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Shutdown: che cosa sta succedendo in America da 34 giorni?

La politica americana rimane ancora paralizzata dallo Shutdown che, giunto ormai al trentaquattresimo giorno, è diventato il più lungo della storia degli U.S.A. 800mila dipendenti federali sono rimasti senza stipendio, molti sono scesi a protestare per le strade delle maggiori città statunitensi. I Democratici dichiarano di non essere disposti ad accettare nessun compromesso che includa la costruzione del muro di confine con il Messico. Ma Trump non sembra disposto  a perdere la battaglia per ottenere i 5,7 miliardi di fondi necessari per finanziare “THE WALL”. Secondo una rilevazione  di Acb/Washington Post, il sostegno popolare per il muro è passato dal 34% della popolazione al 42%. Numeri questi che dimostrano la crescente polarizzazione ideologica della politica e dell’opinione pubblica americana, come non avveniva da decenni.


L’INIZIO

Tutto è iniziato la mezzanotte del 21 dicembre 2018. Quando i media americani diffondevano la notizia del mancato compromesso sulla legge di bilancio. Il Congresso non era riuscito a trovare un accordo su come stanziare i fondi per l’anno fiscale successivo. Nei giorni precedenti al Campidoglio la discussione sulla legge per prorogare il finanziamento delle attività federali è stata animata dallo scontro tra il presidente Trump e l’opposizione democratica. La causa scatenante sono stati i  5,7 miliardi di dollari chiesti da Trump per la costruzione della barriera al confine con il Messico. Ma Il budget si era già esaurito diverse settimane prima, e i democratici ritenevano che il muro fosse inefficiente e uno spreco di soldi. Durante la disputa tra Trump e i leader democratici sul The Wall, dallo Studio Ovale il presidente aveva già lanciato la minaccia di avviare lo Shutdown, il blocco delle attività amministrative non essenziali del governo. Certo non gli mancavano i poteri per rendere la minaccia realtà se non avesse ottenuto i fondi per garantire la sicurezza del confine meridionale.

 

Giunti al Congresso, in mancanza di una decisione che accontentasse entrambe le parti, si era cercato di prendere tempo per un po’ di giorni, senza però trovare una soluzione. Lo Shutdown è stato inaugurato. “E speriamo duri poco concludeva Trump nel video annuncio di Twitter, ma non è andata così. Da 34 giorni ormai è diventato lo Shutdown  più lungo della storia americana, battendo il record del 1995-96 dell’amministrazione Clinton.

COS’È SUCCESSO

800mila dipendenti federali sono rimasti senza stipendio. Metà sono tenuti comunque a lavorare, perché impiegati in servizi ritenuti essenziali; l’altra metà, circa 400mila impiegati, sono stati mandati a casa. È successo in nove branche del governo federale: Sicurezza, Giustizia, Agricoltura, Tesoro, Interni, Trasporti, Commercio, Ambiente e Sviluppo urbano. Le percentuali delle assenze variano molto, a seconda dei dipartimenti: alla Homeland security è stato sospeso lo stipendio al 13% degli oltre 200mila lavoratori; al dipartimento del Commercio è toccato all’87% di circa 48mila lavoratori. Negli Shutdown precedenti, il Congresso ha poi rimborsato tutti gli stipendi mancati, ma in attesa di ciò continuano per le strade le proteste dei lavoratori federali e dei sindacati.

 

LA CAUSA SCATENANTE

Tutte le attività del governo federale statunitense richiedono dei fondi garantiti ogni anno dal Congresso con una legge speciale. Ma non è stato possibile approvare la legge di bilancio, a causa del nodo sul muro col Messico. Di conseguenza in mancanza di una decisione unanime, i servizi del governo non essenziali sono stati sospesi e i salari federali non pagati. Sarebbe stato necessario uno sforzo diplomatico per raggiungere 60 voti favorevoli su 100 per far passare la legge, ma si trattava di un’impresa fuori dalla portata di Trump. Soprattutto dopo che l’opposizione democratica ha riconquistato il controllo della Camera, in seguito al successo ottenuto a novembre alle elezioni di metà mandato. Trump ha dovuto così passare dalle minacce ai fatti, proclamando l’inizio di uno shutdown che non si sa quando terminerà.

