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Kerkìs – Teatro antico in scena: “Fedra” di Seneca

Della Fedra di Kerkìs si può parlare per colori: il nero delle pareti che attraverso un sapiente gioco di attenuazione della luce sembra volersi staccare dai muri per fagocitare ogni cosa. Loro del colossale pendolo al centro della scena, sinistramente illuminato ed unico elemento concreto nel mare di buio. Il rosso del vestito di Fedra, che vaga qua e là indosso all’invasata, manifesto della sua passione. Ed infine il verde dei suoi occhi, giganteschi abissi di angoscia, messi in rilievo dal trucco e sempre al centro del palco.

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Dal 7 al 16 marzo al teatro San Lorenzo alle Colonne a Milano l’Associazione Culturale Kerkìs, realtà ormai consolidata nell’ambito delle rappresentazioni classiche a Milano, ha portato in scena un testo indubbiamente complesso e sulla cui rappresentabilità spesso si è discusso: Fedra di Seneca. Quando si parla del filosofo stoico di età neroniana e del suo teatro è importante ricordare che non si hanno notizie riguardo l’effettiva messa in scena di tali opere, da molti ritenute infatti pensate per la sola declamazione e non per una vera e propria rappresentazione in teatro. Ma al di là delle notizie storiche si tratta concretamente di un testo ostico: spesso si ha l’impressione che i personaggi usino troppe parole per esprimere il proprio stato d’animo e che lo facciano con un tono declamatorio da esercizio di retorica, assai poco mimetico, ricorrendo anche a sentenze che nella concitazione del dramma è difficile afferrare al volo.  È dunque possibile rappresentare la Fedra? Coinvolgendo un nutrito gruppo di ricercatori, artisti e studiosi guidati dal direttore drammaturgico Elisabetta Matelli l’associazione Kerkìs ha deciso di mettersi alla prova per cercare di rispondere a questo interrogativo.

È uno spettacolo di violenza e hybris. Si viene a creare fin dal principio un clima di tensione quasi insostenibile. Il furor si manifesta in ogni cosa, si fa parola e azione. Viene fisicizzato, si concretizza nei corpi e nei suoni aspri di cui è intessuta la trama fonica della traduzione. La lingua utilizzata è volutamente volta in senso espressionistico ed i lunghi discorsi potenzialmente prolissi perdono il loro carattere declamatorio ed il loro senso immediato per divenire agglomerati di suoni capaci di investire lo spettatore con durezza.

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Fedra è rappresentata come un’invasata, una baccante che vaga furiosa in preda al suo delirio, dimenandosi, stracciandosi le vesti e infierendo sul proprio corpo. È una scelta registica di grande impatto e pregna di memorie letterarie: ha infatti il pregio di rendere in teatro una figura topica della letteratura classica, la menade, alla quale viene dato un corpo attorale.  È difficile assistere all’invasamento di Fedra, alle sue convulsioni e ai suoi affanni, senza che ritornino alla mente le descrizioni di altre eroine, come Didone ad esempio, in preda alla stessa incontenibile e lacerante passione. Questa scelta raggiunge il concreto successo grazie all’interpretazione di Giulia Quercioli, accortissima nel rendere dettagliatamente il carattere ossessivo e instabile della sposa di Teseo. Una prova attorale che riesce ad incarnare tutta la disperazione di un amore ferale, impossibile e sacrilego.

L’esperimento di Kerkìs sulla rappresentabilità della Fedra ha dunque avuto esito più che positivo: la Fedra non solo è rappresentabile ma, con i dovuti accorgimenti, può diventare uno spettacolo potente, capace di scuotere lo spettatore e di renderlo maggiormente consapevole della forza perturbante delle passioni umane.

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