con il suo «Tagliatele la testa!» mette terrore in tutto il regno?

Fateci caso: il meraviglioso mondo di Lewis Carroll in confronto alla Seria A (con i suoi presidenti) sembra l’assoluta normalità.
Senza riferimento alcuno alla lucidità del Viperetta, si può trovare più che un’affinità tra la smania di teste della regina e quella di allenatori da parte dei presidenti del campionato italiano.

«Prima l’esecuzione, poi il verdetto». Una sentenza. Giudice, giuria e boia. Nessuna via di fuga. Non si guarda in faccia a nessuno: «Go big or go home».
Senza pietà alcuna, i presidenti della Serie A sono pronti a soffiare sul proprio castello di carte. Non importa da quante fosse formato, da quali o quale fosse la tenuta della costruzione. Nulla importa: qualcosa a loro non piace e allora la cambiano. Punto.
Dalle più grandi piazze, alle più piccole realtà.

colantuono-si-fara-interrogare-a-cremonail-tecnico-non-ha-nulla-da-nasconde_05977982-b22e-11e4-b803-3c79a98ee4db_998_397_big_story_detailPrendiamo come esempio Bergamo, sponda Atalanta. Cinque anni fa Mr. Colantuono guadagnava la promozione, con un successivo ottimo campionato nel 2011-2012: 52 punti effettivi (sei furono tolti per una penalizzazione), record della squadra; due anni fa, annata con salvezza tranquilla e annesso rinnovo dell’allenatore fino al 2016; convincente anche la scorsa stagione: Dea salva con sette giornate d’anticipo, ennesimo record.
Quest’anno, invece, l’esonero a causa di un rischio retrocessione più o meno evidente.
Al di là del concreto pericolo che corre l’Atalanta, della (presunta) inferiorità di alcune delle contendenti e di quanto ancora manchi alla fine del campionato, il problema (a mio modesto avviso) sarà la gestione del gruppo nella prossima stagione.
Una squadra è solida in relazione alle certezze che ha e Colantuono era senz’altro una sicurezza. Reja è un ottimo allenatore e ha molta (moltissima) esperienza, ma la compattezza di una squadra è qualcosa che si forma con il tempo.

Il che rimane un cruccio per le squadre che sono solite cambiare continuamente in corsa. Chiedere al Cagliari. Per i sardi le cose sono cambiate perché restassero uguali: Cellino se ne è andato, lo stadio nuovo non è durato molto e gli allenatori continuano ad arrivare e partire. Addirittura ritornano: Zdenek Zeman è (di nuovo) l’allenatore del Cagliari, sostituendo colui che a metà stagione era stato nominato al suo posto, Gianfranco Zola.
Negli ultimi vent’anni il Cagliari ha compiuto ventitré esoneri cambiando quindici allenatori (alcuni, proprio come il coach boemo, sono stati esonerati e poi richiamati).
Mentre si allontanano i ricordi delle vittorie targate Zola (quanto meno in campo), Langella, Esposito e Suazo, si avvicina la retrocessione, sempre che Zeman non riesca nel miracolo (che i più maligni sostengono non sia vincere, ma difendere).

Differente invece la situazione a Milano.
Ve lo ricordate quell’imprenditore indonesiano, sconosciuto ai più, neo-presidente dell’Inter? Quel pacioccone dal sapore orientale?
Erick Thohir: italianissimo. Mazzarri non ottiene i risultati sperati? Bye bye, adieau, arrivederci. Bentornato Mancio. Navigatore fino a fine stagione, mentre la nave imbarca acqua, la flotta non è stata scelta dal capitano e nessuno sembra conoscere esattamente dove sia (o, ancora peggio, quale sia) la meta. Cristoforo Colombo per puro caso scoprì l’America, l’Inter sta pian piano conoscendo l’anonimato. Speriamo che il vento cambi, altrimenti è un attimo naufragare in un mare pieno di squali.

Mentre, per quanto riguarda il Milan, la situazione allenatore sembra stabile. Per ora. Forse. Al IM_Inzaghi4momento. Eppure potrebbe succedere qualcosa… Boh.
Inzaghi è in discussione. Esattamente come lo fu prima Allegri (esonerato dai rossoneri, oggi primo in campionato con la Juventus) e poi Seedorf (coach con un progetto di gestione tecnica molto interessante – non saprei se definirlo positivamente o negativamente, obiettivamente mezza stagione con una squadra mediocre non può, e non deve, definire un allenatore).
Super-Pippo è imputato alla corte di Berlusconi: la squadra non gioca bene, non compete, non riesce a fare risultato, non è coesa e non sembra avere personalità. Un disastro insomma. E la colpa, ovviamente, sarebbe di Mr. Inzaghi.
Due brevi considerazioni:
1)Ma non era stato scelto come allenatore proprio per queste sue doti, mostrate (con risultati) nella primavera rossonera? Che senso avrebbe, dopo una sola stagione, ripiegare su Brocchi (attuale coach della primavera, con risultati minori rispetto a quelli del suo predecessore)?
2) Ma non sono forse questi (i cattivi risultati e la repentina voglia di cambiare) un dato comune alle gestioni Allegri (l’ultima parte), Seedorf e Inzaghi? La rosa è realmente migliorata negli ultimi anni? Vi è stata forse la presenza di un chiaro progetto di ricostruzione della squadra da parte della società?
Mah.

Situazioni simili e molto differenti. Ma forse assimilabili.
In un campionato che ha totalmente smesso di pensare al futuro, uno dei principali problemi tecnici rimane quello di avere un progetto e imparare a ragionare in un’ottica di lungo-periodo. Dare tempo al tempo, cercando di definire la propria direzione. Aspettare e saper guardare oltre alla singola vittoria e sconfitta.
Difficile? Sì.
Ma, in alternativa, appunto, si può sempre cacciare a pedate il proprio allenatore.

Come bene spiega lo Stregatto ad Alice:
– «Volevo soltanto chiederle che strada devo prendere!»
– «Be’, tutto dipende da dove vuoi andare!»
– «Oh, veramente importa poco, purché io riesca…»
– «Be’, allora importa poco che strada prendi!»

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