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Breve epopea dello sciopero e altre storie

In onore del maxi sciopero indetto per il 26 e il 27 di Novembre tratterò in questa “puntata” della rubrica proprio il leitmotiv di tutti i viaggi del pendolare, appunto, lo sciopero. Ancora prima di acquistare l’abbonamento, ancora prima di scegliere l’orario di partenza, ancora prima di decidere se prendere o no il treno effettivamente, il pendolare sa già perfettamente a cosa andrà incontro e lo sciopero è proprio una di quelle costanti che accompagna il senso comune per quanto riguarda il mondo delle ferrovie, il protagonista delle migliori leggende metropolitane (tra l’altro farei notare anche il casuale gioco di parole) in grado di incutere terrore anche al più valoroso dei viaggiatori. Insomma, come nei migliori casi fortuiti, è un “prendi due paghi uno”: vuoi usufruire del servizio ferroviario per recarti dove e quando vuoi? Allora proverai inevitabilmente l’ebbrezza di sperimentare almeno uno degli scioperi indetti periodicamente dalla compagnia.

Ormai da qualche anno il mondo dei pendolari si è “macchiato” di un forte paradosso: mentre tutti i comuni mortali non vedono l’ora che arrivi il venerdì (metonimia di fine settimana, divertimento, relax), il pendolare teme questo momento della settimana come il gatto teme l’acqua o l’elefante il topo. Questo perché sa perfettamente che per lui la giornata del venerdì inizierà all’insegna del dubbio (di riuscire a prendere il suo treno) e si protrarrà nell’incertezza, soprattutto quella di riuscire a tornare a casa incolume. Dagli albori della scienza, infatti, è risaputo che in gergo ferroviario la parola VENERDÌ equivale direttamente a dire SCIOPERO. Perché abbiano scelto proprio l’ultimo giorno della settimana lavorativa non lo sappiamo, ma possiamo comunque provare ad immaginarlo. Magari un venerdì 17 di qualche secolo fa, un antenato degli attuali macchinisti, parecchio superstizioso, decise di non “mettersi alla guida” del treno per non rischiare che gli accadesse qualcosa e così non si recò sul posto di lavoro diffondendo la notizia ai colleghi che seguirono il suo esempio mostrando fratellanza e solidarietà e lasciarono scoperto il servizio ferroviario di quel giorno. Oppure, molto più semplicemente, si tratta di pura convenienza visto che “come si fa a rinunciare a un bel ponte tra il venerdì e il fine settimana?”

Beh se non altro, al di là di storielle più o meno credibili (alcune più di altre direi) esistono testimonianze, nella Storia, di scioperi reali e di grande portata avvenuti già nel XIX secolo e che per quel tempo erano una vera novità. Soprattutto si ricorda il primo vero maxi sciopero ferroviario, in America, il cosiddetto “Great Railroad Strike” del 1877 che aprì la via “alla nuova tendenza”.

Questo sciopero straordinario iniziò il 14 luglio di quell’anno e terminò ben 45 giorni dopo! (forse i pendolari oggi non ne sarebbero molto contenti…) Si trattò di un evento eccezionale all’interno di un momento molto particolare della storia americana: il periodo immediatamente successivo alla Guerra Civile, durante il quale la costruzione di linee ferroviarie crebbe in maniera esponenziale e portò con sé numerose conseguenze. L’eccessiva speculazione dei magnati dell’industria diede origine ad una situazione di stallo nella quale la corruzione e la bancarotta facevano da padrone e che provocò ben presto la nascita delle prime ostilità tra i lavoratori e i leader delle aziende. La protesta crescente sfociò appunto nello sciopero eccezionale dei treni che venne fondamentalmente scatenato dal mancato pagamento degli stipendi agli operai da parte della Baltimore & Ohio per la terza volta in quell’anno. Inizialmente la sospensione dei servizi riguardò solo i treni merci che transitavano per Martinsburg, Virginia, ma poi, estendendosi a tutti gli altri stati, andò ad investire anche i treni passeggeri. Ciò che però, leggendo questa storia, appare più incredibile è innanzitutto il fatto che allo strike” non parteciparono solo i lavoratori dell’industria ferroviaria, ma anche quelli provenienti da tutte le industrie compresi cittadini comuni, gli stessi che erano stati lasciati a piedi dai treni, che sentivano di dover protestare per una causa comune: la maggiore tutela dei lavoratori e dei loro diritti. Purtroppo la rivolta fu soffocata nel sangue e tutt’ora si commemora in modo molto sentito questo avvenimento della storia americana.

Ciò che mi interessa sottolineare sono proprio le similitudini con i nostri scioperi e anche le profonde differenze che li caratterizzano a partire dalle motivazioni (che possono essere ritenute più o meno valide), al “range” di partecipanti e alle modalità di svolgimento.

Ad esempio, quanti di noi oggi sarebbero disposti a parteggiare con la compagnia ferroviaria di turno che, insieme ai sindacati, decide di scioperare? Direi nessuno visto il gran numero di disagi che la scelta della sospensione del servizio, per un tempo più o meno prolungato, crea. In fin dei conti, però, si tratta della logica stessa dello sciopero, creare disagio in segno di protesta e alla fine, a pensarci bene, certe fasce orarie vengono anche tutelate, anche se ciò non toglie che esistano comunque dei problemi di fondo.

Il nodo cruciale che emerge a questo punto (che è poi la questione sollevata da tutti i pendolari sfortunati che si trovano a dover vagare per ore in stazione in attesa di un miracolo che li riporti a casa) non riguarda tanto le cause degli scioperi odierni. Se nel 1877 gli operai e i macchinisti scelsero di scioperare per richiedere un adeguato pagamento per il proprio lavoro, anche oggi il senso della manifestazione rimane quello di “combattere” per i propri diritti e su questo non c’è dubbio…le perplessità riguardano soprattutto i metodi, più o meno “ortodossi”, adoperati. Possiamo infatti ricordare la storia e discuterci sopra, ma rimane il fatto che ancora una volta, a distanza di poche settimane, una moltitudine di pendolari infreddoliti e arrabbiati si troverà a contemplare il tabellone degli orari alla ricerca del miracolo quotidiano. Tranquilli amici, siamo tutti nella stessa barca! Al prossimo sciopero!

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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