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L’Atalante: come s’impara ad amare

Direttamente da Parigi, “Le coin Français”: la rubrica, di Carlotta Federica Moretti, sul Cinema francese, classico e contemporaneo, che vi svelerà tutto quello che avreste voluto sapere sul Cinema transalpino, e che non avete mai osato chiedere. #2. Clicca qui per leggere l’articolo precedente.


Se l’amore avesse un volto, sarebbe sicuramente quello di Jean Dasté mentre cerca nel mare aperto il viso della sua amata. Se l’amore avesse un altro nome, sarebbe L’Atalante. L’ultimo lavoro di Jean Vigo, riconosciuto dalla critica caposaldo del realismo poetico, prima di essere un must del cinema mondiale, è una commovente storia d’amore.

Juliette (Dita Parlo), una giovane donna di un piccolo paesino vicino al mare, convola a nozze con Jean (Jean Dasté), un comandante di un’imbarcazione chiamata Atalante, con il quale parte immediatamente dopo le nozze; ad attenderla sulla nave vi sono anche il bizzarro marinaio soprannominato Père Jules (Michel Simon) ed un giovane ed inesperto mozzo (Louis Lefebvre). La vita  a bordo è però tremendamente noiosa e la tediante routine comincia ad infastidire Juliette fino a che, un giorno, la giovane donna non viene a scoprire che l’imbarcazione è diretta a Parigi: ciò scatena in Juliette una trepida attesa, fatta di numerose aspettative che il marito, però, non condivide. Giunti nella Ville Lumière, Juliette chiede a suo marito di accompagnarla a ballare, ma le cose non andranno come lei avrebbe voluto ed una notte, in preda alla frustrazione, decide di fuggire. Il finale è tutto da scoprire e forse, da vivere.

Il regista racconta con estrema autenticità e tenerezza una storia d’amore poetica e pura come solo due anime innamorate possono essere in grado di mostrare. Lo sguardo di Juliette, la rabbia di Jean, la simpatia e la peculiarità di Père Jules, rendono quest’opera così reale nella sua immaginazione da lasciare il cuore dello spettatore straripante di limpidi e genuini sentimenti, proprio come quelli che, crescendo, si teme di aver perso. La fantasia regna sovrana , facendo sì che la dimensione onirica e surreale si amalgamino alla precisione e all’accuratezza del grande cinema d’autore. Immortale è la scena nella quale Juliette racconta a Jean la leggenda secondo cui, immergendo il proprio viso nell’acqua, si riesce a vedere il volto della persona amata (resa celebre al pubblico italiano grazie alla sigla di Fuori orario, che vede come accompagnamento musicale le note di Because the Night di Patti Smith)

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Il film nacque sotto una cattiva stella e la vita del registra non fu più fortunata: Jean Vigo morì all’età di 29 anni a causa di una tubercolosi che gli impedì di terminare le riprese de L’Atalante. Autore anche di Zéro de Conduite (1933) e del cortometraggio, in collaborazione con Boris Kauffman,  À  propos de Nice (1930), non vedrà mai il suo successo. Nel 1934 infatti, dopo aver appena terminato il primo montaggio della pellicola, si ritirò da Parigi a causa dell’evolversi sempre più feroce della sua malattia. Lasciò la composizione delle musiche al suo carissimo amico Maurice Jaubert e delegò il lavoro ad alcuni dei suoi stretti collaborati. Il film non piacque minimamente ai produttori, tanto da definirlo confuso, insensato ed addirittura volgare; la prima proiezione davanti agli esercenti fu un tale fiasco che venne accettata forzatamente la proposta della casa di distribuzione di sostituire le melodie oniriche di Jaubert con una canzone più popolare ed immediata: Le Chaland qui passe, versione francese della canzone italiana Parlami d’amore Mariù di C.A.Bixio. Paradossalmente fu proprio Le Chaland qui passe il primo titolo de L’Atalante, il quale uscì nel settembre dello stesso anno, registrando un insuccesso clamoroso. Poco tempo dopo Jean Vigo morì. Soltanto dopo la seconda guerra mondiale, grazie ai registi della Nouvelle Vague, soprattutto grazie a François Truffaut, le opere del regista furono riscoperte  e riproposte al pubblico.

Nel 1989, tuttavia,  la Gaumont, la casa di produzione che aveva precedentemente distrutto l’opera di Vigo, cercò di redimersi dal terribile errore acquisendo la Franfilmdis, proprietaria delle scene rimaste tagliate del film, cominciando così una nuova opera di restauro che cercasse di restituire l’idea primaria del regista, nonostante alcune scene siano tuttora rimaste fuori dal montaggio finale poiché ritenute prive di un senso logico rispetto alla trama. Nel 2017, infine, L’Atalante è stato restaurato in 4K e tale restauro è stato  presentato  il 24 giugno a Bologna durante la XXXI edizione de Il Cinema Ritrovato e promosso sempre dalla Gaumont, in collaborazione con la Cinématèque française, The  Film Foundation con il supporto del Centre National du Cinéma, L’immagine Ritrovata e L’image Retrouvé.

L’Atalante è sopravvissuto  alla tempesta, riuscendo a superare ogni intemperia e diventando un punto fermo del cinema mondiale, in barba ad ogni critica. La breve vita di Jean Vigo non gli ha impedito di realizzare delle opere appassionanti ed entusiasmanti, nonché tecnicamente superbe, che rimangono impresse nella mente e nel cuore di intere generazioni, che siano cineasti o semplici spettatori. È proprio la sua immediatezza il suo aspetto più affascinante, la sua poesia senza artifici, che mette in discussione tutte quelle complesse narrazioni che vogliono raccontare l’ars amandi  attraverso complesse retoriche e difficili metafore. Perché l’amore trionfa  in un tuffo nel mare, perché un film commuove anche solo con un gioco di chiari-scuri all’interno di una sporca e disordinata cabina. L’Atalante non ha solo insegnato come si fa il cinema, ha insegnato come si fa ad amare.

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