I DEMOCRATICI DICONO ANCORA NO AI FONDI PER LA COSTRUZIONE DEL MURO

Sono stati vani i tentativi di negoziazione dello scorso 19 gennaio con i Democratici, che hanno ancora una volta detto no ai 5,7 miliardi per finanziare l’ampliamento del muro, rifiutando le due concessioni proposte da Trump: permessi di soggiorno temporanei a 300mila persone provenienti da paesi afflitti da disastri naturali o guerre, e altri tre anni di permessi di lavoro per 700mila immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini, i cosiddetti “Dreamer”.  Ma i Democratici hanno ritenuto le offerte insufficienti, ribadendo che non avrebbero mai accettato nessun compromesso che prevedesse il finanziamento per la costruzione del muro.

THE WALL DIVIDE IN DUE L’AMERICA 

Non sono solo i Democratici ad essere scettici sulla questione del muro, persino la Heritage Foundation, un think tank piuttosto conservatore, è d’accordo con i Dem, spiegando che quella montagna di soldi potrebbe essere meglio spesa in tecnologia e intelligence per evitare l’ingresso degli undocumentados, come sono chiamati in gergo. Ma il problema è che anche molti repubblicani sono contrari. Quelli della California, Arizona, Texas e New Mexico sono preoccupati dalle conseguenze ambientali di un’opera così faraonica. Dai sondaggi invece arriva qualche numero che potrebbe rincuorare Trump: secondo una rilevazione Acb/Washington Post, il sostegno popolare per il muro è passato dal 34% della popolazione al 42%. Lo stesso sondaggio ci dice però che il 53% degli intervistati attribuisce a Trump e ai repubblicani la responsabilità dello Shutdown (solo il 29% addita i democratici) e che tra quelli che si oppongono alla costruzione del muro, il 45% vorrebbe che i democratici cedessero alle richieste di Trump.  Sono dati e numeri questi che dimostrano una crescente polarizzazione ideologica della politica e dell’opinione pubblica americana.  Bisogna inoltre tener conto che il costo di uno Shutdown secondo gli economisti equivale a un miliardo a settimana, vale a dire una diminuzione del Pil compresa tra lo  0,4%  e lo 0,7%, un vero e proprio salasso. Ma allora perché per Trump è così importante questo Muro?

 

PERCHÉ IL MURO CON IL MESSICO È COSÌ IMPORTANTE

La costruzione del Muro al confine con il Messico è uno dei principali cavalli di battaglia per Trump, fin dalla corsa per la Casa Bianca. Perdere questa battaglia per il Tycoon equivarrebbe simbolicamente a una perdita di forza, vorrebbe dire concedere una vittoria ai democratici o peggio ancora lasciare l’America vulnerabile a un’immigrazione illegale e incontrollata. Trump non può permettersi di rovinare il personaggio che si è costruito del presidente intransigente, ostinato e pronto a tutto pur di vincere, per rendere gli Stati Uniti d’America grandi ancora. Infrangere questo mito significherebbe perdere consenso, un consenso che è stato guadagnato proprio dopo molteplici dimostrazioni di forza e superiorità nei confronti dei nemici. È colpa dei democratici se non s’interrompe lo Shutdown, perché non tengono abbastanza alla sicurezza degli americani. Questa è la risposta data dal presidente in diversi tweet per giustificare il blocco delle attività federali, e il mancato pagamento dei dipendenti statali. Fin quando Trump troverà un nemico colpevole di mettere a repentaglio il benessere dell’America, non perderà consenso, ma solo se dimostrerà di essere lui il più forte. Più sarà alto il rischio e alta la posta in palio per le sue lotte, come il dilungarsi della paralisi che l’America adesso sta subendo, più grande sarà la sua vittoria. Se ci sarà una vittoria, nel frattempo per consolarsi continuerà a gustarsi gli hamburger che ha dovuto ordinare dai fast food, perché anche i cuochi della Casa Bianca sono rimasti a casa.

 

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