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Calcio, Serie A / “Una poltrona per due”

di Simone Lo Giudice

In due sgomitano, le altre inseguono. Come in quella pellicola statunitense del 1983: la poltrona è una sola, le pretendenti sono due. Gli Oscar non sono ancora stati assegnati, mentre Antonio e Walter tramano la prima fughina stagionale. Torino e Napoli incantano per costanza, all’insaputa della discontinuità di Roma e Milano. Il risultato è parziale, ma qualcosa sa già di definitivo.

Juve umilia Roma 4-1. Sul campo non c’è stata partita, fuori le chiacchiere si sono sprecate. E di Zemanlandia ancora nessuna traccia. E se l’ennesima prova di forza bianconera non fa più notizia, sorprende la confusione generale che regna in casa romanista. Con una difesa che non c’è, un centrocampo che non filtra e un attacco che punge ma non morde. Pirlo-Vidal-Matri hanno steso sul nascere le fumose ambizioni del tecnico boemo. Troppa Juve per questa Roma. 16 punti Conte e 8 punti Zeman: dopo appena 6 giornate questa differenza suona già come un piccola sentenza.

Ma il Napoli non molla. A Genova arriva quella vittoria esterna che a Catania era mancata. Sia Juve che Napoli hanno raccolto 5 vittorie e 1 pareggio (e per entrambe si è trattato di uno 0-0). Il cammino è fin troppo simile per essere una grande coincidenza di inizio stagione. Il Napoli sembra maturato, le scorse campagne europee ne hanno forgiato il carattere. Mentre per la Juve l’Europa che conta è stata una piacevole novità, meglio dire un ritorno alle origini. Il duello è servito. Sarà una pietanza a lunga scadenza, almeno fino al principio della primavera ventura.

Inter e Lazio: 12 punti per entrambe e la vetta “Sotto tiro”. Un’altra pellicola statunitense del 1983 per raccontare le ambizioni di chi vorrebbe, ma non può. Stramaccioni sfata il tabù San Siro, ma le sbandate casalinghe di inizio stagione non possono apparire come incidenti di percorso. Stesso discorso per la Lazio di Petkovic (che Genoa e Napoli ci ha lasciato 6 punti senza segnare). Sono due realtà interessanti, sicuramente le migliori dopo Juventus e Napoli. Ma per entrambe la vittoria finale è una terra straniera.

Piace molto la Fiorentina, soprattutto per qualità di gioco. Montella ha griffato un lavoro di assemblaggio a tempi record. Squadra nuova di zecca per 9/11 con tanta qualità in mezzo al campo. La Viola gioca senza un recupera-palloni alla De Jong per intenderci (il più mediano di tutto è Pizarro per intenderci, che però ha piedi educatissimi). Jovetic e compagni giocano un calcio spesso spettacolare. Il piazzamento europeo è decisamente alla portata.

Chiudiamo col Milan, che a Parma strappa un pareggino stile meglio-di-niente. Il piccolo faraone è la grande certezza: 3 goal in 2 partite e qualche paragone di troppo già strappato all’amministratore delegato di turno. Per il resto “Niente di nuovo sul fronte occidentale”: le vicende autobiografiche del Milan risuonano come quelle di un romanzo bellico della prima metà del Novecento. Il gioco vive di piccole accelerazioni, che lo fanno discostare da una sostanziale monotonia. Il 4-2-fantasia rilanciata da Allegri stride con l’impoverimento tecnico dell’attuale rosa. La fantasia appartiene agli altri. Per questo Milan sembra già fin troppo impegnativo vivere alla giornata.

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