AttualitàFemaleInterviste

La forza delle donne nel nostro Ateneo: un tributo alle menti brillanti che plasmano il nostro futuro

Marzo è il mese della storia delle donne.

Per celebrare l’occasione ho deciso di fare una chiacchierata con due donne del nostro ateneo: la professoressa Giulia Fulvia Mancini e la professoressa Silvana Borutti. Entrambe hanno fatto e continuano a fare grandi cose nel loro lavoro, rappresentando un esempio per tutte le donne. Con la loro costanza, perseveranza e passione, hanno dimostrato che anche noi donne possiamo raggiungere grandi traguardi.

Per iniziare l’intervista con la professoressa Mancini, ho posto una semplice domanda: perché ha deciso di dedicare la sua vita alla fisica e alla chimica. La risposta che ho ricevuto è stata altrettanto semplice, ma al tempo stesso profondamente significativa: la passione. È stata la passione per queste materie a spingerla a intraprendere il percorso chimico-fisico all’università, dimostrando che non esiste alcuna esclusiva maschile in questo ambito. La sua storia rappresenta un esempio per tutte le donne che vogliono inseguire i propri sogni e dimostrare le proprie capacità in ogni campo.

Un’altra domanda importante, che ho rivolto alla professoressa Borutti, riguarda un tema scottante per molte donne: i pregiudizi e il maschilismo che spesso dobbiamo affrontare solo a causa del nostro sesso. Fortunatamente la professoressa non ha mai incontrato ostacoli di questo tipo nell’ambito lavorativo, poiché ha avuto la fortuna di lavorare con colleghi capaci di valutare una persona solo in base al proprio operato e non al proprio genere. Tuttavia, ha sottolineato che il maschilismo rappresenta una questione a sé stante.

Secondo la sua opinione, oltre a tutte le considerazioni che si possono fare intorno alla tradizione che inchioda le donne a determinati ruoli di secondo piano, va considerato che spesso la presenza della donna nel posto di lavoro è motivo di imbarazzo, come se gli uomini non potessero evitare di reagire all’aspetto esteriore, ignorando l’esperienza. Questo è un problema molto diffuso, ma che deve essere affrontato e superato, affinché le donne possano essere valutate e giudicate per le proprie capacità e non per il proprio aspetto fisico.

Durante l’intervista, non ho potuto fare a meno di chiedere alle due docenti se si sono mai sentite inadeguate nel loro ambito lavorativo o durante gli studi e se hanno mai pensato di mollare tutto. Le loro risposte sono state illuminanti e incoraggianti. La professoressa Borutti ha affermato di essere molto orgogliosa e ostinata, e di non aver mai preso in considerazione di cambiare ambito di studi o di sentirsi inadeguata. Questo dimostra che l’orgoglio e l’ostinazione possono essere due ottime qualità per perseverare e non mollare, e soprattutto possono essere anche caratteristiche femminili.

La professoressa Mancini, invece, ha espresso che la sensazione di inadeguatezza può essere uno stimolo a continuare ad imparare, a crescere professionalmente e a non mollare mai. Ha affermato che è un campanello d’allarme per la persistenza e la perseveranza. Questa frase mi ha fatto riflettere sulla sindrome dell’impostore e mi ha fatto capire che non deve mai precluderci dal perseguire i nostri obiettivi.

La risposta della professoressa Mancini alla domanda su qual è il suo più grande successo è stata molto ispirante. Ha sottolineato che essere dove è oggi, a capo di un giovane team motivato, e docente di questo Ateneo, è un traguardo significativo e fonte di grande soddisfazione. La conversazione con la professoressa Mancini ha evidenziato l’importanza di essere grati per le nostre realizzazioni e di apprezzare i successi, grandi o piccoli, lungo il cammino della nostra vita.

Molto interessante, anche, la risposta della professoressa Borutti quando le ho chiesto quale fosse stato il suo più grande ostacolo. La sua risposta fa riflettere: è lei stessa. Le sue insicurezze e la sua autocritica le pongono, talvolta, molti limiti. Questo è un problema a cui tutti noi ci troviamo di fronte almeno una volta nella vita, ma siamo in grado di ammetterlo? Spesso diamo la colpa agli altri per le nostre difficoltà, ma il nostro più grande nemico potrebbe essere di fronte allo specchio. La sua risposta è un incoraggiamento per tutte noi, perché dimostra che siamo capaci di superare le difficoltà. Siamo alla pari dei nostri colleghi uomini. Non c’è niente che tenga, siamo noi l’unica montagna da scalare.

Ho anche avuto l’opportunità di parlare con la professoressa Mancini riguardo alla difficoltà di conciliare famiglia e carriera. Spesso si viene giudicate se si sceglie di dedicare più tempo alla carriera piuttosto che alla famiglia, ma anche se vogliamo avere entrambi. La professoressa Mancini ha giustamente fatto notare che è difficile far comprendere alla società che possiamo essere madri e donne in carriera allo stesso tempo. Non significa che essere rigorose e impegnate sul lavoro ci renda insensibili o meno capaci di essere madri premurose. Il nostro compito è far comprendere che “siamo esseri umani e abbiamo tutti i lati e le emozioni di chiunque altro”. Perché un uomo ha entrambe le cose, mentre una donna deve rinunciare per forza a qualcosa?

La conciliazione tra lavoro e famiglia è un tema che riguarda molte donne, ma non solo. Per risolvere questa problematica, è fondamentale che entrambi i sessi siano consapevoli della parità di responsabilità nella gestione della famiglia. Inoltre, è indispensabile che lo Stato intervenga con politiche pubbliche di sostegno alle famiglie con figli, come ad esempio aiuti economici e la creazione di servizi di assistenza all’infanzia. Tali politiche, già attuate in altri paesi, hanno dimostrato di essere efficaci per consentire alle donne di conciliare il proprio lavoro con la vita familiare. Tuttavia, questi temi spesso vengono solo accennati o trascurati, ma sono essenziali per affrontare il problema della disuguaglianza di genere e garantire a tutti gli individui le stesse opportunità nella vita lavorativa e familiare.

Concludo citando le parole motivazionali delle professoresse, che esortano a non mollare mai, per nessun motivo. Dobbiamo avere coraggio, credere in noi stessi e nelle nostre capacità. Dobbiamo essere forti e ricordare la passione e il motivo per cui facciamo ciò che facciamo. Spero che il loro esempio, possa essere uno stimolo per tutti gli studenti e le studentesse a perseverare in ciò in cui credono. Siamo tutti esseri umani con le stesse capacità e le stesse emozioni, quindi non c’è motivo per non prendersi il mondo, se solo lo vogliamo.

da sinistra a destra: Clelia Martignoni, filologa e italianista; Silvana Borutti, filosofa; Luisa Giordano, storica dell’arte; Elisa Romano, filologa e latinista

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *