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Uno sguardo su “Black mirror”

Provate a immaginare un futuro in cui i ricordi vengano automaticamente salvati e possano essere facilmente visualizzati tramite un proiettore.Oppure uno nel quale per alimentare gli apparecchi elettrici bisogna pedalare tutto il giorno su cyclette apposite.

Questi sono solo due degli scenari creati da Charlie Brooker, ideatore e produttore della britannica Black Mirror.

Non pensate sia tutto rose e fiori: in ogni episodio (diverso dall’altro per scenario, cast, trama, regista) è immaginato un presente alternativo o un prossimo futuro nel quale la tecnologia sia progredita in un certo modo… Il tutto in chiave distopica.

Sì, perché in ogni puntata si respira un’atmosfera ansiogena, di paura e di angoscia, creata abilmente mediante scenari poco illuminati, colori freddi e dialoghi orchestrati magistralmente spesso pieni di rabbia o paura.

In ciascun episodio è trattato un argomento diverso, ma che riguarda per qualche aspetto (o per ogni aspetto) una tecnologia pervasiva che finisce per prendere il sopravvento sulle persone.

Anche il genere differisce da puntata a puntata, passando dalla fantascienza alla satira, al più banale dramma del marito geloso, rappresentandone però un’evoluzione (una volta potevo trovare una lettera dell’amante, adesso un sms, ma cosa succederebbe se potessi frugare addirittura tra i ricordi del mio partner?)

I diversi protagonisti si ritrovano quindi inseriti in queste realtà non troppo diverse dalla nostra, costretti a vivere in una società oscura della quale sono messi in luce tutti i possibili drammi.

Un grande sforzo di fantasia e di autocritica, di analisi fatta con occhio forse un po’ troppo pessimista, ma mai retorico o banale.

Questo è Black Mirror, i cui diritti sono recentemente stati acquistati da Netflix che ha confermato una terza stagione da 12 episodi (annullando così la volontaria sinteticità della serie che per il momento conta solo due stagioni concluse da tre episodi ciascuna, più uno speciale di Natale).

Una serie TV da vedere, perché immagine della società attuale: per quanto sia appunto ambientata nel futuro e possa sembrare a tratti quasi “fantascientifica”, riprende quelli che sono i principali problemi che la tecnologia ha creato e i malanni dei quali la nostra società è attualmente affetta, enfatizzandoli all’estremo ed evidenziandone i pericoli.

Così vediamo la iper-spettacolarizzazione dei reality show, la distorsione delle informazioni operata da media e stampa, la consapevolezza di essere complice anche solo per il fatto di essere spettatore.

È evidente che siano tutti elementi ripresi direttamente dalla cronaca attuale, e che mettono in luce non tanto i pericoli che la tecnologia in sé stessa può rappresentare, quanto più quelli derivanti dall’inettitudine umana, che da ogni buona idea e da ogni utilità riesce a cavare sempre il peggio.

Viene quindi da chiedersi, è ormai troppo tardi per un’inversione di rotta?
Sì e no: gli autori hanno voluto immaginare ogni scenario peggiore proprio per metterci in guardia, per farci notare quelli che loro hanno individuato come rischi, per cercare di dare una smossa se non altro al nostro pensiero critico.

Raccogliamo la sfida, allora, osservando attentamente ogni episodio, andando contro allo sconforto e all’ansia che facilmente potrebbero assalirci, per cercare di sviluppare (o di ritrovare) una coscienza che vada oltre la tecnologia, che sappia ancora considerarla uno strumento e non uno dei fondamenti della vita.

 

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