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La strage di Monaco, tra sport e rapporti internazionali

Il 5 settembre 1972, durante le Olimpiadi di Monaco, otto esponenti del movimento terroristico palestinese Settembre Nero si introdussero all’interno del villaggio olimpico e rapirono undici atleti della nazionale israeliana. L’episodio fece calare un’ombra di inquietudine su quella che ancora oggi, a distanza di 50 anni esatti, è ritenuta una delle edizioni più tristi dei Giochi Olimpici. La vicenda, infatti, si concluse con l’uccisione di tutti gli ostaggi. Erano effettivamente anni molto critici per la questione israelo-palestinese. Nel 1967 si era verificata la guerra “dei sei giorni” e l’anno dopo sarebbe scoppiata quella “del Kippur”; purtroppo la crisi internazionale non lasciò indenne nemmeno il mondo dello sport.

Lo svolgimento dei fatti e la reazione di Israele

I guerriglieri di Settembre Nero entrarono all’interno del villaggio alle 4 del mattino e si diressero immediatamente verso la palazzina della delegazione israeliana. Qui ammazzarono sul posto Yossef Romano, atleta di sollevamento pesi, e Moshe Weinberg, allenatore di lotta greco-romana, i quali avevano cercato di opporre resistenza. Sequestrarono poi altri nove sportivi – tutti tra i 24 e i 53 anni – e alle 5 cominciarono le trattative con la polizia tedesca. L’obiettivo dei rapitori era ottenere il rilascio di 234 terroristi palestinesi detenuti in Israele e di due membri della RAF, gruppo terroristico tedesco di estrema sinistra; chiesero inoltre un aereo che li riportasse in Egitto.

Nel frattempo il cancelliere della Germania Ovest, Willy Brandt, avvisò dell’accaduto il primo ministro israeliano, Golda Meir, la quale rifiutò qualsiasi forma di negoziazione e compromesso con i terroristi. Alle 22:30 due elicotteri preparati dal governo tedesco trasportarono i guerriglieri e gli ostaggi fino alla base militare di Fürstenfeldbruck, dove le forze dell’ordine avevano garantito che sarebbe stato presente un aereo pronto per partire verso Il Cairo.

Si trattava in realtà di una trappola, di cui gli stessi rapitori si accorsero perché sul mezzo mancava l’equipaggio. I tedeschi miravano a liberare gli atleti israeliani in quella zona vicina all’aereo, ma invece cominciò una sparatoria che sarebbe durata un’ora. Dato che non c’erano più speranze di portare a termine la missione, i membri di Settembre Nero decisero di compiere un’esecuzione di tutti gli ostaggi. Di recente le mogli di due atleti hanno dichiarato, sulla base di fotografie esaminate nel 1992 con i loro avvocati, che i mariti furono torturati ed evirati. Oltre agli sportivi morirono durante lo scontro anche cinque terroristi e un poliziotto tedesco.

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Golda Meir nel 1970 Crediti: Harry Dempster|Express|Getty Images

Dopo l’evento Golda Meir avviò un’operazione – chiamata “Ira di Dio” – dei servizi segreti israeliani (il Mossad), allo scopo di eliminare tutti coloro che avevano pianificato e messo in pratica la strage di Monaco. In totale identificarono 35 responsabili, quasi interamente assassinati fra il 1972 e il 1979: pochi sono sopravvissuti agli attacchi israeliani, tra cui Mohammed Daoud Oudeh, uno degli ideatori del massacro alle Olimpiadi. A Lillehammer nel 1973, tra l’altro, fu colpito un bersaglio sbagliato. Il cittadino marocchino Ahmed Bouchiki venne erroneamente scambiato con Hassan Salameh, uno dei leader di Settembre Nero.

Il significato delle Olimpiadi di Monaco ’72 per la Germania Ovest

Le Olimpiadi di Monaco 1972 rappresentavano per la Germania Ovest la prima occasione di mostrarsi al pubblico internazionale dalla fine della II guerra mondiale; allo stesso tempo dovevano servire per contrapporre il proprio sistema economico e valoriale a quello della Germania Est. Per questo motivo ci fu un ampio investimento economico per la realizzazione delle varie aree di gara e, soprattutto, si volle fornire un ritratto della nazione moderno e pacifico, in netto contrasto con la forte militarizzazione dell’edizione hitleriana di Berlino 1936.

