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Lottare senza armi: Gandhi e la sua filosofia di vita

“Un Pianeta migliore è un sogno che inizia a realizzarsi quando ognuno di noi decide di migliorare se stesso”.

A partire da questa massima è interessante provare a costruire una riflessione sul personaggio di Gandhi, meglio conosciuto come Mahatma”. Dal sanscrito, il vocabolo significa “grande anima” e, come testimonia la sua filosofia di vita, “grande” si rivela nel senso più profondo del termine. Infatti, quel minuto uomo indiano è ricordato nelle testimonianze storiche come colui che condusse una potente battaglia vincendola senza sfiorare un’arma. “Non violenta” era la sua lotta contro la discriminazione dei governanti verso il popolo: il concetto, tuttavia, non è sinonimo di passività, anzi, gli individui devono rispondere alle ingiustizie subite disobbedendo alle nuove regole imposte loro, ma in che modo? Amando il prossimo: «Se l’amore e la non-violenza non sono la legge del nostro essere, tutta la mia argomentazione cade a pezzi», predicava Gandhi ai suoi sostenitori. L’ahimsa è amore verso il prossimo, disinteressato nel fare il bene, anche a costo di sacrifici personali.  E insieme a questo concetto se ne deve delineare un altro altrettanto importante nella filosofia del Mahatma: quello della disobbedienza civile. Si tratta di una forma di lotta politica, attuata da un singolo individuo o da un gruppo di persone, che consiste nel conscio mancato rispetto di una legge, particolarmente ingiusta agli occhi del popolo. La violazione deve essere nota pubblicamente al fine di provocare i governanti e ottenere le sanzioni previste. In seguito a un atto di disobbedienza civile segue un’indagine in sede penale e, proprio durante il processo, il popolo può manifestare le ingiustizie subite. Essa veniva considerata dal Mahatma stesso «un diritto inviolabile di ogni cittadino», e affermò che «rinunciare a questo diritto significa cessare di essere uomini».

Gandhi nacque il 2 ottobre 1869 nacque a Porbandar, in un’India ancora sotto il dominio coloniale britannico. Dall’animo sensibile, fin da giovane notava i numerosi episodi discriminatori che si verificavano nella sua società. Era convinto che una strategia per ribellarsi esisteva e si sarebbe potuta attuare senza arrecare altra sofferenza. Dopo una breve parentesi professionale a Bombay, il giovane Gandhi venne chiamato in Sudafrica nel ruolo di consulente legalFL22GANDHI_2038775g-634x330e. In questo territorio la discriminazione razziale era evidente e portò la sua “angoscia”nei confronti delle ingiustizie sociali, già ormai sedimentata, all’apice. Il 1 settembre 1906 il Mahatma propose il Satyagraha, un’applicazione concreta del concetto di disubbidienza civile. La situazione locale migliorò notevolmente. Nel 1915 Gandhi rientrò nel suo Paese d’origine, ancora marchiato da pesanti imposte che andavano a indebolire una popolazione non di certo abbiente. Nel 1919, decise di applicare nuovamente la strategia già utilizzata nell’esperienza passata. Questa volta, però, le autorità nazionali non modificarono facilmente le regole ferree e, preoccupati di questa nuova forma di ribellione, mandarono in carcere più volte il Mahatma, il quale rispose con lunghi scioperi della fame riducendosi in gravi condizioni fisiche. Poco, però, gli importava: infatti non avrebbe comunque vissuto in maniera soddisfacente se il popolo non fosse stato rispettato e trattato con dignità.

Il suo messaggio chiave può essere quindi riassunto nei seguenti principi:

– il rispetto del diritto inalienabile dell’autodeterminazione dei popoli: chi vive in un paese deve poter decidere da chi essere governato. L’India, infatti, ha raggiunto un tasso di povertà elevatissimo a causa di un’assenza totale di libero arbitrio da parte dei suoi abitanti;

– l’applicazione del concetto di “non violenza”, interpretato in maniera diversa da una passività fisica: esso richiama l’idea della non-accettazione di un comportamento che infliggeva sulla morale umana.

Ancora oggi tendiamo a lamentarci verso ogni aspetto del quotidiano, ma dobbiamo ricordare e fare preziosa la sua raccomandazione: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo“. Nella maniera più innocua, questo Grande Maestro ha insegnato molto, in particolare a chi credeva di sapere già tutto.

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