Le strategie della manipolazione
“Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.”
George Orwell

Quello della manipolazione di massa è uno dei temi più discussi, controversi e intriganti della psicologia. In genere, quando questo argomento viene menzionato, si pensa ai regimi dittatoriali, a ciò che accadeva per esempio nella Germania nazista, nell’Italia fascista o nella Russia sovietica, oppure a ciò che succede anche oggi, in nazioni come la Cina o la Corea del Nord, dove bisogna essere iscritti ai partiti politici di maggioranza anche solo per poter esercitare liberamente una professione. Numerosi libri sono stati scritti in proposito, sul come e sul perché una dittatura nasce, sulla propaganda, e sul ruolo che possono avere le masse nella sua formazione; basti pensare a “1984” di George Orwell o a “Psicologia delle folle” di Gustave Le Bon. Indubbiamente, tale tematica ha raggiunto un’ulteriore importanza con l’avvento dei mezzi di comunicazione a livello globale: la televisione, la radio e soprattutto Internet; la famosa saga cinematografica “Matrix” parla proprio di un mondo in cui i computer controllano gli esseri umani. Del resto, è ormai accertato il ruolo dei mass media come strumento di condizionamento in grado di influenzare la psiche delle persone e, di conseguenza, il loro modo di agire e pensare. Non a caso, nel mondo contemporaneo si parla di “Opinion leaders” (concetto introdotto dal sociologo Paul Lazarsfeld), ossia di quegli individui, particolarmente attivi sui social network, che riescono a orientare le preferenze (e conseguentemente le scelte di acquisto) o le opinioni degli altri su uno o più argomenti. Negli anni sono stati molti gli psicologi e i sociologi che si sono occupati di delineare al meglio il tema, individuando delle vere e proprie tecniche con le quali le manipolazioni di massa avverrebbero. Esse dimostrerebbero che una popolazione può essere tenuta sotto controllo anche senza usare la forza o la paura, almeno non in maniera chiara e diretta.

Il Divide et Impera
Traducibile in italiano come “dividi e comanda”, quella del “Divide et Impera” è probabilmente la tecnica di manipolazione più conosciuta e utilizzata dalle tirannidi per controllare e governare un popolo. Essa consiste nel dividerlo in vari gruppi (organizzazioni, partiti politici, gruppi etnici ecc.), tramite la propaganda, in modo tale da fomentare discordie e conflitti fra essi. Questo permette alla dittatura in questione di agire indisturbata. Il motto, utilizzato per la prima volta nell’antica Roma, fu successivamente ripreso da Luigi XI di Francia (1423-1483) e dalla casata nobiliare degli Asburgo, nelle loro strategie di governo.

La “finestra di Overton”
Con questo concetto, il sociologo statunitense Joseph Overton (1960-2003) ha voluto spiegare come qualunque idea, non importa quanto assurda e incredibile, possa arrivare ad essere accettata dall’opinione pubblica. Tutto, per Overton, avrebbe una sua “finestra” di opportunità, potendo diventare accettabile o addirittura legalizzabile senza imposizioni o violenze, ma in maniera graduale, attraverso una lento processo. Si tratterebbe infatti di una tecnica di persuasione subdola ed efficace, in cui, dal momento nel quale si inizia a parlare di un certo argomento (anche uno inizialmente fonte di comune sdegno), lo si fa divenire sensibile e rilevante; l’apparire sulla scena di una certa proposta, permetterebbe quindi il suo passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di “pubblico dibattito”, fino alla sua integrazione nella società e, talvolta, fino a che essa non riesca a diventare legge.

Le strategie secondo Noam Chomsky

Noam Chomsky è un filosofo e linguista statunitense noto per i suoi studi sulle tecniche del linguaggio. In particolare, egli ha elaborato un testo didattico in cui ha elencato e spiegato i vari metodi con cui le persone possono essere persuase e vittima di manipolazione.
La distrazione è, secondo Chomsky, la più comune fra le tecniche, e consiste nell’orientare l’interesse del pubblico verso contenuti più semplici e leggeri, affinché si dimentichi dei veri problemi della società. Anche la formula problema-reazione-soluzione sarebbe alquanto utilizzata: il potere si occupa in modo inefficiente di una certa problematica, ma la mostra alle persone come un qualcosa che richiede una soluzione esterna; a questo punto, è il potere stesso a proporre la soluzione (per esempio, quando si vorrebbe privatizzare un’azienda pubblica, se ne peggiora intenzionalmente il servizio, così che se ne giustifichi la vendita). Il rinforzo dell’auto colpevolezza è altresì importante in quanto, se qualcuno crede che la colpa di tutto ciò che accade sia solo di se stesso, non si pone questioni e domande sull’ambiente in cui vive. Al contrario, la “strategia del differire” riguarda il fare credere alle masse che una misura dannosa possa portare benefici “in futuro”; l’obbiettivo è che la gente si abitui alla modalità adottata, non rifiutandola e normalizzandola nella società. Inoltre, per manipolare efficacemente, è sempre utile puntare sull’emotività delle persone, ostacolandone la razionalità e il senso critico. I possibili messaggi che provengono da certe organizzazioni o figure sono carichi di emotività, di modo che se ne colga il contenuto globale e non i suoi elementi più specifici o sottintesi. Ovviamente, come ultima ma non meno importante tecnica di manipolazione, c’è poi la volontà di mantenere la gente nell’ignoranza. Questo significa non offrirle (o farlo in maniera superficiale) quelle conoscenze e quegli strumenti che le permetterebbe di analizzare la realtà con autonomia, ragionevolezza e profondità. Così, sarà più semplice diffondere mode e tendenze che verranno accolte nei propri comportamenti, non importa se nocive e superflue. Una persona ignorante e poco razionale è più facile da convincere.
Le strategie della manipolazione esisterebbero, naturalmente, per mantenere certe situazioni come più converrebbe a chi le utilizzi. Nonostante sia ovvio quanto le opinioni sull’argomento possano essere diverse, esso dimostra comunque come sia importante conoscere se stessi e il mondo che ci circonda, per difendere diritti come la libertà o l’autodeterminazione, e soprattutto per sviluppare la più importante delle funzioni: la coscienza.