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Gli squattrinati e il carrello

La vocazione di casalingo dello studente Fuorisede, si sa, non è spiccata. Tuttavia, una sola tra le incombenze non è evitabile: non le pulizie, non il gettare la spazzatura (basta pigiarla ben bene con i piedi nei cestini), no. Qualcosa di vitale: la spesa.

Ci sono due modi di affrontare la spesa: come un allegro sperpero di denaro, o come una sfida all’ultimo sangue con il Carovita. Essendo il Fuorisede, per statuto ontologico, squattrinato, di solito è questo l’atteggiamento da preferirsi.
La preparazione della spesa inizia da casa: quaderno alla mano, è necessario stilare una lista dei pasti che si vogliono coprire e decidere a grandi linee cosa si vuol mangiare: che sembra una roba noiosa da casalinghe, e invece…lo è, ma funziona.
Entriamo ora al supermercato. No, anzi, un attimo. Uscite. Tornate al di qua delle porte automatiche. Bravi: ora deponete ogni pregiudizio, pretesa e privilegio alimentare che vi siete costruiti nei vostri anni di confortevole vita nel nido familiare. adesso possiamo partire. Davanti a voi, frutta e verdura: file e file di allettanti confezioni già pronte di pomodori rossi, mele lucide e insalate lavate. Fermi! Che fate? Giù le mani. È qui che dovete guardare: qui, nei cesti, armati di guantino e sacchetto che aspettano solo che cerchiate di aprirli per fingersi sigillati, tra pomodori verdognoli e insalate guarnite di lumache, troverete i contorni che vi servono: prezzo (al chilo, attenzione!) minore e sapore più realistico di quelle sciccherie borghesi. Procediamo: reparto frigo e affettati. No, anzi, gli affettati lasciateli pure perdere (o, quantomeno, superate la timidezza e chiedeteli al banco, costano la metà!). E qui, nella luminosa aura del banco refrigerato, vi inizierò al vero segreto della spesa del Fuorisede: per ogni prodotto, troverete almeno tre varianti: quella di supermarca e quella con il logo del supermercato, tra le quali l’unica differenza è quanto hanno pagato il designer della confezione, garantito. Avevo detto tre? Sì, perchè poi c’è Lei: la sottomarca discount, sempre del supermercato, ma con prezzi così inferiori all’altra da far dubitare della sua esistenza. Il logo della Sottomarca vi guiderà come novella Beatrice. Chiaro? Essa è presente quasi per tutto, anche se, fossi in voi, eviterei la pasta (parlo per esperienza): 60 cent al chilo, cuoce in sei minuti ed ha ben poco di commestibile. No, parliamone seriamente: non vorrete davvero farvi abbindolare dai roboanti slogan delle grandi marche! Se costano di più -spesso- è solo perchè state pagando la pubblicità che vi ha portato a comprarle: e questo è un paradosso.

Un altro elemento dovrà attirare la vostra attenzione: la scritta “offerta”: come le vostre nonne, fate incetta in quantità industriali di prodotti utili, non troppo deperibili e in sconto.
Ora avete tutti gli elementi; al grido di “prezzo al kilo, Sottomarca, offerta!”, vi lascio a destreggiarvi tra gli altri scaffali, per vedere se avete capito tutto.

Ci ritroviamo qui, alla cassa: date un’occhiata al carrello, esercitatevi a fare una stima a occhio del costo totale.
Come capirete se è abbastanza basso? Ovvio: quando vostra nonna, sentendolo, vi chiederà consigli su come spendere così poco.

 

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