AttualitàMusicaRiflessioni

Baglioni: l’arte e l’armonia contro la disarmonia del mondo di oggi

Quando politica e Sanremo si incontrano scoppia subito la polemica, soprattutto quando sono calde e attualissime questioni e vicende come quella della Sea Watch, che ha già acceso polemiche tra Conte e Salvini, tra Salvini e il governo di Malta, e chi più ne ha più ne metta.

La palla questa volta passa a Claudio Baglioni, per il secondo anno alla guida del Festival di Sanremo. Durante la conferenza stampa di presentazione della kermesse canora, una giornalista, con fare chiaramente provocatorio, ha chiesto a Baglioni come ci si sente a condurre una manifestazione così importante a livello nazionale quando proprio in questi giorni, in Italia, si sta assistendo ad atti di grande disumanità riguardo la questione immigrazione. Il cantautore risponde come è suo solito fare, con garbo e intelligenza, ma non solo: il direttore si lascia andare ad una riflessione piuttosto seria e profonda sulla canzone e sul ruolo degli artisti e dell’arte quando entrano in ballo questioni politiche e sociali. Certo, non risparmia neanche parole di critica sulla gestione migranti nei confronti dell’attuale governo e di quelli precedenti. Risultato? Esplode la polemica, fomentata da quello che oggi è una vera e propria epidemia nazionale, il salvinismo: gente che parla come il ministro Salvini, gente che usa le sue stesse argomentazioni (la maggior parte delle volte senza argomentazioni reali alle spalle), slogan che si ripetono a suon di urla, persino uno stile genericamente comunicativo che si propone come confidenziale (del tipo “ci prendiamo un caffè, ma il decreto non cambia”). Senza aver davvero ascoltato le parole di Baglioni, che ha definito il malcontento di oggi più volte “comprensibile”, ma che “non porta da nessuna parte”, la replica del Ministro dell’Interno giunge immediata: “un bacione a Baglioni”; “mi piace quando canta, e non quando parla. I cantanti cantano, i ministri fanno”; “Baglioni, canta che ti passa”.

Ovviamente, sulle pagine social dedicate a Baglioni sono piovute valanghe di insulti, dai più scontati “radical-chic e buonista del c****”, fino agli ovvi inviti “portateli tu nella tua casa abusiva a Lampedusa”, per non dimenticare i “comunista di m****”, e chi più ne ha più ne metta. Come se non bastasse, la Stampa ha condiviso un’ipotetica dichiarazione del neo-dirigente di Rai Uno De Santis, che avrebbe affermato: “Mai più Baglioni al Festival se ci sono io”, contro la quale si è sollevata già la protesta dell’opposizione politica.

La questione però deve costringere a riflettere da diversi punti di vista. In primis, fa sorridere che un così veemente attacco, che ha assunto contorni politici marcati (mentre le dichiarazioni di Baglioni sono state più delle generali riflessioni che insinuazioni politiche, rivolte a governi di matrici politiche differenti), venga portato avanti contro un cantautore che per anni la critica di sinistra ha bollato come “di destra” (se non fascista) solo perché apprezzato da alcuni esponenti di quella parte politica oppure perché non impegnato, e a servizio di queste tesi si ricordano Guccini, Vecchioni, De Andrè e Ruggeri che parlavano di lotta, di locomotive e di uguaglianza, e lui che invece parlava di passerotti e di far l’amore giù al faro. Politica e umanità sono due discorsi non separati ma differenti, perché ad esserne diverse sono le prospettive. Il caos attuale e la demagogia a cui siamo sottoposti hanno portato a politicizzare a tutti i costi questioni umane e a trasformarle (in buon stile italiano) in questioni di netta opposizione. Risultato: alcuni non guarderanno il Festival perché condotto da quel “comunista buonista radical-chic di Baglioni, che se li prendesse a casa sua i 50 migranti, che è pure abusiva”; altri invece guarderanno forse per la prima volta il Festival perché “finalmente il democristiano Baglioni ha preso una posizione netta sulla questione”. Baglioni non ha preso alcuna posizione politica, ha preso una posizione. Nanni Moretti nel suo ultimo film, il documentario Santiago, Italia, ha affrontato la stessa questione: “volevo fare un film umano, e forse ho fatto un film politico”. E proprio Moretti ha invitato a non essere imparziali (io non sono imparziale), a prendere una posizione, ad avere un’idea e a comportarsi di conseguenza. Baglioni voleva fare una dichiarazione “umana”, ed è stata trasformata in dichiarazione politica. C’è da aver paura a dire ciò che si crede giusto oggi in Italia.