Per questo motivo si ridussero al minimo i controlli di sicurezza e l’addestramento dei volontari che dovevano sorvegliare il villaggio olimpico. Questi ultimi avevano addirittura ricevuto la direttiva di essere indulgenti nei confronti di chi scavalcava le recinzioni attorno al villaggio perché molti atleti lo avrebbero fatto per visitare la città di notte. Questo fu proprio il metodo attraverso cui entrarono gli attentatori. In questo senso le autorità decisero pure di sottovalutare una notizia che era trapelata prima dell’inizio dei Giochi da un informatore palestinese a Beirut; egli aveva sottolineato che un evento di ampia visibilità mediatica come le Olimpiadi poteva essere utilizzato dai gruppi terroristici per dirottare l’attenzione sulla questione palestinese.

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Lo Stadio Olimpico di Monaco, costruito per i Giochi del 1972 Crediti: Getty Images

Nel complesso tutta la gestione dell’emergenza da parte dei tedeschi fu oggetto di aspre critiche, ad esempio perché non accettarono la proposta di Golda Meir di ricevere l’aiuto di una squadra del Mossad. Durante la giornata del 5 settembre, poi, diffusero per errore la notizia del salvataggio dei prigionieri; le testate israeliane pubblicarono questa informazione e poi furono costrette a smentirla.

L’aspetto su cui però la polizia tedesca si fece trovare più impreparata fu la sparatoria all’aeroporto di Fürstenfeldbruck. Le varie squadre, infatti, non si coordinarono adeguatamente, poiché un convoglio di poliziotti si diresse per sbaglio verso l’aeroporto di Monaco; un terzo elicottero, giunto a supporto, atterrò a un chilometro di distanza dagli altri e quindi non poté intervenire. Nel 2012, inoltre, Israele rese noti 45 documenti riguardanti la vicenda, compreso il resoconto di Zvi Zamir, ex capo dei servizi segreti israeliani. Egli aveva denunciato lo scarso addestramento delle forze dell’ordine tedesche e la mancanza di armi adatte; secondo lui i mezzi corazzati erano arrivati in ritardo e senza un piano B, in caso l’inganno di Fürstenfeldbruck non avesse avuto successo (come in effetti avvenne).

50 anni dopo Monaco

A distanza di cinquant’anni dall’evento la situazione relativa alla strage di Monaco non sembra essersi ancora appianata; negli ultimi mesi i famigliari delle vittime avevano infatti dichiarato di essere voler boicottare le celebrazioni in programma oggi a Monaco per varie ragioni. Nello specifico è stata motivo di scontro la cifra che la Germania ha stanziato quest’anno come indennizzo ai parenti delle vittime. In un primo tempo, infatti, non era sembrata sufficientemente elevata in rapporto al danno subito. In questo senso, le principali portavoce delle famiglie degli atleti negli ultimi decenni sono state Ilana Romano e Ankie Spitzer, mogli rispettivamente del già citato Yossef Romano e dell’allenatore di scherma Andre Spitzer. Sono le stesse donne che visionarono le foto delle torture nel 1992.

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Ilana Romano e Ankie Spitzer Crediti: Reuters

Su tutta la questione aveva pesato in maniera rilevante anche la mancata assunzione di responsabilità da parte della Germania negli anni successivi alla strage. Ad agosto Felix Klein, sottosegretario tedesco all’Interno e Responsabile per la lotta all’antisemitismo, ha sottolineato la necessità di rivedere dal punto di vista storico e politico quanto avvenne nel 1972. Questo si concretizzerà nella creazione di una commissione di storici tedeschi e israeliani incaricati di analizzare e ricostruire i fatti. Il fine sarà individuare anche le eventuali colpe della stessa Germania e, soprattutto, del sistema di sicurezza della Baviera. Negli scorsi giorni, inoltre, si è trovato un accordo fra i parenti delle vittime e le autorità tedesche sulla suddetta cifra. Alla luce di questo i famigliari hanno effettivamente deciso di partecipare alla commemorazione in programma a Monaco oggi.

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