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La legge francese sulla sicurezza (dei poliziotti)

Lo scorso 28 novembre è scoppiata in Francia una rivolta popolare contro la legge sulla sicurezza che avrebbe conferito maggiori poteri alla polizia.
La Marcia delle libertà (così è stata chiamata la protesta) nella sola Parigi contava quasi cinquantamila persone, mentre a livello nazionale i manifestanti sono stati centotrentamila. Questa rabbia prorompente ha le sue radici nella violenza della polizia francese, che i cittadini non vogliono vedere legittimata, e nella frustrazione per le misure restrittive anti-Covid.

Il popolo francese sa – da sempre – far sentire la propria voce. Non a caso, il presidente Macron negli ultimi tre anni ha dovuto affrontare diverse crisi sociali: la prima è stata quella scatenata dai gilet gialli che, contrari all’aumento delle tasse sul carburante, hanno occupato a cadenza regolare le strade principali del Paese per tutto il 2019. Poi ci sono stati gli scioperi nazionali contro la riforma pensionistica e i movimenti sulla scia del Black Lives Matter. Oggi, il malcontento è esploso di nuovo a causa della controversa legge a cui si è aggiunta l’indignazione per il pestaggio di Michel Zecler, producer picchiato e insultato con commenti razzisti da parte di due agenti parigini perché non indossava la mascherina.
La posizione del governo sembra rimanere a favore della polizia, che ha giocato un ruolo fondamentale nella gestione dei tanti momenti di tensione degli ultimi anni.

La norma che ha fatto discutere è stata pensata proprio per agevolare il lavoro dei poliziotti, ad esempio tramite l’utilizzo di droni di sorveglianza o il divieto di usare i fuochi d’artificio durante le proteste. Addirittura, nella versione originale della legge sulla sicurezza, si prevedeva nell’articolo 24 di introdurre il reato di diffusione di immagini compromettenti per gli agenti ripresi.
Di fatto, l’articolo 24 avrebbe avuto conseguenze preoccupanti: con sanzioni fino a un anno di carcere o 64mila euro di multa, nemmeno il più temerario dei reporter avrebbe potuto filmare o fotografare dei poliziotti in azione durante una sommossa popolare, andando a ledere il diritto d’informazione dei cittadini francesi. Per di più, se non fosse stato diffuso il video del pestaggio brutale di Michel Zecler da parte di due agenti, probabilmente la sua storia sarebbe caduta nell’oblio, e così molte altre.

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(Foto di Jerome Gilles / NurPhoto via ZUMA Press)

Insomma, se quella proposta di legge non fosse stata contestata da una protesta di portata nazionale, si sarebbe corso il serio rischio di incentivare gli atti violenti della polizia, che avrebbe goduto di una sorta di immunità mediatica.
La gigantesca protesta del 28 novembre ha però determinato una svolta nell’iter legislativo. Il governo ha dichiarato che si sarebbe impegnato a riscrivere l’articolo 24 della legge sulla sicurezza, che però non verrà eliminato del tutto e non ci sono state ulteriori specifiche su come verrà riscritto.

In realtà, questa legge è solo un tassello di un programma più ampio. Il governo ha proposto negli ultimi mesi una serie di provvedimenti contro terrorismo e crimine che, secondo sondaggi recenti, hanno trovato ampi consensi tra la popolazione. Sembra un dato contraddittorio, vista l’affluenza alle proteste; tuttavia bisogna considerare che la percezione dei cittadini è stata, nell’ultimo anno e in particolare dopo il secondo lockdown, quella di un clima di instabilità nazionale senza precedenti. In questo particolare contesto, è quasi naturale che una legge “sulla sicurezza” susciti approvazione generale, perché si spera che possa porre le basi per una ripresa del Paese all’insegna dell’ordine e del miglioramento sociale.

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(foto via LaPatrieNews.com)

Tuttavia, senza una vera e propria riforma della polizia la Francia è destinata a trascinarsi dietro diversi problemi, come l’abuso di potere e la violenza nei confronti delle minoranze, già ampiamente presenti e dimostrati da diversi studi.
Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, nel 2017 ci furono tre casi di sospetto “uso eccessivo della forza” da parte della polizia, e le vittime erano tutti giovani maschi di origine africana. Uno studio pubblicato nell’inchiesta di Le Monde del 2018 dimostra che chi abita nei quartieri poveri ha molta più probabilità rispetto a un residente cittadino di venire controllato dai poliziotti, che in questo modo adottano una strategia di minaccia latente. A maggio del 2020 l’autorità francese per la difesa dei diritti umani, il Difensore dei diritti, ha stilato in un rapporto dettagliato le “discriminazioni sistematiche” ai danni di giovani appartenenti alle minoranze.

Appare chiaro, quindi, che la risposta al terrorismo e al crimine non possa essere affidata a un’istituzione che tende a ricorrere alla forza in modo spropositato e discriminatorio. La polizia francese necessita di una riforma organica, che renda più efficaci gli interventi degli agenti senza l’abuso della violenza.
Per la salvaguardia della democrazia, il governo deve saper da una parte fornire strumenti adeguati alle forze dell’ordine, e dall’altra tutelare i diritti umani.

(La foto in copertina è di Lapresse)

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