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A Rivanazzano va in scena la vecchia Pavia

A Pavia la ormai ex fabbrica della SNIA in via Montegrappa è un monumento al degrado e all’abbandono. La fabbrica di fibre tessili artificiali ha chiuso i battenti da più di 30 anni ma i carotaggi hanno lasciato segni così profondi nel terreno da rendere quasi impossibile una bonifica o un eventuale risanamento. Ma ci sono altri segni altrettanto profondi irenesitoche la Snia ha lasciato nel cuore operaio di Pavia e che rischiano di andare perduti nelle pieghe del tempo e sono le storie delle operaie della Snia. Nel suo libro “Storie dalla Snia” la professoressa Anna Turra racconta, fra le altre storie, la vicenda di Lidia, giovanissima operaia di origine veneta ma trapiantata a Pavia negli anni 50 per lavorare alla fabbrica. Irene Scova ha scelto questa storia e l’ha adattata in un monologo teatrale di un’ora dal titolo “Ed ero più mata de prima”. Lidia è una “mata” come si dice in veneto, una ragazza solare, entusiasta, innamorata della vita prima ancora di scoprire l’amore. La sua è una storia di fatica e di riscatto, ambientata in una Pavia lontana nel tempo e vicina nello spazio. Irene Scova interpreta un personaggio che fa della resilienza la propria arma contro le intemperie della vita. Un concentrato di femminilità genuina e potente allo stesso tempo. Sul palco si alternano momenti di distensione a passaggi duri quando non commoventi, che ci fanno toccare con mano la mentalità del tempo; una mentalità certamente retrograda eppure ancora tristemente attuale. Il dialetto veneto, con il quale la Scova si trova perfettamente a suo agio, è qui un valido strumento narrativo dal sapore antico ma fresco che ci restituisce gli amabili contrasti tra due modi di pensiero, quello della provincia e quello della città.

IMG_8701Altra grande protagonista sul palco è Pavia. Quella Pavia immortalata da Marcella Milani nella sua mostra Urbex, che racconta i luoghi della città dimenticata. Le sue foto in bianco e nero sono un contrasto praticamente obbligato con la personalità vivace e colorata di Lidia. Teatro e fotografia uniscono le forze per creare la dimensione del ricordo, una dimensione intima e personale che grazie al talento dell’attrice, all’occhio della fotografa e alla prosa della scrittrice, valica il tempo e racconta lo spazio.

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