Sport

Quando il lato della moneta ricorda tanto il profilo del pallone

di Paola Cabutto e Simone Lo Giudice

 

LONDRA (luglio 2003)
Che nel mondo del calcio il gioco e il denaro formino un binomio consolidato è un fatto noto. Sull’origine del denaro investito dai club nelle operazioni di mercato ci sono non pochi dubbi. Imprese e istituti di credito investono capitali nello sport, finanziando la compravendita di grandi campioni per ottenere visibilità grazie allo sponsor sulle magliette esposte agli occhi dei tifosi e delle telecamere, ma esistono anche privati che mettono il loro capitale personale a disposizione di una società calcistica. E’ questo il caso del team inglese del Chelsea, fondato nel 1905 nella zona ovest di Londra. Dopo anni di vicissitudini economiche, i Blues videro risollevare le loro sorti dall’intervento dell’imprenditore russo Roman Abramovich, che nel luglio 2003 investì 60 milioni di sterline per comprare il club londinese. Dal luglio di 6 anni fa, campagne acquisti faraoniche e risultati ottenuti sul campo (due titoli in “Premier League” ed un secondo posto nella “Champions”, persa in finale contro il Manchester United di Cristiano Ronaldo) hanno riportato la squadra londinese ad essere un club vincente. Dopo aver perso buona parte del suo capitale in borsa, Abramovich, secondo alcuni tabloid d’Oltremanica, sembrava intenzionato a vendere la società; tuttavia queste voci sono state fermamente smentite dallo stesso imprenditore, il quale ha confermato il suo supporto al Chelsea. Sull’origine del denaro investito nelle società calcistiche e sulla durata di queste favole milionarie ci sono e continueranno ad esserci molti dubbi. L’unica cosa che resiste nel tempo è l’affezione dei tifosi e la passione per cui migliaia di persone sono portate ad accettare, a volte chiudendo gli occhi, le pazzie di questo mondo patinato in nome di qualcosa che, a chi non ha il calcio nel cuore, non si può spiegare.

MANCHESTER (1 settembre 2008, mattino)
Il nord dell’Inghilterra e una nuvolosa mattinata di fine estate si sono appena date il buongiorno. L’aeroporto della frenetica Manchester è rimasto sveglio come sempre, indaffarato ad accogliere/congedare la solita folla di passeggeri. Eppure tra una valigia e l’altra, ecco spiccare una figura nuova: il vestito bianco dello sceicco Mansur Bin Zayed abbaglia le tinte più tenui indossate dai passeggeri inglesi. Nonostante il sole di Abu Dhabi sia lontano più di 5000 km, il membro della famiglia reale emiratina ha scelto l’abito preferito, restio ad indossare la soffocante giacca-cravatta di stampo occidentale. Del resto la grande gioia ha impedito a Mansur di badare all’estetica: da oggi la società “Abu Dhabi United Group for Development and Investment” sarà proprietaria del Manchester City FC, il giocattolo tanto agognato. Da Thaksin Shinawatra (ex primo ministro tailandese, attualmente sotto processo per corruzione) allo sceicco Mansur: la maglia degli Sky Blues è protagonista del passaggio di consegna tra due poli stranieri. La reggenza Shinawatra non ha mantenuto le promesse, tramontando dopo un solo anno di gestazione; eppure la seconda squadra di Manchester (rivale dello United) permane tra mani straniere. Appena la voce di Mansur ed un microfono s’incontrano, ecco scaturire una sentenza: “Renderemo il Manchester City una delle società più importanti d’Europa”.

MILANO (20 gennaio 2009, mattino)
Un ragazzo brasiliano di 26 anni dà un buongiorno nuovo alla consueta vita: il mondo che lo circonda è sempre lo stesso, eppure lo sguardo di Ricardo è profondamente diverso. Lo sceicco Mansur non è riuscito ad impreziosire il suo giocattolo, credendo che bastassero delle monete per conquistare gli idoli del pallone. Nemmeno le nuvole di Manchester (in quel lontano 1 settembre) sono riuscite ad indirizzare Mansur sulla strada giusta: perché non esiste prezzo per trasferire il sole/Kakà dalla luce di Abu Dhabi/Milan al grigiore di Manchester.

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