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Quello che le pendolari non dicono

La settimana scorsa ho dedicato l’articolo della rubrica a un tema che ritengo molto importante in generale, ma ancora di più quando si parla di treni:  la sicurezza dei viaggiatori e del personale, dentro e fuori dalle stazioni. Questa settimana perciò mi ero ripromessa di trattare un argomento più leggero e magari divertente, ma poi navigando qua e là sul web sono capitata sulla prima pagina di un giornale online della provincia di Milano dove appariva la notizia:Si siede accanto a una ragazza in treno e la tocca: denunciato per la seconda volta”.

Di notizie così ne ho trovate parecchie su Internet e altrettante le sentiamo tutti i giorni anche dai notiziari: fatti di questo tipo non ci sono del tutto sconosciuti. Perciò, visto che degli episodi di violenza e della rinnovata promessa di sicurezza sui treni e nelle stazioni ho già accennato qualcosa la volta scorsa, cercherò ora di richiamare l’attenzione su un tipo preciso di violenza che vede come vittime in particolare le donne, protagoniste di aggressioni di forme diverse, dalle meno evidenti alle più pesanti i cui responsabili trovano nelle stazioni un ottimo “terreno di caccia”. Malgrado la difficoltà in cui si può incorrere trattando questo tema, rischiando di cadere nel banale e nello scontato, poiché mi occupo di scrivere tutto ciò che in qualche modo possa avere a che fare con “la vita dei pendolari” e con le avventure o sventure in cui questi si imbattono durante i loro viaggi tutti i giorni, credo che varrebbe la pena dire due parole anche su questo spiacevole fenomeno, all’origine di situazioni con cui probabilmente molte pendolari avranno avuto a che fare almeno una volta nella loro vita. Senza contare che, come donna sento di sapere qualcosa al riguardo.

Quando da ragazzina inizi a prendere il treno da sola, magari per andare a trovare l’amica che abita lontano o per andare a fare un giro per negozi, i tuoi genitori ti riempiono di raccomandazioni. Una fra tutte quella che in quel momento non riesci proprio a capire, ma che quando crescerai diventerà per te come un mantra: stai attenta e non prendere il treno col buio. Quando sei piccola e ingenua può sembrarti al limite dell’iperprotettivo. Perché dovresti fare attenzione quando prendi il treno? In fondo è più pericoloso andare in giro in macchina no? E poi quando è buio in treno ci sono tutte le luci accese nella carrozza e in stazione…ci sarà sempre un po’ di gente mamma!

E’ quando cresci un po’ ed inizi a spostarti per studiare o lavorare che ti rendi conto di quanto quelle raccomandazioni così noiose e ripetitive avessero tuttavia un fondo di verità.

Quando sono le sette di sera e ti ritrovi sola sulla carrozza del suburbano, deserto, che sfreccia in mezzo ai campi quasi come fluttuasse, in un buio pesto da far paura e ti rendi conto che dovesse salire qualche mal intenzionato non ci sarebbe nessuno a soccorrerti….è in quei momenti che in qualche modo ti tornano in mente le parole della mamma ed inizi a trattenere il respiro per l’ansia soprattutto perché qualche fermata prima è salito un tizio davvero poco rassicurante che ti fissa. Ma tu sei talmente nervosa da non riuscire nemmeno ad alzarti per spostarti, fino a che non arrivi al capolinea e finalmente puoi scendere tirando un sospiro di sollievo.

Forse sembrerà un comportamento esagerato, stereotipato, pregiudizievole, ma ultimamente si sentono davvero troppe testimonianze di violenza perpetrata sui treni e nelle stazioni, nei confronti di pendolari indifese, spesso molto giovani e per questo facile oggetto di aggressioni.

Quando parlo di violenza, non mi riferisco solo ed esclusivamente agli atti gravissimi di stupro e aggressione fisica che avvengono purtroppo con grande frequenza e soprattutto in fascia serale quando i treni sono quasi vuoti e il personale scarseggia. Qualche tempo fa sentivo parlare due ragazze e una di loro raccontava che un’amica era stata violentata e rapinata sulla solita, e a quanto pare pericolosissima, tratta per Albairate all’ora di cena. Per violenza si intendono anche tutti quegli atteggiamenti che apparentemente parrebbero innocui e perfettamente normali, ma che non lo sono, in cui rientrano palpeggiamenti, molestie che infastidiscono, commenti volgari e/o osceni e chi più ne ha più ne metta. Atti di questo tipo, che spesso fatichiamo a far rientrare nella categoria di violenza a pieno titolo, avvengono non solo “quando fa buio” ma in qualsiasi momento della giornata, che sia mattino, pomeriggio o sera, che la carrozza sia sovraffollata (condizione particolarmente favorevole ai palpeggiamenti) o quasi vuota. In quest’ultimo caso, il modus operandi del “maniaco” è il seguente: si siede vicino alla malcapitata e allunga le mani coprendosi con uno zainetto o magari una ventiquattr’ore visto che, anche se tanti stentano a crederci, nonostante lo stereotipo del molestatore immigrato o con l’impermeabile lungo riscuota successo, spesso sono proprio i soggetti più insospettabili ad infastidire le pendolari solitarie e magari addormentate (emblematico il caso del vecchietto molestatore seriale che andava a “caccia di prede” sempre sulla stessa tratta regionale). O ancora, c’è chi mi ha raccontato di aver visto un uomo “esporre la propria mercanzia” davanti ai suoi stessi occhi o chi si è sentita chiamare con titoli che nessuno dovrebbe mai usare con una ragazza e fare proposte indecenti….

Ma ancora, oltre alla lista di violenze più o meno evidenti che vengono a volte denunciate, a volte no, e in alcuni casi anche punite, esistono anche quegli atteggiamenti sottili, quasi impercettibili di cui tanti non si accorgono e che per forza di cose rimangono impuniti, ma che hanno la capacità di mettere profondamente a disagio. Ad esempio, gli sguardi insistenti con cui certe donne si sentono prese di mira come fossero davvero delle prede sotto tiro, sguardi che intimidiscono e che, anche se apparentemente innocui, possono davvero mettere in imbarazzo. A chi sarebbe tentato di commentare dicendo che probabilmente per fissare così una donna un motivo c’è, che sia il suo abbigliamento, il suo aspetto fisico, il suo atteggiamento, rispondo che allora non capisco proprio come sia possibile che l’altra mattina alle 7, delle ragazzine che andavano a scuola, in jeans e sneakers, sono riuscite ad attirare l’attenzione di due tizi che le guardavano insistentemente con espressioni compiaciute e facendo commenti osceni… e di provocatorio non avevano nulla…

Il punto è che, purtroppo, siamo tutti più o meno consapevoli del problema, del fatto che esista e che, possiamo negare fino all’infinito e autoconvincerci che non sia così, non c’è luogo in cui una ragazza o una donna che sia, possa sentirsi davvero totalmente al sicuro. Ancora di più sui treni e nelle stazioni perché, nonostante possa non succedere niente di concreto, il timore che qualcosa possa accaderci ci tormenta sempre. Chiaramente questo non può impedirci di andare a lavoro o all’università per non dover prendere il treno; continuiamo a farlo comunque, viviamoci la nostra vita e se necessario prendiamo anche il treno la sera visto che, in fin dei conti, non è tanto diverso dal prenderlo la mattina alle 6 quando è comunque buio. Impariamo però a tenere gli occhi aperti e, in caso ce ne fosse bisogno, a reagire, che sia con un calcio, con un urlo, una risposta a tono o una bella spruzzata di spray al peperoncino. Soprattutto denunciamo, perché anche una piccolissima molestia, un semplice atteggiamento che infastidisce potrebbe diventare una violenza più grande, ma quel tizio che ci ha messo le mani addosso, insultato o intimidito, se lo denunciamo potrebbe anche essere punito e scomparire dalla nostra vita (e dai nostri treni) per sempre.

Claudia Agrestino

Sono iscritta a Studi dell'Africa e dell'Asia all'Università di Pavia. Amo viaggiare e scrivere di Africa, Medioriente, musica. Il mio mantra: "Dove finiscono le storie che nessuno racconta?"

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