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Viva l’Italia: le morti di Fausto e Iaio

Come far rivivere un frammento della nostra storia recente? È questo l’interrogativo con cui si misura César Brie in Viva l’Italia: le morti di Fausto e Iaio, spettacolo basato sulla drammaturgia di Roberto Scarpetti, tornato all’Elfo Puccini dal 22 febbraio al 18 marzo.

Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, Fausto e Iaio, sono due nomi che rimandano immediatamente agli anni di piombo. La sera del 18 marzo 1978, i due giovani militanti del centro sociale Leoncavallo vennero uccisi da otto colpi di pistola esplosi in via Mancinelli n° 8. Il fatto venne rivendicato da un gruppo di estremisti di destra. Le indagini non portarono ai colpevoli, e nel 1999 il caso venne archiviato. 

César Brie ha sfausto e iaio 1celto di allargare la vicenda di Fausto e Iaio ad un contesto più ampio, riprendendo il caso Moro e la strage alla stazione di Bologna, individuando una linea di continuità. Le registrazioni di Radio Popolare, le proiezioni di immagini del corpo di Moro e l’elenco dei morti della strage di Bologna restituiscono l’atmosfera di quei giorni. In una scenografia essenziale e dinamica, formata da teli e grandi contenitori rettangolari che rivestono molteplici funzioni (panche, scrivanie ecc), si inseriscono figure appartenenti a situazioni e prospettive distanti: ne risulta un quadro polifonico, complesso e difficilmente riducibile a valutazioni schematiche.

I personaggi che animano la storia ricoprono un ruolo emblematico. In Angela (Alice Redini), la madre di Iaio, è impossibile non intravedere la figura archetipica della madre, annichilita dal dolore inconsolabile pFausto e iaio 4er la perdita del figlio: nella scena del funerale, in cui un telone si alza, la copre e la rivela, ne viene ritratto con efficacia il senso di smarrimento. Non mancano i riferimenti alla responsabilità dello Stato e al sabotaggio delle inchieste, temi condensati in due figure centrali: Mario Brutto (Massimiliano Donato), il giornalista che scomparve insieme alle prove che aveva raccolto; il commissario della Digos (Andrea Bettaglio) che, determinato a gettare luce sul caso, si  scontra con gli ostacoli posti dai superiori, restando poi vittima di un investimento premeditato. 

Lasciar spazio solo ai buoni della vicenda sarebbe stato riduttivo, per questo compare la figura di Giorgio: giovane esponente di un’organizzazione neofascista (NAR) e assassino di Fausto e Iaio. L’introduzione del personaggio ha la ffausto e iaio 2unzione di rafforzare il quadro, mostrando anche l’altra realtà, quella degli stragisti. Il Giorgio che emerge dall’interpretazione di Umberto Terruso è un cattivo che non suscita disprezzo, ma profonda tristezza: fascismo e omicidio sono collanti amicali, decisioni dettate dal senso di appartenenza ad un gruppo da cui viene presto dimenticato, per poi vivere fra tormenti e paura. In Giorgio è ravvisabile l’antitesi di Fausto (Federico Manfredi), tratteggiato in slanci politici appassionati e ragionati. Grazie alla bravura dei 5 attori in scena, la pièce non accusa mai afflosciamenti ritmici e l’attenzione dello spettatore si mantiene alta. 

Dunque: come far rivivere un frammento della nostra storia recente? Stando all’accoglienza partecipe e commossa del pubblico, sembra che la chiave stia nel rintracciare l’umanità costitutiva di quegli anni, incarnando la cronaca nei vissuti. Con uno sguardo sentito e penetrante, questo allestimento rappresenta un modo incisivo di fare storia.

Viva l'Italia_ph Luca del Pia7602b-2

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