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Toronto c’è quasi, Spurs salvi?

Tralasciando tutti i discorsetti introduttivi e passando ai fatti salienti, iniziamo parlandovi degli ultimi 7 giorni dei San Antonio Spurs. Settimana che si prospettava decisiva per il futuro a breve termine degli Speroni, che rischiavano l’accesso ai playoff, e che si chiude con 4 vittorie su altrettante partite giocate. La prima pratica che San Antonio deve affrontare è quella contro i Pelicans di Davis, e la cui vittoria gli permette di ritornare in carreggiata e riguadagnare l’ultima postazione che verrà poi chiamata alla post-season, ovvero l’ottavo posto. Il leader incontrastato di questa missione è Aldrige, che con uno show da 25 punti, supportato dalla fermezza di un Murray da 18 punti e 12 rimbalzi, che trascina gli Spurs alla W a referto. Contro il Minnesota, successivamente, la pratica è praticamente chiusa in partenza. I TWolves infatti sembrano ormai allo sbando, con l’innesto di Rose che non ha fatto altro che rovinare tutto quel delicato equilibrio che col tempo Thibodeau e staff avevano costruito (-32 di plus/minus con in campo l’ex stella di Chicago). Nel dubbio però Aldrige mette a referto 39 punti, nel caso qualcuno ancora dubitasse delle sue qualità di trascinatore degli Spurs. Tocca poi affrontare i Warriors, o meglio ciò che ne resta. Sì perché i Golden State che San Antonio si trova davanti sono privi anche di Green, ai box per infortunio, e tocca quindi a Cook e Looney (chiuderanno rispettivamente con 20 e 12 punti) provare a tenere su la baracca senza le 4 punte di diamante della Dubs City. Ma quando il solito Aldrige mette in piedi una prestazione da 33 punti e 12 rimbalzi e fa risplendere di luce riflessa il resto del quintetto degli Spurs c’è poco da fare. È con la W messa a referto contro gli Wizards, grazie al solito Aldrige, la giovane follia di Murray e la saggezza di Ginobili, che avviene il sorpasso e così San Antonio si ritrova più o meno comodamente al sesto posto ad Ovest, anche se solo con una partita di vantaggio rispetto al Minnesota. Questi Spurs, con questa grinta e questa voglia di dimostrare al mondo intero che La Dinastia probabilmente più longeva dell’Nba non è morta, possono fare ancora molto strada.

La settimana dei Warriors, invece, mette in luce quelli che sono tutti i rischi e gli aspetti problematici del fondare una squadra solo su alcuni giocatori chiave, piuttosto che creare un gruppo solido. Davanti a Sacramento, infatti, Golden State appare come una squadra da metà classifica, se non forse più in basso. Senza Curry (problemi alla caviglia), Thompson (problemi ad un dito) e Durant (frattura alla cartilagine delle costole) i restanti Warriors non hanno una guida da seguire, sono spaesati e si fanno calpestare da quasi ogni possesso in attacco di Sacramento. Ne consegue una rovinosa sconfitta ed un’uscita con la coda tra le gambe. Compresa la situazione, contro i Suns viene insignito del ruolo di leader e trascinatore Green, che in questo ambito ci sa decisamente fare. Nel primo quarto la nuova disposizione dei Warriors deve ancora essere testata e calibrata, tanto che in campo sembrano esserci solo i Suns. Trovati gli equilibri ed il giusto movimento di palla, dal secondo quarto Green si carica in spalla il team e supportato da Iguodala e Cook (career-high di 28 punti) riesce a portare finalmente una W a referto per Golden State. Ma le sfortune di Coach Kerr sembrano non aver fine e, come citato sopra, nella sfida contro gli Spurs che hanno poco da perdere e tutto da guadagnare, deve restare fuori pure Green. E senza l’uomo in cui erano riposte le ultime speranze, i Warriors scendono in campo disillusi ed amareggiati. La sconfitta è praticamente già scritta ancora prima di iniziare. Guai in vista, quindi, in vista dei playoff.

I Raptors, al contrario dei Warriors, gioiscono ormai da metà stagione, godendosi i risultati di tanti sforzi e sacrifici per creare quello che è probabilmente il gruppo più equilibrato e solido in Nba, e anche quest’ultima settimana ne è l’ennesima dimostrazione: contro Indiana partita tesissima e sul filo del rasoio fino all’ultimo, quando spicca su tutto l’audacia di CJ Miles che permette a Toronto di sfangarla. Contro i Mavs non mollano neanche all’ultimo secondo, nonostante l’assenza di Lowry, e riescono a portare il match all’overtime, dove poi usciranno dalla scia per il sorpasso finale. Ad Oklahoma devono però inchinarsi davanti alla supremazia di un Westbrook fuori dal mondo. Anche per i suoi standard. Decisioni arbitrali dell’ultimo minuto penalizzano oggettivamente i Raptors che però né escono a testa alta, avendo tenuto testa fino all’ultimo istante e rischiando anche di segnare la 13esima W consecutiva a referto. È contro Orlando che arriva la vittoria, nonostante 3 quarti di marce basse da parte di Toronto, grazie alla sapiente guida di Lowry che nell’ultimo quarto si carica il team in spalla e parte a testa bassa. Chiuderà con 25 punti. Contro Cleveland non c’è niente da fare. In Ohio è ritornato Love (23 punti e 12 rimbalzi) e il Re è in uno stato di grazia (35 punti, 17 rimbalzi, 0 palle perse). Anche il resto del quintetto dei Cavs brilla di luce riflessa. A Toronto manca tanto così per competere con le vere Big del campionato. Staremo a vedere se riusciranno a fare quel minuscolo salto di qualità in vista dei playoff.

Restate sintonizzati sulle frequenze di Inchiostro per gli ultimi aggiornamenti dall’Nba! I playoff sono ormai alle porte!

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