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Acronia ed erudizione nella lingua delle canzoni di Roberto Vecchioni

Roberto Vecchioni è senza dubbio uno dei cantautori più iconici della nostra tradizione. La carriera di Vecchioni autore ed interprete è piuttosto atipica: laureato in lettere classiche, per oltre quarant’anni ha insegnato letteratura, prima alle scuole medie e poi al liceo classico, dove è stato docente di latino e greco. Innamorato dell’insegnamento, una volta raggiunta la pensione, ha proseguito la sua attività tenendo in diverse università corsi di Forme di poesia in musica, disciplina dalla nascita piuttosto recente che studia le occasioni di incontro tra linguaggio musicale e verbale, soffermandosi in particolare sulla canzone moderna. Dal 2006 Vecchioni è docente responsabile del suddetto insegnamento presso la nostra Università, al corso di laurea magistrale in CPM (Comunicazione Professionale e Multimedialità); inoltre, negli ultimi anni è stato anche poeta e romanziere (gli ultimi due romanzi, Il mercante di luce, 2014, e La vita che si ama, 2016, sono stati pubblicati da Einaudi), mentre a partire dagli anni ’90 ha operato come teorico della canzone e saggista, occupandosi in particolare del rapporto tra canzone e insegnamento, nonché di storia della canzone italiana. Ad oggi è anche l’unico cantautore e cantante italiano ad aver ricevuto i più importanti riconoscimenti della musica italiana: il Festival di Sanremo, nel 2011 (fatto piuttosto inusuale, e punto di incontro che ha avvicinato la tradizione più leggera del Festival con la canzone d’autore più togata), il premio Tenco, il Festival bar e il premio Mia Martini, nonché altri svariati premi, sia musicali che letterari.

Diventa piuttosto difficile trovare caratteristiche linguistiche uniformi all’interno dell’opera di Vecchioni; ad accomunare quasi tutta la sua produzione vi è però una precisa idea di canzone, che di conseguenza si rispecchia anche nella scelta linguistica: la canzone per Vecchioni deve originarsi da una situazione ben precisa, spesso di carattere colto (molto o poco noto), che diventa una sorta di pretesto su cui stagliare una narrazione fortemente personale ed autobiografica. Una tale scelta consente alle canzoni di essere ambientate in un’acronia deformata, in cui passato e presente si sfumano l’uno dentro l’altro, con continui salti temporali che annullano la dimensione del tempo stesso. È quello che accade per esempio in L’ultimo spettacolo, brano del 1977: già il titolo si rifà all’omonimo film di Peter Bogdanovich, del 1977; la canzone invece parte citando imprese di personaggi della mitologia greca, introdotti nel testo tramite perifrasi o brevi segnali onomastici (come «la nave del fenicio», oppure «vidi terra / i Greci, i fuochi l’infinita guerra»). L’acronia si origina più o meno a metà testo: dopo l’evocazione di un aedo, che parte per cantare le imprese dei soldati greci, prende piede un paragone tra il cantore e lo stesso Vecchioni, che si esplicita soltanto grazie a un verso, «fra tutte le parole che puoi dire / mi chiedi “Me la dai una sigaretta?”». Si tratta dell’unica frase pronunciata dalla donna, che contestualizza, grazie ad una parola (sigaretta), la situazione nella contemporaneità: l’acronia genera il parallelismo tra l’aedo e Vecchioni, e fa emergere il vero tema del brano, ossia il racconto dell’addio tra Vecchioni e la propria moglie.

Il rispecchiamento autobiografico, generato grazie a precisi riferimenti culturali, è elemento fondante di ogni brano di Vecchioni. I riferimenti vanno da quelli cinematografici (per esempio Ejzenstejn, richiamato in Hollywood, Hollywood-seconda parte e in La corazzata Potemkin), a quelli artistici (Vincent è una bellissima lettera rivolta a Van Gogh, firmata da Paul Gaugin) e letterari; in particolare, diverse sono le strategie di allusione alla letteratura colta. Una prima tecnica è quella di citare titoli particolarmente riconoscibili (spesso nel titolo stesso della canzone), per poi realizzare brani che si distaccano fortemente dalla poesia evocata (è il caso del Canto notturno del pastore errante dell’Asia, o Verrà la notte e avrà i tuoi occhi, da una poesia di Cesare Pavese); in altre occasioni i riferimenti sono fortemente onomastici, perché vengono evocati autori (Wislava Szymborska, Canzone per Alda Merini, A.R, che sta per Arthur Rimbaud, del quale nel brano ripropone alcuni versi di Mes petites amoureuses), personaggi letterari classici (Euridice, Aiace) o moderni (Per amore mio – Ultimi giorni di Sancho Panza, oppure Dorian Gray in Pesci nelle orecchie) o interi testi letterari (dal tanto amato Fernando Pessoa in Le lettere d’amore, fino a Borges, rievocato almeno in Dentro gli occhi e Ninni). Sia i testi di partenza, che soprattutto gli autori o i personaggi letterari, vengono piegati da Vecchioni ad espressione fortemente autobiografica: dentro di essi vi si rispecchia lo spirito del proprio autore, talvolta riecheggiato, ricontestualizzato o perfino capovolto. Vecchioni così si rifà agli archetipi mitici, letterari e storici, che vengono stravolti per parlare di sé stesso: ne consegue una lingua piuttosto semplice, ricca di anafore, ripetizioni e colloquialismi, che si impreziosisce grazie a questo sostrato colto, ma che non disdegna una figuratività che agisce soprattutto attraverso usi verbali anomali o accostamenti originali («appartengo a un altro tempo / scritto sopra le mie dita / con i segni di chitarra / che mi rigano la vita», Io non appartengo più).

Non mancano infine citazioni letterarie più o meno esplicite: in Blu(e) notte, dedicata a Sandro Penna, vi convogliano versi di X agosto, di Giovanni Pascoli, e un frammento dello stesso Penna (nei versi «Tornava una rondine al nido / l’uccisero, cadde tra spini / […] Ma il fanciullo che avanti a te cammina / e non lo chiami / non sarà più quello»). Possiamo parlare a tutti gli effetti di un gusto per l’accumulo erudito, che raggiunge il suo culmine in Sei nel mio cuore, singolo di lancio dell’ultimo album di Vecchioni, Io non appartengo più, 2013: il testo è un vero e proprio catalogo, che spazia dalla letteratura («sei la risposta alla risposta non vera / che ognuno è solo nel cuor della sera»; «sei la signora degli anelli») al cinema («l’addio di Casablanca nel tramonto»), dalla matematica alla fisica («sei nel teorema di Fermat», «sei viva dentro l’infinitesimo»), dalla natura («sei la folaga pronta al volo / l’azzurro inseparabile del cielo») all’arte («la quarta a destra del Botticelli»), e molto altro. Questa lunga lista viene utilizzata per lodare le bellezze della propria donna, paragonata di volta in volta a tutti questi elementi, che hanno impreziosito la cultura e la storia dell’uomo.

Vecchioni è riuscito così ad essere autore di canzoni semplici da un punto di vista linguistico, ma impreziosite da una precisa erudizione, la quale spesso contribuisce a creare un’acronia temporale piegata in senso spiccatamente autobiografico.

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