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Apologia di Socrate – Kerkìs Teatro Antico in scena

Una voce vibrante si leva inattesa alle spalle dello spettatore. E’ una voce profonda, intensa ed appassionata. Le parole provengono da molto lontano, dall’Atene del 399 A.C.. A pronunciarle allora fu un filosofo, indicato da Apollo delfico come il più sapiente tra gli uomini. Il contesto, tristemente noto e richiamato da un’essenziale scenografia di due sole colonne ioniche, è quello del processo che lo vide infine condannato a morte. Ma Socrate oggi non può più parlare per difendersi dai suoi accusatori: spetta a Christian Poggioni il compito di animare con la sua voce quel discorso lontano.

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Così comincia L’Apologia di Socrate di Platone, ultima produzione di Kerkìs-Teatro Antico in scena, rappresentata lo scorso 11 aprile nel consueto Teatro alle Colonne di San Lorenzo. L’interprete, Christian Poggioni, diplomato al Piccolo, è un attore dotato di una rara fluidità, in grado di attraversare registri e tonalità differenti con estrema naturalezza, senza soluzione di continuità ed apparentemente senza il minimo sforzo. Ciò gli permette di caratterizzare il discorso con continui ed imprevedibili cambi di ritmo e colore. Ne risulta un’ orazione multiforme, politonale e brillante nel risultato.socrate 3

Comico a tratti, disilluso sul finale, sempre infuocato e veemente è il Socrate di Poggioni, che con la sua interpretazione sceglie di mettere in risalto il lato più bellicoso del filosofo ateniese. Di fatti nel testo, che è reso con la massima fedeltà possibile, come sempre nei lavori della associazione culturale Kerkìs, notiamo che Socrate, effettivamente, per gran parte della sua arringa mantiene un atteggiamento provocatore, si direbbe pure arrogante. Su questo si basa sicuramente una buona parte della costruzione del personaggio, tuttavia limitarsi a registrare unicamente questo aspetto sarebbe assai riduttivo e non renderebbe merito alla performance di Poggioni. La sua prestazione è infatti caratterizzata da una straordinaria polifonia e per descriverla si può far ricorso al lessico musicale. Si immagini un brano vivace ed intenso, con una melodia ritmata e potente, sulla quale si innestano partiture armoniche di varia natura e tonalità: ricchi scatti virtuosi che però non potrebbero esistere se alla base non ci fosse una solida linea di note basse che accompagna e rende omogeneo il tutto.

Durante il processo Socrate ribadisce più volte che il suo demone, il daimon , quello che gli parla di continuo suggerendogli come agire, se ne sta in silenzio e non si esprime. Eppure, assistendo alla veemente e infervorata prestazione di Poggioni, non si può fare a meno di pensare che questo, forse, non è del tutto vero.

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