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L’intervento di Roberto Vecchioni

 Vecchioni

di Giacomo Onorati

Mercoledì 5 novembre alle ore 13.00 l’ aula E di Scienze Politiche, allestita a laboratorio per l’autoriforma dell’Università, ha ospitato l’incontro tra gli studenti di tutte le Facoltà  e il Professor (nonché cantautore) Roberto Vecchioni.  È stata l’occasione per discutere  insieme sugli ultimi provvedimenti del governo in materia d’istruzione e università, sui modi per farsi sentire  e per ricevere un’opinione da parte di chi (come si racconta lo stesso Vecchioni) ha fatto della scuola e dei ragazzi la sua vita.
Ecco alcuni estratti dell’intervento:
«Facciamo  un  esempio: io ho una famiglia con due figli e ad un certo punto vedo che non tiro avanti, devo tagliare qualcosa per arrivare alla fine del mese, cosa?  L’ultima cosa che taglio è l’istruzione. […] Se taglio le spese per l’istruzione dei miei figli faccio un harakiri tremendo .
[…]
L’istruzione, la scuola e la ricerca lavorano per darci insieme Scienza ed Umanesimo: la prima consiste nelle proprietà fisiche necessarie per costruirti una posizione notevole nel tuo lavoro,  mentre l’Umanesimo, che non è soltanto sapere le leggi in latino o leggere le poesiole,  ti da il senso  della vita globale, del perché siamo qui e ci arrabattiamo l’uno con l’altro e che senso ha questo affetto-non affetto odio-non odio  che abbiamo tra noi e in definitiva che senso ha il mio lavoro, piccolo o grande che sia. […] Ora la scuola, così com’è concepita non avrà nessuno spazio per spiegare minimamente cos’è la cultura  e cos’è il futuro.
[…]
Bisognerà darsi da fare su tutti i piccoli media che abbiamo a disposizione e raccontare quello che succede a Pavia e in altre Università : che qui non si tratta di violenza alla scuola o di occupazioni violente, qui si tratta di un laboratorio specifico per trovare altre alternative  alle dabbenaggini inventate da chissà chi.
[…]
Ora io non faccio nomi: questo dettame, questo diktat viene da una persona che non è quella a cui pensate voi. Se io sono ministro di qualcosa e chi è sopra di me m’impone un taglio, una rovina di questo genere,  io non faccio salti e capriole per  trovare il modo d’impralinare la pillola oppure abbasso il capo e dico obbedisco. Piuttosto, se sono una persona seria, mi dimetto: lo faccia fare ad un altro.
[…]
Ora veniamo al che fare: prima di tutto un’estrema intelligenza di lotta, cioè mai eccessi di nessun tipo e mai reagire alle provocazioni, poiché quando si reagisce ad una provocazione  si è compartecipi della stessa.  Voi siete nel giusto, e quando si è nel giusto si fanno con pazienza e metodicità le proprie cose: elaborare ciò che state elaborando, tentare di trovare strade e posti in cui esprimere la vostra voce, che siano televisioni private o giornali  anche minori , che siano assemblee di questo tipo […] che sia una raccolta di firme: tutto quello che si fa in democrazia. Siccome poi ce ne sono tanti altri che lavorano come voi, i risultati prima o poi si faranno sentire e soprattutto faranno male anche a chi comanda, perché è un’opposizione di quelle non silenziose ma  energiche, coscienti e soprattutto che non perde la testa, cosa che invece è successa parecchie volte. E poi avete un grande vantaggio, non siete soli: avete quasi tutti la genia dei genitori schierati dalla parte vostra e la maggior parte dei professori;  certo, ci sono professori per la quale e professori meno per la quale, ma noi vediamo di stare con i primi, anche perché non possiamo offrire il destro a chi ci accusa di stare con i baroni o cose di questo genere, mai pensate.  Voi qui non lottate per i baroni o altre cose, lottate per il vostro futuro, lottate per una cosa che è persa lontana e che sembra  irraggiungibile, lotta ancor più bella proprio perché la difficoltà è così estrema; non c’è niente di scontato, facile o semplice, ma è tutta una battaglia.
[…]
Ho letto una bella frase su un cesso qui vicino, prendetela come punto di riferimento: “Mai tornare indietro, nemmeno per prendere la rincorsa”. Voi avete ragione, lo so che spesso la ragione spesso la si dà ai pazzi, ma voi non lo siete e non lo sono nemmeno quelli che avete davanti: quelli sono degli abili, sottili calcolatori.
Platone diceva che “Ai giovani si può perdonare qualche volta un errore, ai grandi non si può perdonare di non capire gli errori dei giovani”. E invece succede questo in Italia: è un paese fondamentalmente di vecchi. L’Italia non è un vecchio paese ma un paese vecchio, perché nessuno rischia più niente, tutti rimangono sulle cose sicure, o almeno quelle che credono certe, nessuno dà fiducia ai giovani»
[…]
I vecchi sbagliano poco perchè rimanendo nell’ovvio, in quello che è abitudinario, non si discostano molto dall’assenso di altri vecchi. Bisogna anche sbagliare, tentare, provare,  si possono anche fare dei debiti sui giovani invece di farne su queste cavolate di comunicazione e pubblicità televisive, si deve rischiare, puntare sul futuro dei giovani»

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