Baglioni ha poi messo in campo la questione dell’arte, e su questo bisogna riflettere. Che cosa può fare l’arte per l’umanità? Qual è il compito dell’arte?A noi invece interessa di nuovo, veramente, creare un senso armonico. Sarà proprio perché il paese è terribilmente disarmonico. […] Noi in questo Festival ci attaccheremo all’idea della leggerezza come eserciti di buona volontà. I fanti sono altri, quelli che tutti i giorni si dedicano al prossimo. Gli artisti hanno questo straordinario regalo, poter essere i ‘trombettieri’ di qualche buona battaglia”. L’arte può dare buone risposte a quello che sta vivendo il Paese. Questo dovrebbe fare l’arte, anche un’arte popolare come quella della canzone, un’arte che Baglioni un anno fa, all’apertura del Festival, ha definito “povera, semplice, di poco conto, ma che ha una forza evocativa incredibile”. Come gli artisti possono realizzare tutto questo? Come dei trombettieri. I “fanti” sono altri, sono coloro che combattono le battaglie sul campo, qualunque campo: i politici sono fanti, ma fanti siamo tutti noi ogni volta che aiutiamo chi è a disagio, chi sta al nostro fianco, ogni volta che doniamo un sorriso o una pacca sulla spalla, o dispensiamo una parola umana contro il razzismo, la discriminazione e la violenza. Gli artisti sono trombettieri, suonano la tromba che è uno strumento che si fa sentire, suona forte, perché hanno il potere di poter parlare da una posizione privilegiata e di parlare attraverso la propria arte che prende di volta in volta una forma nuova. Trombettieri e fanti, tutti membri di un unico esercito di buona volontà, che solo insieme può sconfiggere la disumanità. Ecco perché Baglioni ha voluto il Festival dell’Armonia, per combattere la disarmonia che regna sovrana nel nostro paese, comprovata dai commenti pesanti che si sono avvicendati nelle ultime ventiquattrore su questa vicenda.

Cercare totale approvazione da parte del mondo dell’arte, che per sua definizione deve “fare arte”, e con l’arte fare propaganda di idee, è tipico della politica di un regime dittatoriale. Qualunque sia il partito politico a capo (le dittature sono state sia di destra che di sinistra, dunque il problema non è politico, ma di una degenerazione di potere) aizzarsi contro gli artisti è segno di tendenza all’obbligo di omologazione del pensiero dominante, che è sempre un qualcosa di negativo, anche se si concorda con il suddetto pensiero. L’artista deve far emozionare, far pensare e far riflettere. Per fortuna non viviamo in una dittatura perché il nostro governo è legittimamente stato votato e legittimamente governa: si chiama democrazia, che piaccia o meno. Ma il passo dalla democrazia ad “altro” è possibile, ce lo insegna la storia. Per questo è bene stare in allerta, ed è bene maturare delle proprie opinioni, saper pensare e argomentare più che mai nel migliore dei modi. Così ha fatto Baglioni, da artista, da cittadino italiano e da uomo: ha espresso un’opinione personale con argomenti razionali (contro cui, come su tutto, si può non essere d’accordo per svariate ragioni, ma non si può dire che non avrebbe dovuto farlo). E non è un caso che sia proprio Claudio Baglioni a farlo, che ha un canzoniere colmo di testi (ahimè poco noti) che toccano tematiche umane e sociali molto delicate, come Di là dal ponte, Noi no, Un mondo a forma di te, Nel sole, nel sale nel sud, Uomini persi, e altre ancora, e che per anni ha condotto a Lampedusa O’Scià, proprio come un artista-trombettiere che con la sua arte cerca di attirare l’attenzione del mondo (politico e non) sulla questione immigrazione.

La rabbia (anche giustificata) del nostro paese, fomentata fino alla follia da alcuni politici, ha fatto emergere il nostro lato più bestiale e viscerale. Sta a noi reagire: abbiamo la cultura, la parola, l’arte, e per fortuna in Italia abbiamo una cultura ricchissima, che può aiutare a ragionare se non affrontata “per spot”, per hastag o per slogan. E proprio Baglioni, in una sua canzone del 2013 sul tema immigrazione, Isole del sud, ha scritto e cantato la tragedia e il dramma di questi uomini: “C’è uno che guarda avanti / e come è duro stare in tanti sulla barca del futuro / viene via dal sud, il vento contro / ma non c’è un viaggio se non c’è un miraggio che ti si fa incontro, / se si va per mare non vuol dire / che la promessa di una terra sia davvero poi la terra promessa”. L’artista di canzoni scrive a canta canzoni, ha ragione in fin dei conti Salvini quando dice “Canta che ti passa”. Canta, Claudio. Noi ascoltiamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *