Scienza

Un, due, tre…Pinterest!

 

di Federica Mordini

 

La saga “Pubblico quindi sono” giunge ad un nuovo capitolo.

Questa volta  a dare un’ulteriore spinta alla cosiddetta febbre  social ci pensa il terzo incomodo: Pinterest.  L’ultimo arrivato nel panorama dominato da Facebook e Twitter, infatti, non le manda a dire e conquista il terzo gradino del podio dei Social Networks più utilizzati, spodestando l’ormai flop Google + e LinkedIn.

Il sito, lanciato nel 2010 da Ben Silbermann, in pochi mesi ha conquistato 11 milioni e 700 mila iscritti, diventando uno dei 150 siti web più visitati e raggiungendo ben 11 milioni di click totali a settimana. Negli Stati Uniti è già diventato un caso, visto che i dati demografici raccolti hanno messo in risalto tendenze insolite, o meglio rosa. L’80% degli utenti americani di Pinterest, infatti, è donna e appartiene alla fascia di età ’25-34 anni’, ha frequentato o frequenta il college e proviene dalla media borghesia.

Inutile dire che in Italia la “Pinterest mania” sta prendendo piede solo ora, in ritardo come al solito, trainata soprattutto dall’opinione pubblica più che dall’aggiornamento digitale personale*. Vero è che dal gennaio scorso l’utenza italiana ha subito un’impennata del 794%, ma rimane comunque dietro Spagna e Germania (2956%).

Il primo interrogativo a sorgere spontaneo è: a cosa serve? Nonostante il comune denominatore imponga la condivisione massiva di dati, foto, notizie e pensieri, Pinterest riesce a conquistare la sua nicchia di mercato optando per una scelta visual. Ecco che una volta loggati, dopo aver ricevuto un invito da un utente già attivo, ci si ritrova in un paese delle meraviglie fatto di immagini, foto, disegni caratterizzati da colori soft e da una perfezione quasi maniacale. Attraverso il pin button si possono postare immagini pescate qua e la in rete e, giusto per non perdere le care vecchie abitudini, esistono i “like” e i re-pin, cioè la possibilità di ripubblicare un contenuto già proposto da altri utenti.

Il secondo interrogativo è: serve veramente a qualcosa? La mission del social network è chiara e neanche troppo originale: “connect everyone in the world through the things they find interesting” . Proprio da qui trae origine il suo nome: applicare una puntina (pin) a ciò che interessa (interest). A quanto pare questo incoraggiamento ad una sorta di egoismo virtuale conduce, invece, ad una filantropia ed empatia indirette: la piattaforma diventa un meltin’ pot di suggerimenti su un’ampia varietà di ricette culinarie stravaganti alla portata di chef navigati, ma belle da vedere, idee per l’arredamento degli spazi casalinghi, opere d’arte contemporanea e scatti balsamici alla vista. Insomma Pinterest diventa una fucina di idee (spesso irrealizzabili) e un paradiso terrestre vero e proprio, da scoprire senza nessun bianconiglio che metta fretta.  Ecco che le maestre si sbizzarriscono nel cercare idee per i lavoretti e i cosiddetti “dummies” apprendono un know how patinato. Anche le aziende non si lasciano sfuggire eventuali benefici e così, dopo le strategie di business su Twitter, anche Pinterest diventa uno strumento in più per raggiungere il successo. L’agenzia di comunicazione e marketing Red Door Interactive ha lanciato da poco un “Pinterest project” tra il suo staff. Gli obiettivi? Oltre a favorire una maggior conoscenza tra i suoi dipendenti attraverso la condivisione dei propri interessi, la Red Door li invita a postare le migliori proposte di arredamento degli uffici in occasione di un rinnovamento generale. Si privilegia, perciò, il gusto estetico e la creatività degli impiegati, stimolando un atteggiamento e un approccio big al lavoro in azienda.

Questo è solo un esempio di come il mondo degli affari, come un abile prestigiatore, sfrutterà la novità social tirando fuori il classico coniglio bianco dal cilindro. Intanto cominciano a fioccare vademecum e decaloghi su come trarre il meglio dal Social Media.

E le università?

Gli usi, anche i più svariati, non mancherebbero ma, per ora, non ce n’è traccia. In compenso si possono trovare alcuni scatti, ovviamente più che gradevoli, di scorci o di strutture delle maggiori università Italiane.

I dubbi sulla reale utilità dell’ennesimo social network rimangono forti e fondati (vedi leggi sul diritto d’autore e la passività indotta dal crescente numero di re-pin). Risulta necessario scoprire se si possa vivere e speculare sulla diffusione sapiente di immagini piacevoli in un universo troppo astratto. Tuttavia i numeri sembrano dimostrare il contrario: una tendenza esiste ed è in crescita. Ciò che resta da stabilire è la durata. Si tratterà di un “Tanto rumore per nulla”, come nel caso di Google +, oppure di “E’ nata una stella”?. Ai posteri, o meglio ai pinners, l’ardua sentenza.

*Persino la sottoscritta è venuta a conoscenza della novità in maniera paradossale: attraverso Twitter e grazie ai consigli di una ragazza libica, presente su Pinterest già da molto tempo. Quanto basta a sapermi spiegare senza troppi giri di parole di cosa si trattasse.

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