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Tra l’erba e il cemento: i 90 minuti di evasione della Galeotta

di Simone Lo Giudice

 

Non sappiamo ancora la data e il luogo dell’incontro odierno, ma sicuramente la squadra Vita sarà pronta come sempre. Il fischietto dell’arbitro demarcherà (in apertura ed in chiusura) gli estremi temporali di quei 90 minuti, durante i quali bisognerà dimostrare ciò che sappiamo fare. Tra un inizio tanto atteso e un finale di volta in volta rinviato, ecco dispiegarsi le vicende della vita/squadra Vita. Undici uomini a rincorrere un pallone con l’obiettivo di segnare, senza violare le regole del gioco: questa dovrebbe essere la trama di quel film a lieto fine che è la vita.
Ma non sempre va così. A volte sgambetti il tuo avversario, con il desiderio di aggirare il regolamento, pur di riuscire ad insaccare il pallone nella rete avversaria. In quel momento l’erba, che fino ad un istante fa scorreva sotto i tuoi piedi, può tramutarsi nel cemento della punizione, inflitta al colpevole di turno. L’aria che respiravi un tempo, adesso sembra venir meno. Luce e buio si alternano in un chiaroscuro dal quale non sembra esserci via d’uscita.
Eppure all’improvviso ecco il miracolo: tra le mura del carcere di Massa è possibile fotografare il verde dell’erba vicino al grigiore del cemento. Si tratta di una piccola isola di libertà nel bel mezzo della reclusione: appena travalichi il confine tra i due colori, ecco che le manette si sciolgono e ti viene proposta una seconda possibilità. O meglio, un momento di evasione tra infinite ore di detenzione. La Galeotta si allena qui, nel penitenziario, sull’erba “sbocciata” all’interno del carcere di Massa. Per scegliere i tratti della divisa ufficiale non ci sono state divergenze: perché le peculiarità di colore/disegno smarriscono la loro pregnanza di fronte al sogno realizzato di essere tutti uguali. Carcerati ed agenti di custodia si passano il pallone con l’entusiasmo di chi avverte di far parte di una squadra, destinata a durare non più di 90 minuti alla settimana (allenamenti esclusi). Ma è pur sempre un miracolo.
La Galeotta è abituata a trionfare fuori dalle mura della casa circondariale: la Terza Categoria è ben lieta di ospitare le sue gesta, con le quali si è guadagnata la seconda posizione in classifica. Il ministero di Grazia e Giustizia ed il prefetto di Massa applaudono: “Perché l’iniziativa ha un’importante valenza: la pena deve tendere alla rieducazione del reo, ma non è giusto condannare per sempre chi ha commesso un errore”.
Aldo Poggi si è felicemente ritirato dall’attività professionistica per dirigere il suo bar in Lunigiana, ma per tre sere alla settimana scende a valle con piacere per allenare la Galeotta. “Abbiamo vinto otto partite di fila, siamo secondi in classifica e puntiamo alla Coppa Disciplina. La nostra squadra in campo è correttissima”, racconta Rodolfo Maisto, magazziniere, che all’occorrenza interpreta anche il ruolo di guardalinee: “E certe volte i tifosi avversari dagli spalti mi gridano “ladro”, ma io preciso che il mio campo era quello delle truffe”.
Salvatore Iodice, il direttore, si strofina le mani e poi le infila in tasca: “Questa squadra ci darà grandi soddisfazioni”. E’ un uomo speciale, colui che ha lanciato il progetto Galeotta perché “Il carcere non è luogo di castigo, ma di severa austerità, che cerca di recuperare chi ha sbagliato. E’ anche attraverso il rispetto delle regole che si cerca di ricomporre il conflitto”.
Sono le sei del pomeriggio, l’erba è bagnata, i riflettori accesi, in campo ci sono già tutti. E pazienza se gli spettatori siano anch’essi dei detenuti o se a bordo campo si vigili con le trasmittenti: perchè del resto in pochi credevano che potesse esistere un momento d’evasione come questo. E poi non è mica detto che la squadra Vita non riesca a riscattarsi dopo quel dannato primo tempo, durante il quale si è cercato di aggirare le regole pur di segnare. Alcuni membri della Galeotta scalpitano nell’attesa dei secondi 45 minuti, durante i quali daranno l’anima pur di dimostrare che anche loro sono in grado di mettere a segno un goal in modo regolare, gonfiando quella rete da gioco nella quale non vogliono più intravedere il riflesso di quella trama metallica che li reclude ormai da troppo tempo.

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