Riflessioni

Rottamazione culturale

(foto dal sito salvastudenti.com)

 

 

Di recente, mentre ero sul treno per tornare a casa dopo un esame, ho sentito due signore, dietro di me, parlare degli studenti universitari, etichettandoli come “fannulloni”, “bamboccioni”, perché “passano del tempo là dentro (in università forse?) perché non hanno voglia di lavorare”. Il che mi ha dato da pensare, perché non è stata la prima volta, e sicuramente non sarà neanche l’ultima, che sento discorsi a riguardo. Poi, come ben sappiamo, ogni scelta effettuata da noi giovani non va mai bene, perché se studi vuol dire che non hai voglia di lavorare, se lavori hai sprecato il tuo futuro e se fai entrambe le cose sei uno scellerato perché non ti dedichi bene ad una delle due e vuoi strafare, anche se spesso, quest’ultima condizione, è dettata da cause esterne di maggiore portata. Insomma, non va bene niente. Ma torniamo al caso degli studenti universitari. Molti di noi, per questioni di forza maggiore, hanno deciso di studiare al di fuori della propria città, sistemandosi in alloggi, collegi, case-studente, oppure viaggiando tutti i giorni, chi con il pullman e chi con il treno. E già questo, in ogni caso, comporta una serie di responsabilità, dal dover tenere pulita la casa, gestirsi la spesa, essere sempre puntuali per non perdere il mezzo e via dicendo. Poi ci sono le lezioni, che occupano dalle due alle dieci ore a giornata, talvolta con obbligo di frequenza. E anche questo è un bell’impegno: seguire le spiegazioni dei docenti, prendere appunti, pranzi e caffè al volo; corse in stazione per non dover aspettare il treno dell’ora dopo. Infine ci sono gli esami, il fardello di ogni studente che si rispetti: ore e ore sui libri, appunti, dispense; ansia, soddisfazione, rammarico. E poi sì, c’è anche una certa dose di “cazzeggio”, perché ammettiamolo, siamo umani.

Perché tutto questo? Perché abbiamo deciso di non essere quello che gli altri volevano per noi; abbiamo deciso di costruirci la nostra strada, non priva di ostacoli; abbiamo deciso di inseguire i nostri sogni, di scegliere professioni che richiedono studio e impegno, certo, ma si spera che, prima o dopo, tutti questi sforzi saranno ripagati. Abbiamo avuto la possibilità di scegliere, e abbiamo scelto. Allora chi siete voi per giudicare? Che cosa sapete della tristezza che si prova ad essere bocciati ad un esame, a dirlo ai propri genitori che sperano per te un futuro migliore del loro? Che cosa sapete della soddisfazione che ci riempie quando un esame è andato bene, quando i tuoi ti dicono “hai fatto solo il tuo dovere” ma sai che sono orgogliosi di te? Quello dello studente-fannullone, ultimamente più che mai, è diventato un luogo comune, forse dovuto alla mala informazione, all’ignoranza, alla perdita di valore della cultura, vista come “una cosa con cui non si mangia”. E poi, se aggiungiamo Fedez e J-Ax, giovani contro i giovani, che decantano “compreremo un altro esame all’università”, facendo di tutta l’erba un fascio, beh, chissà dove andremo a finire.

Ora come ora, però, una cosa la so: abbiamo deciso di intraprendere un percorso, di sperare in un futuro migliore, di sognare qualcosa per noi e, mi dispiace per voi, non ci fermeremo proprio adesso.

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