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Jim Clyburn: l’uomo che salvò Joe Biden

Jim Clyburn è un anziano deputato della South Carolina, nato nel 1940 a Sumter, nel cuore del Palmetto State, terra di cigni e di tabacco situata in quella striscia di città e contee che, in uno Stato conservatore, votano, in virtù della loro composizione etnica, per candidati Democratici.
Un uomo dal viso rotondo, con pochi capelli e dai sottili baffi grigi, figlio della classe media della South Carolina – la madre proprietaria di un salone di bellezza, il padre ministro protestante fondamentalista – e di un’epoca in cui il segregazionismo era ancora legge: intorno ai dieci anni, disse di essere interessato a continuare gli studi e a intraprendere la carriera politica, ricevendo per risposta il duro rimprovero di una cliente della madre preoccupata per l’incolumità di Jim e della sua famiglia.

Quel modo di intendere il profondo Sud in cui Jim Clyburn crebbe è oggi un ricordo di un’epoca apparentemente lontana. Ma allo scadere degli anni ’50, quando egli si affacciò alla carriera pubblica divenendo rappresentante degli studenti dell’Università di Orangeburg, la situazione era totalmente diversa. Nella famiglia Clyburn viveva ancora la memoria di un antenato, George W. Murray, che sedette al Congresso nell’ultima decade del XIX secolo e che si autoesiliò a Chicago per evitare i lavori forzati a cui venne condannato nel corso di un processo-farsa. Erano gli anni ‘90 del XIX secolo, l’inizio di quell’epoca che è nota come post-Reconstruction, periodo in cui undici dei tredici Stati del profondo Sud aggiornarono le loro Costituzioni al fine di ridurre l’accesso al voto della popolazione nera. Ed era necessario, per garantire il successo di tale operazione, limitare il potere della classe dirigente repubblicana, più sensibile alle istanze dell’ex popolazione schiavile. Il voto va letto, in tal senso, come un fruttuoso tentativo di ridurre il potere elettorale di quei politici che si opponevano al segregazionismo dei Southern Democrats. Un’altra America, ma è necessario partire da lì per capire la storia politica di Jim Clyburn e le prossime primarie democratiche in South Carolina.

Biden e Clyburn
Jim Clyburn con il presidente Joe Biden nella primavera del 2022. Crediti: Wikipedia.

“Genuinely southern, proudly black”: il sottotitolo della sua autobiografia  pubblicata nel 2014 – un ventennio dopo il suo ingresso a Capitol Hill – è evocativo: del profondo sud Jim Clyburn ha il tipico charm, la tendenza a vivere la vita con una certa lentezza unita al senso dell’ospitalità e del rispetto paziente. Uno stile di vita costantemente enfatizzato come contraltare alla frenesia e dall’aria da businessman dei colleghi provenienti dalle grandi città.
Al netto di questo, Jim Clyburn è uno dei politici più influenti nell’ala meridionale di Capitol Hill. Nel corso di una carriera che dura da più di un trentennio, ha saputo diventare il principale e il più potente punto di riferimento dell’elettorato nero del profondo Sud e, mentre diversi colleghi altrettanto potenti hanno cercato di garantirsi il sostegno di PAC e investitori, Jim Clyburn ha saputo muovere le masse di elettori afroamericani laddove esse costituiscono il principale bacino elettorale dei Democratici. Per questo è, da decenni a questa parte, cercato e “corteggiato”. Un esempio: nel giugno 2019 ben 21 candidati alle primarie del Partito Democratico parteciparono al suo World Famous Fish Lunch, un classico evento estivo nel quale centinaia di attivisti e sostenitori si trovano a Columbia, South Carolina, mangiando pesce fritto e parlando di politica. Tutti sapevano che quella sarebbe stata l’occasione migliore per cercare impressionare l’elettorato vicino a Clyburn ed ottenere un suo endorsement, un fattore fondamentale in vista delle primarie.

Per comprendere quanto questo abilità sia rilevante, basti pensare che nel 2008, dopo che il deputato annunciò il sostegno alla campagna presidenziale di Barack Obama – condannando Hillary Clinton alla sconfitta nelle primarie della South Carolina – ricevette una telefonata da un risentito ex Presidente che diceva pressappoco: «se voi bastardi volete la guerra, la avrete». Al netto della minaccia di Bill Clinton, quella fu per Clyburn una scommessa vinta.

Ma ancora più significativo fu, tornando al 2020, l’impatto che l’ormai ottantenne Rappresentante ebbe sull’esito delle elezioni. Durante le prime fasi delle primarie, Jim Clyburn compì un capolavoro politico: il suo sostegno formale dato a Joe Biden a tre giorni dalle primarie locali permise a una campagna considerata moribonda a seguito di alcuni risultati imbarazzanti di riprendere vigore. La mobilitazione dell’elettorato afroamericano in South Carolina permise all’ex vicepresidente di vincere sia nello Stato sia, grazie all’effetto-domino che si innescò, nella maggior parte degli Stati al voto nel vicino Super Tuesday – evento che “ripulì” il campo democratico con il ritiro di avversari di peso – giungendo infine alla nomination.

Il 3 febbraio, il Partito Democratico della South Carolina terrà le sue primarie. E sebbene il risultato finale sia certo – Biden non dovrebbe avere alcuna difficoltà a confermarsi con percentuali molto alte – i dati legati all’affluenza e alla demografia elettorale dovrebbero risultare molto più interessanti.
L’elettorato afroamericano, uno storico serbatoio di voti per il partito Democratico, sta lentamente cambiando, come già successo per il voto ispanico e quello latino. Nel 2016 solo l’8% degli elettori appartenenti a questa minoranza votarono per Donald Trump. Nel 2020 il numero era pressoché identico. Oggi, secondo i sondaggi, un afroamericano su tre voterebbe per l’ex Presidente, con numeri in crescita soprattutto negli Stati meno polarizzati come Georgia, Michigan e Pennsylvania.
Il voto afroamericano nel 2024 non può essere considerato esclusivo del Partito Democratico e forse non è merito solamente di Donald Trump o degli sforzi dei Repubblicani, che comunque hanno investito nell’appeal presso questa parte della popolazione. Sembrerebbe piuttosto alimentato dalla frustrazione nei confronti dell’amministrazione Biden. Secondo un recente sondaggio, solo il 50% degli afroamericani approva il lavoro del Presidente; un calo radicale rispetto all’86% registrato nel 2021.

Trump con Byron Donalds, Clyburn
L’ex Presidente Donald Trump con il Rappresentante Byron Donalds (a sinistra), uno dei principali esponenti della comunità afroamericana all’interno del Partito Repubblicano). Crediti: Trump White House Archived, via Flickr.

D’altra parte, il team elettorale di Trump ha investito nel corso degli anni nel rendere gradita questa parte della popolazione americana, che conta circa 34 milioni di elettori. Da un lato, investendo in quei parlamentari appartenenti a questa comunità, come ad esempio il deputato della Florida Byron Donalds e quello del Texas Wesley Hunt; dall’altro, enfatizzando il sostegno di afroamericani famosi come Lil Wayne, Mike Tyson, Waka Flocka Flame, per citarne alcuni.

Dalle primarie della South Carolina emergerà, dopo mesi di speculazioni e sondaggi, un primo quadro delle tendenze dell’elettorato afroamericano nel 2024. Nel caso in cui questo quadro emerga critico per Biden, potremmo assistere a un nuovo tentativo da parte di Jim Clyburn di recuperare il suo ruolo di kingmaker e di mobilitare nuovamente l’elettorato nero.

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