CulturaInterviste

Comunicare per fotografie: intervista a Laura Manione

Buongiorno Laura, innanzitutto, la ringraziamo per essersi resa disponibile a raccontare la sua esperienza nell’ambito della fotografia e per rispondere alle curiosità di chi si sta avvicinando in maniera più approfondita a questo affascinante universo. Questo mese sarà ospite presso la scuola d’arte Ar. Vi. Ma., che offre costantemente un ampio ventaglio di opportunità a chiunque desideri entrare a contatto con la forma espressiva artistica. Ora, però, compiamo passo all’indietro e ripercorriamo insieme tutte le tappe che l’hanno portata a diventare una riconosciuta esperta di fotografia.

Quando ha scoperto l’interesse per la fotografia?

L’interesse per la fotografia mi ha sempre accompagnato, ma fu durante gli anni di università, intorno agli anni Novanta, che decisi di passare da un “semplice” interesse a un campo di ricerca professionale. Avevo deciso di laurearmi in Storia dell’Arte contemporanea e chiesi di poter fare una tesi sperimentale incentrata sulla storia e la critica della fotografia. La mia domanda fu accettata e da allora il mio lavoro si svolge in quel settore. Sono direttrice dell’Archivio fotografico Luciano Giachetti – Fotocronisti Baita di Vercelli, ho curato progetti ed esposizioni di fotografia contemporanea in Italia e in Francia, ho un blog di cultura fotografica (www.lauramanione.it) e tengo laboratori in diverse città italiane.

Che itinerario proporrebbe a un aspirante fotografo?

Gli suggerirei una formazione completa e costante, tanto tecnica quanto storico-artistica e culturale in genere. Non solo quindi squisitamente fotografica. Il fotografo naïf, oggi, non ha molte possibilità di affermarsi. Certo, se egli scegliesse di praticare la fotografia come hobby domenicale, scelta legittima per altro, allora gli basterebbe il manuale di istruzioni della fotocamera.

Avere un bagaglio culturale è quindi utile per realizzare ottimi scatti?

Direi indispensabile, non solo utile. Inoltre non parlerei di singoli scatti, seppur ottimi. Un bagaglio culturale porta lontano e aiuta un autore a misurarsi con i tempi, tempi che hanno superato il concetto della singola immagine. La fotografia deve coincidere ed evolversi con chi la produce. Non può limitarsi a una manciata di immagini riuscite.

Molti giovani, anche chi non ne ha mai utilizzati, sta riscoprendo la magia del rullino: le fotografie, in passato, erano anche sinonimo di fascino e mistero, visto che il risultato dello scatto non era visibile nell’immediato?

Magia? mistero? Chimica e concretezza, casomai. I materiali della fotografia analogica, fra cui i rullini, riportano la fotografia alla sua materialità. È un bene che i più giovani la pratichino. Per capire cosa ci è congegnale, occorre procedere per sperimentazioni. Val sempre la pena scegliere al di là dei condizionamenti del mercato e percorrere anche strade poco battute.

Per chi ama quest’arte, la macchina fotografica diventa una parte del corpo. Un’estensione. Lo pensava anche un “certo” Henry-Cartier Bresson. È d’accordo?

Sì, per quanto concerne l’uso della fotocamera, che è effettivamente una sorta di protesi visiva. Ma la fotografia si può fare anche off camera, senza l’ausilio di uno strumento ottico. Ecco, in questo caso la Storia della Fotografia viene in soccorso: ciò che è stato prodotto in passato solo a partire da materiali sensibili e prodotti chimici apre interessanti possibilità espressive anche ai giorni nostri.

Non pensa anche lei che l’esubero delle immagini presenti oggi, in particolare i cosiddetti selfie vadano a confondere l’ideale vero e proprio di fotografia?

No, anzi credo che ogni fenomeno vada considerato con attenzione e senza demonizzazioni. La fotografia ammette usi e applicazioni vastissime. Nessuna è buona o cattiva a prescindere.

Ha un tema inerente alla fotografia che le sta particolarmente a cuore? Ce ne parli pure.

Ne ho molti. La mia ricerca spazia in diversi settori. Diciamo, per riassumere, che sono interessata alla storia delle immagini, alla relazione che si innesca tra le differenti forme espressive e visive. Ma non solo. Ritengo siano affascinanti anche il rapporto tra letteratura e fotografia o tra fotografia, musica e teatro.

Quando una fotografia è “bella” o forse meglio dire “corretta”?

Sì, decisamente meglio dire “corretta”. “Bella” è un aggettivo insidioso e abusato. Una fotografia è corretta quando è coerente con le intenzioni di chi l’ha prodotta. Nei miei workshop dico spesso che sono fondamentali tre “C”: consapevolezza, coerenza e credibilità. Se ne manca una, anche le altre crollano.

Progetti in vista per la nostra città?

Sì, il 19 e 20 maggio terrò il mio workshop “Erbario intimo” alla scuola di arte Ar. Vi. Ma. Da anni studio il rapporto tra immagini e botanica e questo workshop, che ho già tenuto in altre città italiane, conferma che c’è un interesse ampio e stratificato sull’argomento. Sono molto stimolata dal fatto che sia ospitato da Ar.Vi.Ma., una realtà molto attiva e sensibile ai linguaggi contemporanei.

Colgo l’occasione di complimentarmi ancora con l’Istituto sopra citato, già intervistato da Inchiostro, confermando quanto sia attiva la sua agenda quotidiana: corsi e aule libere per dare sfogo alla propria creatività. Ci accennerebbe qualche dettaglio ulteriore sul suo workshop a Pavia?

Nel corso di due giorni, i partecipanti saranno invitati a trasformare la loro idea di erbario in un progetto fotografico personale, strutturato e coerente. La parte teorica consisterà in una proiezione che introduce la botanica quale campo di indagine nella Storia dell’Arte e della Fotografia. La visione delle immagini permetterà quindi una discussione approfondita sulle potenzialità della fotografia come mezzo di espressione. Nella parte pratica saranno proposte esercitazioni in esterno, sulla base dei concetti trasmessi durante la proiezione ed estrapolati da argomenti sondati da scrittori e studiosi di botanica. Al termine delle riprese, si affronteranno questioni relative alla valutazione e all’organizzazione degli scatti realizzati. Vorrei aggiungere che il laboratorio è indirizzato ad adulti che usino la fotografia come mezzo espressivo o a persone interessate alla cultura fotografica e alle arti visive. Non sono richieste particolari attrezzature: potranno essere utilizzate fotocamere reflex, compatte o semplici smartphone, ormai dotati di buone fotocamere.

Laura ci ha portato a immergerci in un nuovo mondo, un mondo che è dinamico e più tenti di conoscerlo, più ti sfugge, ma, proprio per questo, lo si ama sempre di più. Scattare una fotografia è un atto meccanico, farla comunicare è un atto d’amore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *