Attualità

La follia di re Giorgio

 

di Stefano Sfondrini

Sembrava la solita frase fatta da capo dello Stato, come quella che si dice nel messaggio di fine anno ai cittadini, o ancora quella ai famigliari delle vittime dell’ultimo caso da titolo in prima pagina. Invece questa volta l’inquilino del Quirinale pare faccia sul serio. Il Ministro della Giustizia Paola Severino ha ricevuto da Giorgio Napolitano la domanda di grazia, presentata in favore di Alessandro Sallusti, dall’avvocato Ignazio La Russa. Il ministro Guardasigilli, si legge in una nota del ministero, «ha immediatamente disposto la necessaria attività istruttoria, nell’ambito della quale dovranno essere acquisiti i pareri della Procura generale di Milano e del magistrato di Sorveglianza». Non appena ultimata l’istruttoria, il ministro Severino «invierà al Presidente della Repubblica il fascicolo per le determinazioni di sua esclusiva competenza ai sensi dell’art. 87 della Costituzione per l’esercizio del potere di clemenza, così come precisato dalla sentenza 200/2006 della Corte Costituzionale».

Poche righe, e la notizia è già esaurita; ma dove finisce questa iniziano le domande, e le considerazioni. Andando oltre i “perché” dell’incomprensibile gesto, sono tanti i pensieri che colgono il cittadino informato e dotato di coscienza. Viviamo un periodo di generale disillusione politica dove la differenza tra comico e politico è sempre più sottile e forse data solo dallo stipendio – e il fatto che qualcuno sconfini non aiuta. Dove finisce la battuta, e inizia la presa per i fondelli? Ebbene in questo momento della nostra storia c’era chi nutriva ancora un po’ di stima (per non dire affetto) per una delle più alte cariche del nostro Paese. “Sono tutti così”, ma lui no. E invece eccolo qui. Quali motivi sono riusciti a muovere il Presidente della repubblica (la minuscola, a questo punto del discorso, è d’obbligo) affinché si sia premurato di prendere in considerazione, e poi chiedere al Ministro della Giustizia, la grazia al direttore di un quotidiano che ha infranto la legge omettendo di compiete il proprio dovere? È davvero un paese (altra minuscola) il nostro dove la meritocrazia non trova ossigeno, nemmeno per i reati.
Il punto, tuttavia, è sempre il medesimo: finché qualcosa non ci colpisce, non ci riguarda, non possiamo comprendere. Forse qualcuno dovrebbe scrivere falsità in un articolo che parli proprio del nostro amato Capo di stato, per fargli capire in primis come ci si senta a essere diffamati, e in secundis come non sia possibile graziare chi permette che questo venga fatto.
Dal canto suo, Sallusti è sempre rimasto fedele al principio del bimbo che vuole rimanere in castigo – magari con una punizione anche più pesante – perché sapeva, forse intuiva, che alla fine non gli sarebbe successo nulla. Oggi ne abbiamo la conferma. Ma in una cosa ha ragione: se il Presidente valuta la grazia è un segnale importante per tutti. Nel senso che “la legge è uguale per tutti” si configura sempre più come frase di repertorio (come gli esempi citati in apertura), frase sempre più lontana dalla realtà quanto sempre più lontane dai cittadini sono le istituzioni che le rappresentano – pardon, “dovrebbero” rappresentarli.

 

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