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Thunder al ritmo giusto, Warriors tra alti e bassi

In una settimana ricca di avvenimenti, dalla tragica scomparsa di Rasual Butler e moglie in un incidente d’auto alla trade tra Clippers e Pistons che ha visto protagonista Blake Griffin, cerchiamo di fare il punto sulle squadre più importanti del momento, le partite e i cambiamenti di leadership nella lega cestistica più famosa al mondo.

Partiamo dai Thunder e dalla loro settimana molto più che redditizia: Oklahoma infatti ha marciato a passo spedito, allungando la serie di vittorie consecutive fino ad arrivare a quota 8, salvo poi sbattere contro la difesa impenetrabile degli Wizards (nonostante l’assenza di Wall) e subito dopo perdere allo sprint finale contro i Nuggets. Ma procediamo per ordine cronologico; Okc riprende da dove l’avevamo lasciata con l’ultimo articolo: abbatte Washington grazie ai 46 punti di un Westbrook da MVP. Tocca poi ai Pistons. Durante il match Melo entra nel ristrettissimo club dei giocatori con oltre 25.000 punti in carriera (sono solo 3, compreso Carmelo Anthony, i giocatori ancora all’attivo con più di 25.000 punti in carriera), Westbrook ne mette 31 e grazie anche ai 26 di Paul George il magico trio dei Thunder porta a casa la settima vittoria consecutiva. Arrivano a quota 8 contro Philadelphia, partita in cui il numero #0 dei Thunder sfiora la tripla doppia con 37 punti e 14 assist e tutto lo staff di supporto fa scintille (20 di Adams, 31 di George e 16 di Anthony. Cedono però contro gli stessi Wizards sopracitati che mettono in campo una delle migliori difese viste in questa stagione contro Oklahoma. Westbrook, limitato a soli 13 punti, è solo uno dei tanti problemi che la difesa di Washington dà ad Okc. Contro Denver, infine, assistiamo ad un vero circo: fino al terzo quarto in campo sembrerebbero esserci solo i Nuggets. La difesa di Oklahoma fa acqua da tutte le parti, Jokic domina un inerme Adams e Murray batte il ferro finchè è caldo. Nell’ultima frazione di gioco i Thunder si risvegliano dal torpore, George guida la carica e si arriva alla parità all’ultimo possesso. Ma la rimessa dei Nuggets va a buon fine: Jokic arma la mano di Harris che insacca la tripla della vittoria.

La settimana degli Warriors è caratterizzata invece da alti altissimi e bassi veramente da dimenticare. Il primo match è quello contro Minnesota. I Twolves tentano di indirizzare la partita sui binari degli anni ’90, ritmo basso e palla lenta, ma gli Warriors non ci stanno. Impongono la loro pallacanestro small-ball, la palla viaggia come fosse dentro un flipper umano (lo dimostrano i 37 assist complessivi di squadra) e travolgono così Minny. Contro Boston è invece qualcosa che assomiglia di più ad una guerra punica piuttosto che ad una partita di pallacanestro. Nessuna delle due parte in volata, nessuna prende un vero e proprio vantaggio, così procede la partita in precario equilibrio tra due superpotenze. Tocca poi a Curry risolverla nel finale: 13 punti nei soli due ultimi minuti di gioco (chiuderà il match con una mostruosa prestazione da 49 punti). Contro Utah è una serata da dimenticare. Warriors svogliati e stanchi mentre i Jazz partono subito bene e chiudono in bellezza con una vittoria dal peso specifico elevatissimo, sia per la classifica che per il morale. Golden State chiude la serata con un 4/17 da dietro l’arco (complessivo tra Curry, Thompson e Durant) che è la fotografia della squadra vista in campo.

I Cleveland Cavaliers invece sembrano godere di una nuova giovinezza e con l’ingresso di Tristan Thompson come centro titolare e lo spostamento di Love a ruolo di 4 hanno ricominciato a macinare ottime partite. L’allargamento degli spazi dato dai difensori attirati da Thompson, infatti, sembra giovare a molti esterni, da Love a Isaiah Thomas. Contro Indiana i Cavs dimostrano che il loro ritorno al passato in termini di ruoli e schemi può dare i suoi frutti, e sono frutti decisamente maturi: 14 punti di Rose, 7 triple delle 13 di squadra sono di J.R. Smith, 26 punti del Re e vittoria a referto. Il match contro i Pistons è l’ennesima dimostrazione del fatto che se c’è LeBron in campo, tutto è possibile. Anche quando la difesa fa acqua da tutte le parti. Ci pensa sempre lui, infatti, a risolverla nel finale, dopo 40 minuti di problemi difensivi. Ma nel back-to-back contro Detroit Love non c’è (fuori per circa due mesi per frattura alla mano sinistra) e a Cleveland non bastano i 21 di James e i 20 di Frye per sfangarla anche stavolta. I Pistons chiudono il match con ben 4 giocatori oltre i 20 punti segnati. È con Miami che, anche se pochi, si cominciano a vedere spiragli di buona difesa, ma come al solito tocca al Re portare a casa la vittoria nel finale. Chiuderà il match a quota 24 punti.

Da non perdere:
Houston Rockets @ Cleveland Cavaliers, sab. 2 feb., 2:30 A.M., Sky Sport 2

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