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Non essere cattivo (2015), Claudio Caligari

“Muoio come uno stronzo. E ho fatto solo due film.” Se n’è uscito così, ad un semaforo rosso di Viale dell’Oceano Atlantico circa un anno fa. Stavamo andando insieme a parlare con un amico oncologo in ospedale. La risposta ce l’avevo pronta ma l’ho lasciato godere di questa sua epica attitudine alle frasi epiche che accompagneranno per sempre tutti quelli che lo hanno conosciuto. Ho aspettato il verde in un altrettanto epico silenzio (sono molti anni che era stato operato alle corde vocali). Ripartendo ho detto “C’è gente che ne ha fatti trenta ed è molto più stronza di te”. Il suono leggero della sua risata soffocata mi ha suggerito il suo darmi ragione, confermato dall’annuire ripetuto della sua testa grande.
 

Se Non essere cattivo, terzo film di Claudio Caligari, è stato portato a compimento è dovuto anche a Valerio Mastandrea, che ricorda con queste parole il regista scomparso nel 2015 a sessantasette anni, suo mentore e grande amico fin dai tempi de L’odore della notte (1998) in cui l’attore romano fu uno dei protagonisti. La volontà e la determinazione del regista aronese lo hanno condotto fino all’ultimo ciak (muore qualche giorno dopo le riprese), ma è proprio Mastandrea a spendersi strenuamente in prima persona al montaggio e ancor prima nella ricerca di fondi “per mettere quel signore nel suo luogo naturale, dopo tanti anni di resistenza alla vita, a questo mestiere e alle sue dinamiche” (così rivolge un appello nel 2014 – che rimarrà inascoltato – al regista statunitense Martin Scorsese, chiamandolo amichevolmente Martino come era solito fare Caligari), impresa che non fu facile per via dell’ostracismo che le case di produzione italiana mostrarono nei confronti di un outsider poco convenzionale come questo regista, lui che aveva deciso di portare nel 1983 sul set di Amore tossico dei veri tossicodipendenti (molti dei quali morti in seguito proprio a causa della droga) e che pensava idealmente di proseguire l’opera neorealista pasoliniana dei ragazzi di Accattone.

Prodotto da Rai Cinema e TaoDue, presentato fuori concorso con grande successo alla 72° edizione del Festival del cinema di Venezia e ad un passo dal rappresentare l’Italia agli Academy Awards 2016, Non essere cattivo al tempo stesso opera postuma e testamento per il futuro, porta a compimento il sogno di Caligari e si pone come base da cui partire per la concretizzazione di altri progetti del regista ancora “nel cassetto”; siamo nel 1995, cronologicamente un decennio dopo ma ancora una volta nella stessa Ostia di Amore tossico – del resto la prima inquadratura dall’alto è esattamente la stessa, autocitazione che portò qualche ansia al maestro, come raccontato da Mastandrea – e protagonisti sono Cesare – Luca Marinelli, in arrestabile ascesa da Tutti i santi giorni (2012), Lo chiamavano Jeeg Robot (2016), Il padre d’Italia (2017) – e Vittorio (Alessandro Borghi, alla prima esperienza cinematografica), amici come fratelli che galleggiano nel degrado in una Roma di borgata diametralmente opposta all’immagine imponente de La grande bellezza sorrentiniana e ancora diversa dalla Roma in mano a quelli che diventano “signori della droga” in Romanzo criminale. Nello spaccato ritratto senza filtri da Caligari l’eroina non è più l’Elisa cantata da Alice negli anni Ottanta e le siringhe abbandonate sulla spiaggia sono solo il simbolo di tossici di ultima categoria tra tossici: cambia la sostanza ma sostanzialmente continua l’involuzione in cui si sopravvive tra risse al solito bar che ormai è casa, feste e prostituzione “svoltando qualche piotta” per procurarsi cocaina e pasticche con qualche scanzonata rapina dove nemmeno l’auto rubata è buona per scappare, finendo in un circolo vizioso tra ingiustizia sociale e violenza che ha come sfondo i palazzoni in costruzione, gli stessi che finiranno anni dopo nell’inchiesta di Mafia Capitale dove la massima aspirazione possibile è quella di lavorare in nero e per pochi soldi. L’incontro con Linda (Roberta Mattei) e le grottesche allucinazioni dovute alla “roba”, resi abilmente con immagini sfocate e musica techno a palla, spingeranno Vittorio a decidere di cambiare vita tentando anche di salvare quella dell’amico Cesare alle prese per di più con l’AIDS che affligge sua nipote, iniziando così un tortuoso percorso “su sabbie mobili”, dove Cesare e Vittorio finiscono per fondersi in un’unica anima divisa tra scelte diverse, il tutto in equilibrio tra tragedia e ironia.

Non è compito dello spettatore giudicare ma è quello di assistere ad una vicenda straordinariamente umana e sincera, anche grazie alla capacità degli attori che con i loro occhi sgranati e parole di arresa contro “La vita [che] è dura e se non sei duro come la vita non vai avanti”, impersonano il vuoto a perdere di quell’esistenza che non esita a prenderli pugni. Caligari con tre film riesce ad abbracciare più generazioni, forse anche le future e lo stesso titolo Non essere cattivo rimane un monito, una speranza dal risvolto agrodolce per chi rimane.

Una nota di merito va a Carlotta Magistris, direttrice artistica della rassegna cinematografica pavese Sussurri e Grida, che ha scelto di approfondire la figura di Claudio Caligari, un nome non troppo mainstream (il film è stato distribuito solo in 60 sale in Italia) ma che vale la pena di segnarsi.

Chiara Turco

Chiara Turco nasce a Pavia il 23 agosto 1993. Frequenta il liceo scientifico "C. Golgi" di Broni (PV), diplomandosi nel 2012. Nel febbraio 2018 consegue la laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Pavia. Appassionata di Cinema, diventa redattrice di Birdmen nel dicembre 2016, per poi successivamente occuparsi anche dell'ambito social network.

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