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Il punto letterario (20) – Al “sugo” preferisco un Punto

di Elena Di Meo

Di res nullius dimenticate ai lati delle strade si abbonda in tutti i reami e in tutte le epoche. Manifesti strappati dai muri ritraevano le fattezze di brutti ceffi a cui dare la caccia con la promessa di una ricompensa, mentre oggi immortalano laureandi in pose equivoche nel tentativo di disfarsi degli ultimi scheletri prima di immergersi nel nuovo mondo oltre l’armadio. Bottiglie di vetro verde che un tempo funsero da grembo a rotoli di pergamena, in attesa di essere pescati da un amo, ora sono quelle stesse destinate a essere prodotte in serie da un birrificio e sparse in cocci tra i sampietrini del centro. Lo spreco delle risorse rimane inalterato negli anni, l’uso che se ne fa invece è tale da meravigliare le menti più appassionate dei must have di stagione. Eppure, tra tante cianfrusaglie, non è da escludere che la punta del piede vada a sbattere in un oggetto più unico che raro, del tutto esente da spigoli assassini: un plico di fogli tenuti assieme da uno spago, quanto di più utile, veritiero e interessante si possa trovare sulla propria strada (lasciamo le buste contenenti del denaro a quelli che li renderebbero al proprietario, a gratificazione della propria immagine riflessa allo specchio). I segni impressi su ciascuna pagina forniranno una testimonianza di incredibile valore, se si pensa che quel plico verrà riconosciuto come il primo del suo genere.
Ciò che rende storico un romanzo è l’infiltrazione del male nelle vicende narrate. La realtà non può dirsi immune dai tiri mancini del male, nonostante si orienti l’uomo sulla strada del bene. Allora la tragicità del vivere deve accertarsi attraverso una rappresentazione autentica e disincantata del mondo reale, anche quando si venga a tradurre nella crudezza della realtà più umile. Per far questo è necessaria una previa attività di documentazione, di modo da ricostruire con dovizia di particolari la società, il costume e la mentalità di un momento storico troppo distante per averlo vissuto personalmente. Non si può evitare di assumere in questa fase un atteggiamento da illuminista nei confronti di quanto si sta cercando di evocare: l’irrazionalità e le ingiustizie del passato risaltano meglio agli occhi di chi si vanta di soggiornare in un’epoca più evoluta della precedente. Anche se si è consapevoli che non potrà mai essere ricostruita la società evangelizzata nella sua perfezione, dove il potere statale sia capace di imporre una legislazione razionale preposta alla cura degli interessi della collettività e non del singolo, dove l’organizzazione sociale sia giusta e stimoli chi possiede oltremisura a cedere i propri beni ai meno abbienti. Una conquista spirituale è comunque possibile, ma solo al termine di una corsa a ostacoli, sebbene la vanità dell’azione umana sembri data per scontata nel disegno della Provvidenza.
Un romanzo sulla strada di ognuno di noi, dunque. Solo per risparmiarci l’amarezza di ricavare la storia dei tempi nostri da un fascio di flyers tenuti assieme da un elastico in gomma. Punto!

Quale migliore conclusione giunge ad avvalorare la nostra tesi, e cioè che tra realtà e finzione il confine sia sottilissimo, di un genere letterario in cui l’artificio si riduce al massimo fino a confondersi con la verità. A suon di proverbi e ritornelli sfiancanti abbiamo tentato di ricontestualizzare contenuti di pietre fondanti la letteratura internazionale per adattarli ai cattivi tempi dei giorni nostri.
Se i consigli di lettura non sono stati dei più originali, permettetemi l’ultima puntualizzazione. L’ombra della modernità dietro a ogni classico non è solo una leggenda, ed è nella mente di chi legge che essa prende forma e produce il suo frutto: l’immedesimazione. Punto!

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