Attualità

Caso Sallusti: informarsi per comprendere

di Stefano Sfondrini

Sabato 6 e Domenica 7 ottobre la sede fiorentina del Popolo della Libertà (viale Lavagnini 21) resterà aperta dalle ore 10:00 alle ore 17:00 per una raccolta firme in difesa della libertà di opinione dopo il caso Sallusti; inoltre, per chiunque lo vorrà, sarà messa a disposizione una postazione informatica per lasciare un messaggio sul social network Twitter con hashtag #iostoconsallusti. «Un piccolo gesto – dichiarano il coordinatore fiorentino della Giovane Italia Niccolò Macallè e il vice coordinatore Andrea Badò – con il quale vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica e chiedere che per il reato di diffamazione a mezzo stampa sia abolita la pena carceraria. Il caso Sallusti suscita una riflessione: il problema non è l’applicazione, ma la legge in sé. Una legga sbagliata, che punisce con la galera i reati di opinione» .

 

Un piccolo gesto vogliamo farlo anche noi di Inchiostro, modesto giornale dell’Università di Pavia che nel suo piccolo cerca di fare il proprio lavoro, e cioè informare. Molto si è detto in merito all’affaire Sallusti – poco si sa, o si vuole sapere.

Affronteremo più precisamente il caso sul prossimo numero cartaceo, in uscita a novembre, ma cogliamo l’occasione lanciata dalla sezione fiorentina del Popolo della Libertà per sensibilizzare quanti ci leggono in merito alla realtà effettiva dei fatti, senza travisazioni partitiche o corporative. Perché se aspiriamo anche noi a essere giornalisti un giorno, è giusto sapere la differenza tra libertà d’opinione e reato di diffamazione, per quanto siamo d’accordo nel depenalizzare la seconda.

Potete trovare qui, a firma Dreyfus [Renato Farina, nota di Feltri], l’articolo incriminato. (Vi chiediamo, prima di proseguire nella lettura di questo nostro elaborato, di leggerlo per intero). In esso compare una e una sola opinione, sulla quale molti si sono soffermati e hanno costruito apologie e arringhe alla Voltaire: «(…) ci fosse la pena di morte, e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo e il giudice».

Pur non condivisibile non può condannare nessuno, né al carcere né a una pena pecuniaria. Ma non è questo il punto focale della questione, perché Sallusti è stato condannato a causa di un articolo che ha diffamato dicendo il falso. Come già Alessandro Robecchi ha scritto puntualmente sul proprio blog, vediamo come mai si è arrivati alla condanna: analizziamo le frasi che non contengono opinioni, ma fatti – falsi, appunto.

Il titolo, per esempio: “Il giudice ordina l’aborto / La legge più forte della vita”.
Falso. Nessun giudice ha ordinato di abortire.
Altra frase: “Un magistrato allora ha ascoltato le parti in causa e ha applicato il diritto – il diritto! – decretando l’aborto coattivo”.
Falso. Il giudice ha dato libertà di scelta alla ragazzina e alla madre.
Ancora: “Si sentiva mamma. Era una mamma. Niente. Kaput. Per ordine di padre, madre, medico e giudice, per una volta alleati e concordi”.
Falso. Il padre non sapeva (proprio per questo ci si è rivolti al giudice) e le firme del consenso all’aborto sono due, quella della figlia e quella della madre.
E poi: “Che la medicina e la magistratura siano complici ci lascia sgomenti”.
Falso. Complici di cosa? Di aver lasciato libera decisione alla ragazza e a sua madre?  

Come possiamo notare, tra opinione e diffamazione la differenza è palese – e stupisce come molti importanti colleghi ben più importanti di noi siano caduti nella semplificazione che ancora oggi i politici fiorentini propugnano.

Certo alcune domande sorgono più che spontanee: una legge immodificata per sessant’anni, un autore latitante per cinque. Possibile che in tutto questo tempo non si sia riusciti a modificare quel testo giuridico, e a reperire il responsabile dell’articolo (Renato Farina)? Ma, come sempre in Italia, finché non si arriva alla tragedia è difficile che qualcosa cambi. Così solo a condanna avvenuta è stato fatto il nome del responsabile, e si è iniziato a lavorare per modificare la legge 8 febbraio 1948, n. 47, e il codice penale in materia di diffamazione. Anzi i tempi saranno molto stretti in quanto, per evitare il carcere ad Alessandro Sallusti, il ddl dovrà essere approvato entro il 26 ottobre (potete trovare qui il testo integrale delle modifiche previste).

Intanto Sallusti è tornato al timone del Giornale, su richiesta dell’editore Paolo Berlusconi – soddisfatto degli eccellenti risultati ottenuti dal quotidiano sotto la sua guida.

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