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Kerkìs: “Rane” di Aristofane

Nel portare in scena oggi le Rane di Aristofane è necessario confrontarsi con una curiosa contraddizione, che si presenta nel tentativo di rapportare il testo con il nostro presente. Da un lato questa commedia, che parla di una società in declino, di una democrazia in difficoltà minata alle fondamenta da corruzione e populismo, risulta estremamente vicina ed attuale per lo spettatore odierno. D’altro canto però l’opera tratta diffusamente e dettagliatamente di poesia tragica, dei valori che può veicolare, della sua funzione nella società, dei suoi maestri; dopotutto è stata composta per gli spettatori dell’Atene di fine V secolo, cresciuti con le rappresentazioni di Sofocle e Euripide, e intenditori di tragedie molto più che il pubblico di oggi. Di fronte a questo testo dunque lo spettatore medio odierno (che non sia, si capisce, un fanatico del teatro attico) può incontrare qualche comprensibile difficoltà. Perché, allora, proprio le Rane?

Al di là della complessità testuale, Rane è uno spettacolo capace ancora oggi di lanciare uno straordinario messaggio: lo Stato in crisi si può salvare con il teatro. Al teatro, o per meglio dire alla poesia in generale, Aristofane attribuisce un importante ruolo civico e sociale: ha come scopo primario quello di rendere “migliori i cittadini nelle loro comunità”. Per far questo però servono buoni poeti che purtroppo non esistono più, allora Dioniso, il dio del teatro, decide di intraprendere un viaggio nell’oltretomba per riportare in vita Euripide, che a suo dire è il più grande di tutti. Da questo utopico avvio scaturirà una serie di situazioni esilaranti. Nonostante le possibili difficoltà di messa in scena Kerkìs rifiuta espedienti quali l’attualizzazione del testo ed altri accorgimenti che comporterebbero il rischio di possibili imprecisioni e pone, come sempre, al centro la fedeltà pressoché assoluta al testo originale.

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Per superare l’impasse comunicativo, la regia di Christian Poggioni  decide di percorre un’ altra via. Agli interpreti viene infatti richiesta una recitazione energica, molto espressiva, caricata, quasi esasperata, che fa ricorso a moduli di Commedia dell’Arte ma li reimpiega con elasticità e sapiente duttilità. Le parole, dense di riferimenti non immediatamente comprensibili e a tratti oscuri, sono portate dagli attori con una tale incisività che permette a chi assiste di superare lo spaesamento iniziale e di comprendere il loro significato attraverso analogie interne. Si viene in questo modo a rappresentare, per la breve durata dello spettacolo, non solamente la vicenda fittizia ma la stessa realtà storica in cui essa prese forma e alla quale si riferisce. Il pubblico è coinvolto nel gioco scenico: è chiamato a prendere parte alla rappresentazione sia come pubblico in sé, odierno, sia come pubblico “storico”, quello dell’Atene delle Lenee che è implicitamente invitato a impersonare. Ciò consente allo spettatore di avere due livelli di lettura e di partecipazione: in quanto se stesso può confrontare la propria realtà con quella rappresentata e notare le analogie con il presente mentre come spettatore “ateniese” viene calato in una dimensione storico-sociale, richiamata dal potere evocativo della parole degli attori. La rappresentazione della commedia non sta solo sul palco ma si estende all’intero spazio dell’edificio teatrale, coinvolgendo gli spettatori, il loro spirito critico, la loro immaginazione.

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Ma la fedeltà assoluta al testo non deve diventare un atteggiamento intransigente: delle aggiunte, finalizzate a migliorare la prestazione del testo, sono certamente possibili, anzi spesso indispensabili. Anche Kerkìs, pur con un approccio prudenziale, si applica in questa direzione : gli inserti moderni, immediatamente riconoscibili per via del registro iperrealistico che li caratterizza, sono di notevole interesse e risultano vivaci e divertenti. Si integrano armoniosamente al testo, lo chiarificano e lo rendono più performativo.

Le Rane di Kerkìs è uno spettacolo di alto livello, sotto molti punti di vista: del coinvolgimento del pubblico, del trattamento del testo originale, delle strategie registiche adottate, oltre che per la raffinatezza e complessità dei costumi.


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