Sport

2014 CELEBRATION

HARD TIME.

Il 2014 è stato l’anno del mondiale; o meglio, del “modello tedesco”: sacrificio e qualità in campo, infrastrutture e integrazione fuori. Mentre in Italia è iniziato un mea culpa generale (anche se alquanto generalizzato), immediatamente trasformatosi in una caccia alle streghe. Ma una volta defenestrati Prandelli e il Balo, siamo rimasti con un Tavecchio in più e molta meno autocritica. Guardiamo il dito invece della luna, nell’eclissi del nostro calcio. Tempi bui ci attendono.

LE LACRIME DEL CAMPIONE.

“Nessuno ha mai creduto in me in questi anni. E alla fine ho vinto”. Firmato, Marco Belinelli. Le lacrime dopo la prima vittoria del titolo NBA da parte di un italiano. San Antonio Spurs, la corte di coach Pop, il posto perfetto per il ragazzo di San Giovanni in Persiceto. La squadra, infatti, si ispira al “mantra della pietra” di Jacob Riis, sindacalista del primo novecento: se il masso si rompe al centesimo colpo, non è merito dell’ultima martellata, ma anche, e soprattutto, delle precedenti novantanove. Continua ad abbattere record Marco, siamo con te.

PROFONDO ROSSA.

La Ferrari non va, Alonso invece sì. Adiós amigo. Un amore bello, molto litigarello, conclusosi in un divorzio che accontenta tutti e nessuno. Nando si prepara (probabilmente) all’ultimo valzer, mentre l’unica corsa del cavallino è stata quella al macello. Per l’ennesima stagione. Marchionne promette la ricostruzione, ma i tifosi restano tranquilli come un operaio di Mirafiori. Riuscirà Vettel a rimettersi le ali dopo una stagione con i piedi per terra? Anche se il mio pensiero va a Schumacher: Dio non ha ancora bisogno di lezioni di guida.

MEGLIO DUE CHE QUATTRO.

Sono invece le due ruote a dare soddisfazioni. L’Aprilia vince nella superbike, il Vale sembra aver ritrovato lo sprint di un tempo e Tony Cairoli rimane una pepita d’oro tra le curve fangose del motocross. Senza motore, ma comunque più veloce di tutti, è Vincenzo Nibali. Sfreccia, maglia gialla, vincendo il Tour de France, regalando un’immensa gioia alla patria, manco ci avesse riportato “La Gioconda”.

ITALIA: NOME PROPRIO, FEMMINILE.

Fragorosi i tuffi della borsa, leggiadri quelli della Cagnotto. Oro sia sola, che ben accompagnata da Francesca Dallapé. Coppia di donne, senza alcun bluff, anche in quel di Londra: Errani-Vinci, prime italiane a vincere a Wimbledon. Un nome, una garanzia. Ma mentre Vanessa Ferrari ci riconcilia con la nostra aurea capacità artistica, si leva alto il grido “À la guerre!”: Arianna Errigo al fioretto, Rossella Flaminio alla spada e Sara Cardin armata dei più profondi segreti del karatè. “Hasta la victoria” – genere femminile – “¡Siempre!”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *