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Per craticulam ad astra

Una vita felice, soldi, amicizie, un certo professore assente al prossimo appello… come scriveva Cicerone all’amico Attico: dum spiro, spero (finché respiro, spero). Gli uomini, capaci di pianificare il proprio futuro prima che venga spazzato via dalla realtà dei fatti, hanno da sempre conferito alla speranza un enorme valore. Virtù teologale per la religione cristiana, è proprio nello sperare che è riposto il senso di una delle feste popolari più radicate in Italia: la notte del 10 agosto (San Lorenzo), quando la volta celeste si accende per il fenomeno delle stelle cadenti, le quali esaudirebbero i nostri desideri più reconditi.

A scoprire l’etimologia della parola desiderio (in Latino desiderium), che sottolineerebbe la distanza (de) dalle stelle (sidus), con il significato finale di bramare l’effetto propizio degli astri, potrebbe sembrare che da sempre le stelle cadenti abbiano avuto un’accezione positiva nell’immaginario collettivo. È molto interessante invece scoprire che la notte di San Lorenzo, per come ci è stata tramandata, ha una storia molto peculiare fatta di riti agricoli e esseri umani alla griglia.

L’origine delle stelle cadenti è da ricercarsi nei meteoroidi, piccoli corpi rocciosi o metallici vaganti per il Sistema Solare. Se questi elementi entrano in collisione con la Terra prendono il nome di meteore ed entrano in lotta con le molecole d’aria dell’atmosfera terrestre; quando sono abbastanza grandi da arrivare a noi, evento fortunatamente abbastanza raro, vengono definiti meteoriti e possono causare in certi casi danni ingenti come nel 2013 a Čeljabinsk, in Russia. Armageddon in miniatura a parte, le meteore sono generalmente così piccole da bruciare completamente nel loro viaggio. In alcuni casi, quando per esempio la Terra incontra la scia di detriti di una cometa (corpo celestiale di ghiaccio), le meteore sono talmente tante da formare uno sciame, la cui distruzione dà origine alle stelle cadenti periodiche che si osservano durante l’anno. Nonostante non ci sia niente di “stellare”, questo fenomeno prende il nome delle costellazioni dalle quali sembra originare: nel caso più noto, che avviene ad agosto, le stelle cadenti sono chiamate Perseidi in quanto “figlie” della costellazione di Perseo (ma in realtà discendenti della cometa Swift-Tuttle).

Conosciute da tempi immemori, le stelle cadenti hanno a lungo avuto un’accezione cupa e negativa, in quanto spesso ritenute “lacrime” degli dei per sciagure presenti e future. Tra i tanti esempi spicca quello degli efori di Sparta, magistrati che vedevano nella stella cadente di un novilunio senza nuvole la conferma divina che uno dei due re spartani andasse deposto; anche gli antichi cinesi vedevano nella notte fiammeggiante un presagio funesto per gli equilibri politici. Anche da un punto di vista letterario queste piccole rocce bruciate non sono sempre state citate con benevolenza: in una delle sue poesie più celebri, X agosto, Giovanni Pascoli sposa il pianto celeste delle stelle per la malignità della Terra, atomo opaco del Male, con il proprio per l’assassinio del padre. Perché allora oggigiorno si attende e si ammira un fenomeno considerato anticamente di così cattivo auspicio? Si tratta di un’eccellente operazione di marketing da parte della Chiesa.

Pochi sanno infatti che, mentre i politici e gli astrologi antichi temevano questi corpi celesti, la tradizione popolare latina vedeva nella pioggia di stelle un significato benigno e agricolo, rispettoso delle origini “villane” del popolo di Roma. Plutarco, nel De cupiditate divitiarum, spiega che in agosto (mese delle festività agricole) i contadini romani celebravano Priapo, il dio della fertilità dotato secondo il mito di un fallo di notevoli dimensioni. Secondo il mito popolare le stelle cadenti, lungi dall’essere un triste lacrimare, erano invece gocce di seme priapico pronto a fecondare la terra in risposta al culto.

Questa versione dei fatti probabilmente non piacque alla nascente Chiesa cristiana, che sfruttò invece il fenomeno celeste per pubblicizzare un proprio santo, Lorenzo, ucciso il 10 agosto 258. Sant’Ambrogio di Milano narra che quando il prefetto di Roma chiese a questo giovane spagnolo, responsabile dei tesori della Chiesa, di consegnarli allo Stato, Lorenzo gli pose davanti i poveri ai quali questi beni erano stati donati. Il prefetto, forse non godendo di un particolare senso dell’umorismo, condannò l’arcidiacono a morire arso su una graticola. Lorenzo sfoggiò invece molto humor, tanto da esclamare nel bel mezzo del martirio: Sono cotto da questa parte, girami dall’altra e poi mangiami. Per questo motivo il santo divenne protettore ironico non solo dei cuochi, ma anche dei comici. La Chiesa, nel mantenere svariate festività pagane cambiandone il significato (ricordiamoci del Natale), scelse Lorenzo per assonanza del suo nome latino, Laurentius, con Acca Larentia, la controparte femminile di Priapo. Le stelle cadenti ritornarono quindi a essere lacrime, ma questa volta di qualcuno disposto a esaudire i desideri di chi le ammirasse.

Come ci mostra questa lunga storia, la volta celeste ha da sempre suggestionato gli esseri umani, che hanno voluto vedere in origine un contatto con il divino che potesse aiutarli; anche oggi, nel weberiano disincanto del mondo, alcuni ritrovano nello spazio e nella ricerca della vita extraterrestre una ricerca dell’altro che illumini e spieghi (se possibile) il senso della nostra esistenza. Tutto ciò assume sempre più importanza se consideriamo di essere vicini, forse, ai tempi dell’esplorazione spaziale: certo, sempre sperando di non incappare in disastri.

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