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Sorprendentemente, “The end of the f***ing World”

Un adolescente psicopatico e violento, una sua coetanea aggressiva e disinibita e la loro fuga d’amore, costellata di scabrosità senza filtri. Da quando Netflix ne ha rilasciato la prima stagione, composta da otto episodi da circa venti minuti, The end of the f***ing World (J. Entwistle, L. Tcherniak, 2017) ha messo in ombra ogni altra serie TV nel giro di pochi giorni. Cosa rende questo prodotto così efficace, permettendogli di spingersi oltre i cliché delle tematiche affrontate?

Come già accennato, i protagonisti sono James e Alyssa, due adolescenti inglesi disadattati e in lotta con il loro ambiente sociale che decidono di fuggire insieme, lasciandosi alle spalle una scia di violenza, crimini e volgarità dai contorni bizzarri e improbabili. James è interpretato da Alex Lawther, noto per il celebre episodio Shut up and Dance di Black mirror (C. Brooker, 2011- in corso) mentre a vestire i panni di Alyssa è Jessica Barden, comparsa in The lobster (Y. Lanthimos, 2015) e nella serie Penny dreadful (J. Logan, 2014-16). Nonostante la base di partenza possa ricordare fortemente un inflazionato Sheldon Cooper, è in questa caratteristica che TEOTFW tradisce le aspettative e comincia a rivelare la sua atipicità. Qualsiasi disturbo che limiti la socializzazione non è messo in risalto come una forma di originalità, ma è trattato come una problematica grave, con tutti i risvolti negativi del caso. Anche se spesso questa serie sa divertire, è chiaro fin da subito allo spettatore che si riderà della grottesca incapacità dei protagonisti di adattarsi alla società, la quale sfocerà in risvolti drammatici. La chimica che unisce i due attori, che possono vantare un’ottima prestazione, si rivela inoltre essenziale anche per affezionarsi alla relazione sentimentale che li lega. Così come i protagonisti, anche i vari antagonisti che compariranno durante la fuga, pur sembrando a un primo impatto semplicemente bizzarri, si riveleranno essere connotati da una morale negativa e da una psicologia fortemente disturbata.

Forse, però, complice la scelta di produrre episodi brevi, la sceneggiatura ha il difetto di consumare troppo repentinamente l’evoluzione dei personaggi principali, in particolar modo quella di James; difetto che non rovina l’esperienza della serie, ma incrina il percorso empatico dello spettatore. Un problema invece evidente è la sottotrama dedicata al rapporto fra le due poliziotte, superflua e in nessun modo determinante rispetto alla trama principale.

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Il comparto tecnico è invece sicuramente un punto di forza. Si distingue una regia dallo stile personale e gradevole, sostenuta in particolar modo da una fotografia ben al di sopra dei livelli cui si è abituati nella serialità televisiva. A questi elementi si aggiunge una colonna sonora davvero ampia e affascinante, dotata di una patina vintage azzeccata. I tanti brani accompagnano infatti in molte occasioni la storia, conferendo alla serie una sfaccettatura musicale che finisce per pesare fortemente sull’esperienza dello spettatore.

The end of the f***ing World è una serie non certo priva di difetti, ma che riesce ad affermarsi grazie a una confezione tecnicamente solida e, soprattutto, alla sua originalità. Chi si aspettava una comedy già vista con protagonisti scarsamente interessanti per via delle solite gag basate sulla loro sociopatia resterà quindi sorpreso, ma non certo deluso.

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