AttualitàCultura

Matrimoni gay: USA ed Europa verso il sì (e l’Italia è ferma)

di Giulia Gallotti

Biagio Antonacci esprimeva così su Twitter, qualche giorno fa, la sua idea sull’argomento. Un argomento che, a discapito di tutta quell’apertura mentale che la nostra società non manca mai di ostentare, ancora in molti temono (eccome, aggiungerei).
Il 2013 sarà un anno importante e decisivo in questo senso. L’America sotto la guida di Obama, che durante la campagna elettorale dello scorso anno si è pronunciato a favore (dando una notevole spinta anche ai suoi elettori), si avvia per la prima volta nella storia del Paese alla discussione sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali su tutto il territorio. In Europa, Parigi ha visto votare all’Assemblea Nazionale l’approvazione del primo articolo della legge sulle nozze gay (Il matrimonio è contratto tra due persone di sesso differente o del medesimo sesso) e a Londra il primo ministro Cameron ha annunciato la nascita di una “società più forte”, dopo il primo sì della Camera dei Comuni al Marriage Bill, la legge che prevede la legalizzazione delle nozze gay in Inghilterra a partire dal 2014.Sono comunque la maggior parte, in Europa, i Paesi che prevedono le unioni civili (Germania, Svizzera, Austria, per citarne qualcuno) mentre altri riconoscono il matrimonio omosessuale già da tempo (vedi Spagna, Portogallo, Belgio, Svezia e Norvegia).
Guardiamo agli Stati Uniti: il prossimo giugno i nove giudici della Corte Suprema si pronunceranno per la prima volta in merito a due questioni relative ai matrimoni omosessuali. La prima è il bando alle nozze tra persone dello stesso sesso in California: tale bando era passato nello Stato della east coast già nel 2008, dopo una pronuncia favorevole dell’Alta Corte dello Stato e dopo che migliaia di coppie omosessuali si erano unite in matrimoni perfettamente legali. Il bando in questione fu però osteggiato dalla Proposition 8, il referendum anti-gay sostenuto dalla parte più conservatrice della popolazione e approvato con il 52% dei voti proprio il giorno dell’elezione di Barack Obama nel 2008. In seguito fu però annullato da due Corti Federali (nel 2009 e 2010) perché giudicato discriminatorio. La Corte Suprema ha ora il compito di dare il giudizio finale sulla questione, che potrebbe anche avvenire percorrendo la strada più difficile: decidere se estendere la legalizzazione dei matrimoni omosessuali all’intero territorio americano.
La seconda questione che verrà posta al vaglio dei nove giudici sarà il Defense of Marriage Act, entrato in vigore sotto la presidenza Clinton, che definisce il matrimonio come esclusiva unione tra uomo e donna, impedendo così al governo federale di approvare il matrimonio gay. Legge di cui, peraltro, l’amministrazione Obama ha deciso di non servirsi più in tribunale.
E ora anche l’Europa si prepara alla svolta. E l’Italia?
Il nostro Paese è uno di quelli in cui le unioni civili non sono riconosciute: ciò significa che una coppia gay, in Italia, non solo non potrà (ovviamente) sposarsi, ma è come se non esistesse.Ogni tanto si alza una voce isolata, ricordando che anche noi dovremo prima o poi superare il problema, ma sarà per la Chiesa o per le difficoltà politiche, questa voce viene sistematicamente messa a tacere. Non è il momento, dice qualcuno. Oggi l’Italia sta attraversando una fase complessa dal punto di vista politico, ci sono tante (troppe) cose che non vanno, cambiamenti da mettere in atto: aggiungere anche la questione dei matrimoni omosessuali appare sconsiderato e fuori luogo, non è così urgente.
Può darsi, eppure anche questo appare come un segno di arretratezza, di fronte ad un mondo che sta prendendo coscienza sempre di più delle diversità. Siamo così sicuri che una decisione, anche un semplice passo in avanti preso in questo senso, richieda così tante discussioni?
Ci sono migliaia di coppie eterosessuali che considerano il matrimonio come “un contratto”: quante volte abbiamo sentito paragonarlo ad un semplice pezzo di carta, di cui un amore non ha certo bisogno? Da questo si dovrebbe dedurre che per molti il matrimonio non è allora così importante, non così sacro come invece si sostiene quando accanto a questa parola ci si aggiunge “gay”.
Forse non dovrebbe più essere una questione di conservatorismo. In un mondo civilizzato e moderno certe differenze non dovrebbero più essere tali, essendo ben altre – come si diceva – le questioni importanti ed urgenti. Cameron, a Londra, ha parlato di «società più unita». Viviamo un tempo in cui c’è bisogno di questa coesione, in cui l’unione fa la forza, come si dice, e se l’Europa e il mondo stanno cambiando rotta forse è perché questa è la cosa giusta da fare.
Cambiamento. Questa parola in Italia suscita sempre una certa paura, sia che si tratti di cambiamento politico, sia di cambiamento morale. La verità è che però, ci piaccia o no, è inevitabile.
Non credo nemmeno c’entri più di tanto la Chiesa: tante volte, diciamo pure spesso, la politica ha fatto di testa sua senza tenere conto né del Papa, né del Vaticano. L’illegalità e l’immoralità non hanno trovato scuse, e mentre per questi temi bisognerebbe opporne tante, non si vede perché tutto ad un tratto se ne debbano accampare per un unico tema che sarebbe un segno di rinnovamento. Evidentemente abbiamo ancora bisogno di tempo.
Tiziano Ferro, durante un’intervista alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi, ha risposto ad una domanda sul tema: «Se un giorno mi volessi sposare – ha detto – non scapperei certo in Spagna per farlo. Voglio che sia possibile sposarmi nel mio Paese e nella mia terra, e se ciò non sarà possibile vorrà dire che ne farò a meno».
Eliminiamo i soliti cliché dunque: non si tratta di accontentare nessuno. Solo, forse, si tratta di cambiamento.

2 pensieri riguardo “Matrimoni gay: USA ed Europa verso il sì (e l’Italia è ferma)

  • “Eliminiamo i soliti cliché dunque: non si tratta di accontentare nessuno. Solo, forse, si tratta di cambiamento.” Concordo pienamente. E aggiungo il frutto di una discussione coi miei nonni, sebbene, da anni, mi sia allontanata parecchio dalle loro posizioni: si tratta di CONCEZIONE BASILARE DEL MATRIMONIO. Non è infrequente trovare persone che non sono assolutamente omofobe, ma non riescono a concepire l’unione gay come “matrimonio”. Perché questa istituzione è nata e cresciuta su misura della coppia eterosessuale, con ruoli di genere assai marcati e l’esigenza della procreazione. Per veder accettato il “matrimonio egualitario” (come lo chiama il presidente di Arcigay Pavia), bisognerebbe prima veder accettata una concezione più sfumata dei “ruoli” (papà/mamma, maschio/femmina) e metter l’accento sull’unione fra due cittadini adulti, nel nome dell’affettività e dei mutui diritti/doveri (anziché sull’unione fra due sessi).

    Rispondi
  • Pingback: Diritti e democrazia - Corretta Informazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *