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MAROCCO: TRA MACERIE, TENSIONI E SPERANZA 

Il Marocco sta affrontando le conseguenze del suo terremoto più devastante degli ultimi decenni. Il tremore, che ha colpito l’8 settembre nella catena montuosa dell’Alto Atlante a circa 70 chilometri a sud-ovest di Marrakech, ha causato la morte di più di 2.900 persone e oltre 5000 feriti. Purtroppo però, il bilancio delle vittime sembra destinato a salire, mentre continuano gli sforzi di soccorso e recupero. La città di Marrakech, celebre destinazione turistica, è stata la più colpita, sebbene l’evento sismico abbia avuto ripercussioni avvertibili anche in diverse altre città marocchine tra cui Casablanca, Agadir, Essaouira e Rabat. Nel complesso, sono state coinvolte almeno 380.000 persone.

Questo terremoto ha inflitto un significativo deterioramento al patrimonio culturale del paese, tra cui la medina medievale di Marrakech, riconosciuta come Patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2009. La Moschea di Tinmel nell’Alto Atlante, precedentemente considerata un potenziale sito UNESCO, ha subito gravi danni ed è stata descritta come “completamente distrutta” dal geologo Mohamed Najib Zaghloul dell’Università Abdelmalek Essaâdi a Tangeri. Nonostante la notevole estensione del degrado al patrimonio marocchino, l’attenzione rimane concentrata sulla ricerca e sul salvataggio delle persone intrappolate tra le macerie.
A nove giorni dall’evento sismico devastante, la situazione umanitaria permane infatti estremamente complessa. Continuano ad essere registrate numerose scosse di assestamento, che rendono difficile l’accesso alle zone colpite, specialmente considerando che molte delle comunità distrutte si trovano in aree montuose e le infrastrutture stradali sono gravemente danneggiate. Questa, é infatti una delle principali ragioni per cui molte persone hanno preferito cercare rifugio all’aperto, temendo ulteriori scosse. E come spesso accade in situazioni di emergenza, i gruppi più vulnerabili, tra cui donne e bambini, sono quelli maggiormente colpiti dalle conseguenze del terremoto. 

In risposta a questa tragedia, il governo marocchino sta ancora valutando se accettare o meno l’aiuto umanitario offerto dalla comunità internazionale e finora ha accettato assistenza solo da parte di pochi Stati, scatenando non poche polemiche. Ma come è stato spiegato all’AGEEI, il Marocco ha subito la distruzione delle strade di collegamento con le aree interne gravemente colpite dal sisma, causando rilevanti problemi logistici che rischiano di ostacolare gli aiuti provenienti da molti paesi. Solo dopo il ripristino delle strade sarà possibile organizzare un sistema “massiccio” di aiuti, inclusi quelli dai paesi ai quali il governo ha chiesto di attendere. Inoltre, il Marocco ha ricordi negativi dell’assistenza internazionale caotica che ha seguito il mortale terremoto del 2004. Pertanto, ha preferito pianificare e coordinare attentamente la risposta internazionale per massimizzare l’efficacia degli sforzi di soccorso. Il paese ha accolto squadre di soccorso provenienti da Spagna, Regno Unito, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Tunisia e Cina ma non ha accettato le offerte di assistenza d’emergenza dagli Stati Uniti, dalla Francia e da altrove. Certo, non riesce difficile pensare che il rifiuto dell’assistenza di alcuni paesi nasconda anche tensioni diplomatiche, com’è accaduto con la Francia. 

Volontari francesi avevano prontamente organizzato una squadra di soccorso composta da nove membri, dotata di dispositivi di ascolto e altre attrezzature per cercare persone sepolte sotto le macerie. Tuttavia, agli operatori umanitari è mancato proprio il via libera del Marocco, per poter prendere un volo che li avrebbe condotti nella zona colpita appena 24 ore dopo il terremoto dell’8 settembre. E il “no” a Macron, pesa più degli altri. Il rifiuto marocchino ha difatti intensificato le tensioni tra i due paesi, i cui rapporti erano già in uno stato di gelo da qualche tempo. Il motivo è lo scandalo Pegasus: un’inchiesta secondo la quale il Re marocchino Mohammed VI avrebbe tenuto sotto controllo le conversazioni telefoniche di Macron attraverso una società israeliana. A questo, si aggiungono le polemiche tra Francia e Marocco sul mancato rispetto degli accordi di rimpatrio dei migranti clandestini, sulle divergenze in merito alla disputa del Sahara occidentale e l’avvicinamento dell’Eliseo all’Algeria. Di recente, Catherine Colonna, il ministro degli Esteri francese, ha negato crisi diplomatiche e dichiarato che la Francia aveva stanziato 5 milioni di euro per le organizzazioni di soccorso in Marocco, sottolineando tuttavia che spetta al paese decidere se richiedere ufficialmente assistenza. 

Questa disgrazia ha riacceso anche un’altra disputa di lunga data nella regione: quella tra il Marocco e l’Algeria, aprendo però una finestra per potenziali miglioramenti nelle relazioni tra i due. Nel 2021, l’Algeria aveva tagliato i legami diplomatici con il vicino Marocco e chiuso il suo spazio aereo a tutti gli aerei registrati nel paese. La decisione era stata scatenata dalle accuse di Algeri riguardo all’uso dello spyware Pegasus da parte del Marocco contro i suoi alti funzionari. La disputa aveva poi anche coinvolto accuse di sostegno da parte del Marocco a un movimento separatista e la mancanza di dibattiti significativi sul territorio del Sahara Occidentale in contestazione. Ad oggi, la presidenza algerina ha annunciato la riapertura del proprio spazio aereo e di essere pronta a fornire aiuti umanitari al popolo marocchino per far fronte all’emergenza. Questa decisione non solo consente l’arrivo di aiuti vitali in una nazione in lutto, ma rappresenta anche un cambiamento nelle tensioni storiche del Nord Africa. La frontiera di quasi 887 miglia tra i due paesi è stata chiusa dal 1994, ma ora, sembra che l’Algeria stia cercando di superare le controversie del passato dimostrando solidarietà in un momento di bisogno. Lo stesso vale per la Tunisia, che non ha tardato a fornire supporto, inviando una squadra di difesa civile composta da 56 persone e un ospedale da campo, come ha annunciato il portavoce del Ministero dell’Interno tunisino, Faker Bouzghaya.  

Si era limitato a decretare tre giorni di lutto nazionale e a lanciare un appello alla preghiera, attirando su di sé una valanga di critiche che si aggiungono a quelle di chi lamenta ritardi nei soccorsi, soprattutto nelle zone di montagna, quelle dell’epicentro del terremoto dove si registra oltre la metà delle vittime. Ma dopo l’iniziale perplessità circa l’assenza del Sovrano, Il Re del Marocco Mohammed VI ha dimostrato notevole solidarietà nei confronti delle vittime del recente terremoto che ha colpito il paese, visitando i feriti nell’ospedale di Marrakech e donando per loro il sangue. Questo gesto è stato molto significativo, ed ha ispirato un’ondata di solidarietà tra la popolazione marocchina. La donazione di sangue è diventata un potente simbolo di unità nazionale in seguito a questo tragico evento: i cittadini di Marrakech e di altre città si sono mobilitati, formando lunghe file per contribuire alle cure dei feriti. 

La priorità principale resta quella di recuperare i corpi tra le macerie, garantire il salvataggio delle persone il più rapidamente possibile, fornire alloggio a coloro che hanno perso le loro case e, soprattutto, raggiungere le zone più remote e impervie come villaggi e montagne, dove la comunicazione è spesso un problema anche in condizioni normali. Il terremoto ha causato ingenti danni alle infrastrutture, lasciando molti senza accesso a servizi essenziali. Il paese deve ora affrontare la complessa opera di ricostruzione e riparazione, processo, che richiederà molto tempo e considerevoli risorse.

Un pensiero a tutti coloro che sono stati investiti da questa immane tragedia e la piena solidarietà all’intera comunità marocchina. 

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