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Tutti in analisi da Virzì, al cinema con “La Pazza Gioia”

Due strane. Due depresse. Due pazze. Due mentalmente disturbate. Due malate psichiatriche. Due socialmente pericolose. Due criminali. Due disperate. Due che non ce l’hanno fatta. Due donne: Beatrice e Donatella, protagoniste del nuovo capolavoro di Virzì, La Pazza Gioia, ora nelle sale.

Beatrice è interpretata da Valeria Bruni Tedeschi. Ricca sfondata, moglie di un notissimo avvocato, porta alla bancarotta la sua famiglia per un criminale con cui ha una relazione clandestina, il quale pretende da lei soldi (oltre ad usarla affinché questa s’introduca illegalmente nelle faccende giudiziarie del marito che lo riguardano). Ora, Beatrice è condannata per bancarotta fraudolenta ed è patologicamente pazza.

Donatella, il personaggio di Micaela Ramazzotti, già traumatizzata e disperata fin da piccola per via del padre, che non ha mai considerato la sua esistenza, rimane incinta del capo del locale dove fa la cubista. Sia quest’ultimo, che è sposato con un’altra (ed è già padre), sia la mamma di Donatella, si rifiutano di aiutarla a mantenere il bambino. Così, lei, disperata, si getta giù da un ponte, con suo figlio di un anno in braccio (i servizi sociali già le permettevano di vederlo solo saltuariamente); si salvano per miracolo. Ora, è anche lei malata psichiatrica cronica, oltre ad avere un’importante condanna penale sulle spalle.

Beatrice e Donatella si ritrovano nella stessa comunità di recupero. Riescono a fuggire: succede di tutto. All’inevitabile rapporto che si creerà tra le due, si aggiunge la tragica ricerca dei rispettivi passati. Il filo conduttore, infatti, è proprio la perseveranza di Donatella nella ricerca di suo figlio, adottato da un’altra famiglia.

Virzì ha fatto un film da Oscar. La Pazza Gioia riesce a fare amare al pubblico Beatrice, un’egoista approfittatrice che ha rubato tutti i soldi della sua famiglia per darli ad un malvivente, e Donatella, una donna che ha tentato di uccidere se stessa e suo figlio. Due persone che, nella vita reale di tutti i giorni, raccontate nei TG o nei ridenti programmi che sfruttano la cronaca nera, sarebbero inevitabilmente discriminate e considerate “mostri”. Invece, Virzì riesce a farle amare, perché svela qualcosa di non scontato; ovvero, il fatto che le protagoniste non sono diventate pazze da sole: le hanno fatte diventare pazze. Chi? L’ipocrisia delle loro famiglie che, attaccate solo ai soldi, le hanno abbandonate (questo tema è il preferito di Virzì: lo ha già affrontato nel suo famosissimo Capitale Umano, altro capolavoro).

Donatella e Beatrice non ce l’hanno più fatta a stare in quegli schemi meschini; arriva un momento in cui il subconscio emerge in modo spaventoso, non si può tenere tutto sotto il controllo dei freni inibitori a lungo.

È un film tragicomico. Si ride e si piange. Ma questo si poteva capire già dal titolo La Pazza Gioia: pazza perché disperata, in quanto le protagoniste non hanno assolutamente nessun motivo per gioire, ma ancora osano volerlo fare (per sopravvivere).

Valeria Bruni Tedeschi, sorella di Carla Bruni, interpreta un personaggio appartenente a quell’alta borghesia che lei stessa ben conosce, a giudicare dal suo parenthood. E non lo poteva farlo meglio. «Ho mandato il super io in vacanza per essere Beatrice», confessa Valeria.

Geniale la Ramazzotti, che si è trasformata anche  fisicamente per il suo ruolo (capelli corti, magrezza spaventosa, tatuaggi ovunque). «La pazza gioia è una via di fuga per scappare dal dolore. Il saper vivere è complicato e la mente umana è molto complicata. La voglia di fuggire ed abbandonare tutto è ciò che fa venire voglia di vedere questo film» sono le sue parole.

Recitazione impeccabile, due artiste. A giudicare dagli incassi, pare proprio che Virzì abbia fatto il botto. I dieci minuti di applausi per lui al Festival di Cannes parlano da soli. Si spera in riconoscimenti internazionali, quindi, come si dice in gergo, “Merda merda merda!”.

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