Pavia

“Era Pavia”: foto di una bellezza senza tempo

 E’ possibile visitare fino a domani, 28 gennaio, una mostra fotografica che regala un emozionante tuffo nel passato, più o meno lontano, di una Pavia che ormai appartiene allo “scatolone dei ricordi”. Il titolo dell’evento? Non a caso, Era Pavia. L’ intento della mostra è quello di suscitare amore e interesse verso una città che può offrire molto, ma rimane ancora nascosta agli occhi di molti. Come è possibile? Poca o errata valorizzazione territoriale. Una soluzione potrebbe essere sfruttare una strategia di storytelling, tipica del marketing: l’arte di narrare un prodotto o un servizio creandogli attorno una storia che affascini e attiri il consumatore (in questo caso il visitatore della nostra bella città), ed è ciò che questa esposizione si è proposta di fare. La motivazione principale della sua organizzazione è il desidero di ricordare una personalità di grande importanza per il nostro territorio26941852_176218199800387_1153912015_o: Padre Costantino Ruggeri, la cui passione nel campo artistico comparve solamente in  età più avanzata permettendogli, in breve tempo, di raggiungere livelli inaspettati. Un esempio del suo talento: l’ampia vetrata dai colori sgargianti, situata nel Santuario del Divino Amore, di Roma. Il “frate-artista” possedeva il grande dono di saper realizzare attraverso più tecniche artistiche “ciò che Dio comunicava alla sua anima”. Il suo motto era una celebre frase dello scrittore russo, Fedor Dostojevskij: “Solo la bellezza salverà il mondo”. La svolta per lui avvenne nel 1960: a Parigi, incontrò il celebre architetto Le Corbusier; da quello scambio di idee e progetti, nacque in lui l’ispirazione che lo portò a realizzare, nella sua soffitta pavese, opere pittoriche, destinate ad abbellire con eleganza le navate di numerosi edifici sacri. Nel frattempo, il frate si preoccupò di costituire una fondazione per tutelare e promuovere anche la bellezza estetica dei luoghi religiosi: se è vero che il primo impatto di chi entra in una chiesa deve essere l’emozione di prostrarsi a Dio, è altrettanto vero che è piacevole immaginare un ambiente ben curato nel quale essere devoti con “occhio appagato”. Basti pensare che, quando il livello di alfabetizzazione era ancora basso, le immagini prendevano il posto delle parole, e venivano utilizzate per comunicare. La base su cui il frate prediligeva lavorare erano le vetrate, poiché le considerava il canale di ravvicinamento tra i fedeli, presenti all’interno dell’edificio, e Dio la cui Forza, seppur presente in ogni dove, arriva dall’esterno, dal Cielo. Nel 1984, il frate percepì già la necessità di raccogliere del materiale per organizzare una mostra fotografica sul passato della città, grazie all’archivio fotografico dello Studio Chiolini, il cui proprietario era un suo caro amico, e decise di prenotare alcuni spazi all’interno del Castello Visconteo. Per cause ancora ignote, la mostra non venne ultimata, ma il materiale rimase conservato, pronto per una futura occasione. Quella di oggi, che ci porta a iniziare questo viaggio nel tempo, tra scorci che hanno mille e più storie da raccontare. e angoli trascurati. Il visitatore che si avvicina alle fotografie nota, sin dal primo istante, una differenza: gli scatti incorniciati e appesi alle pareti sono a colori, mentre quelli posti nelle bacheche sono in bianco e nero. I primi appartengono agli anni Sessanta, i secondi coprono il periodo che va dalla fine dell’Ottocento al 1930 circa. In comune, oltre alla località a cui appartengono i soggetti, c’è quell’atmosfera che profuma di ricordi e immobilizza, anche solo per un attimo, la mente di chi osserva, catapultandolo in una sfera di emozioni.

Il custode ha svelato che, paradossalmente, la maggior parte dei visitatori proviene da città anche distanti da Pavia e che, molto probabilmente, non conserva alcun ricordo del territorio 26909483_176218149800392_1055766675_ofotografato in quell’epoca. Eppure l’arte affascina chi si vuole far affascinare. I pavesi incuriositi, invece, hanno un’età sopra i cinquanta e questo aspetto crea una sorta di distacco con la nuove generazioni che dovrebbero sentirsi comunque coinvolte, poiché anche tutto ciò che precede l’epoca in corso merita di essere conosciuto. La storia offre ottimi insegnamenti e queste mostre, che, da diversi anni, Pavia ospita, rappresentano ottimi punti d’incontro tra più realtà per formare i cittadini, allargando le menti, sia attraverso eventi di artisti già noti, sia contemporanei e, quindi, ancora da scoprire. Le opere che colpiscono chiunque sono certamente le ampie vedute sulla città, dalle due sponde del fiume Ticino. Altri dettagli stimolano il visitatore a porsi alcune domande, come, ad esempio, a che edifici possa appartenere quell’insieme di comignoli presenti in uno degli scatti dell’epoca più recente. Lo scrittore Mino Milani, che già aveva sostenuto Padre Ruggeri nel primo tentativo dell’esposizione, nel 1984, non ha perso l’occasione di ribadire la grandiosità del frate-artista, affermando che una personalità così buona ed influente non capiterà ancora in città.

Pavia è cambiata e le persone che la vivono, anche solo di passaggio, hanno una cultura differente rispetto a quella testimoniata dagli scatti. Eppure qualche emozione del passato è rimasta: basti fermarsi lungo il fiume Ticino, specialmente nei pressi del Ponte Coperto, e non sarà difficile scorgere qualche coppia passeggiare mano nella mano e turisti pronti ad immortalare quella zona, così suggestiva nell’ora del tramonto. Perché Pavia è una signora dalla bellezza senza tempo.