Università

L’arte di saper comprare

Supermercati, negozietti, marche famose, bancarelle, sottomarche, offerte e volantini, sconti e mercatini, panetterie e fruttivendoli, quanta scelta di prodotti e quanta varietà ci circondano ogni giorno!

Nella casa di origine il fuorisede non ci pensava troppo alla spesa: andavano i genitori, ogni tanto si faceva un giro con loro, altre volte li aiutava in questo arduo compito, ma niente di ufficiale, l’impresa non era mai totalmente a carico suo. Un giorno però le cose cambiarono, e quello fu un momento di svolta, definitiva, nella vita dello studente.

Al fuorisede del Nord il pacco da casa non arriva, al massimo la nonna gli nasconde qualche vasetto tra la biancheria prima di partire, o una fetta di torta nello zaino “tanto per avere la colazione domani mattina”, ma lui capisce fin da subito che la pacchia è finita. Dovrà cavarsela da solo.

All’inizio tende a fare la spesa in comune con i coinquilini, a comprare le cose di marca, a stare attento agli ingredienti, ad acquistare un po’ di tutto “perché l’alimentazione deve essere variegata e salutare”.

 

…ma da qui alle cene a base di kebab non passerà molto tempo.                                                                                                     

 

Lo studente fuorisede sperimenta. Deve capire quali sono i suoi gusti: questi, per tutta la vita, sono stati strettamente condizionati da quelli dei genitori, in particolare dalla mamma che ha provveduto alla sua alimentazione fin dalla nascita e ha da sempre regolato le sue portate in modo da mantenerlo nutrito e felice.

Nel primo periodo fuori casa egli alterna quindi periodi di carestia (misurandosi il polso per vedere quanto la fame lo stia segnando) a giornate all’ingrasso, reduci da spese troppo impulsive ed abbondanti (magari fatte prima dei pasti, mosse dalla fame: grave errore da evitare!!). E qua, tra prodotti in fase di scadenza, formaggi stratificati dalla muffa e cibi un poco avariati, lo studente, in procinto di tornare a casa per il weekend, tenterà di sprecare il minimo possibile ed evitarsi malaugurate sorprese al suo ritorno. Anche se, come tutti sanno, per ogni fuorisede del Nord, abbiamo almeno un paio di fuorisede del Sud che accetteranno volentieri il cibo che il nostro povero protagonista non riuscirà a finire di mangiare in tempo per la partenza: qualche scorta in più non fa mai male per chi, come loro, resterà nella città universitaria ininterrottamente per un bel po’ di mesi.

Con il passare delle settimane e l’aumentare dell’esperienza, certi errori tenderanno ad essere eliminati dalla lista degli azzardi di ogni buon universitario e così il cibo comincerà ad essere più regolato, il portafoglio sempre mezzo vuoto e la vita più routinaria. Verrà introdotto il giorno settimanale in cui fare la spesa, gli acquisti verranno separati tra i coinquilini e ciascuno tornerà a mangiare le proprie cose, prendendo ispirazione anche dai tipici pasti che la mamma gli preparava prima della sua partenza (senza mai raggiungerne il livello).

Il fuorisede imparerà, il fuorisede non morirà mai di fame (a costo di inghiottire concentrati di grassi e fritti per settimane e settimane, in particolare durante la sessione esami) ma, nonostante tutta l’esperienza acquisita, riuscirà sempre a farsi fregare dal magico mondo dei supermercati, con la loro mistica disposizione di quell’unico prodotto tanto inutile quanto necessario, in quel momento, da aggiungere al carrello della spesa.

Valentina Fraire

Studentessa al primo anno di Scienze e tecniche psicologiche presso l'Università degli Studi di Pavia

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