Musica

MONEY CAN’T BUY LIFE

La Jamaica è forse uno dei luoghi naturalisticamente più belli al mondo, di sicuro quello col più alto tasso di criminalità (90% a Kingston Town). Ma alla fine dei conti va bene così, in questo l’isola caraibica si dimostra simile ad un Paese come l’India: è proprio nei Paesi che partoriscono le più auliche forme di misticismo religioso che la società civile risulta maggiormente dilaniata da disordini e violenze.                                                                                                              Di Cristianesimo per forza si deve parlare a proposito della Jamaica, anzi di una sua variante di matrice etiopica, eco di un’epoca di deportazioni e schiavitù, chiamata Rastafarianesimo. Esso quale aggiunge alla liturgia cristiana ortodossa due sacramenti ulteriori: portare lunghi capelli raccolti in dreadlocks e fumare marijuana (o ganja, come viene denominata riprendendo un termine sanscrito arcaico) per esplorare con la mente i misteri più insondabili del cosmo e della Provvidenza.

Robert Nesta “Bob” Marley si inserisce in siffatto contesto ma non passivamente: del Rastafarianesimo egli diventerà il profeta e l’esportatore, laddove il Dio riconosciuto è il vecchio re etiope Hailé Selassié, detto Ras Tafari (1892-1975), che agli occhi dei Jamaicani costituisce non già un messaggero di Dio, ma una sua stessa incarnazione mondana.

Bob nasce nel 1945, è il figlio di una donna isolana e di un uomo britannico; a tal proposito egli dichiarò: «Non ho avuto padre. Mai conosciuto… Mio padre era come quelle storie che si leggono, storie di schiavi: l’uomo bianco che prende la donna nera e la mette incinta». Lavoratore in età precoce, a 15 anni l’incontro con la musica: Ray Charles, rhythm&blues, Elvis Presley. Porge inoltre l’orecchio a quei tentativi autoctoni di fondere i ritmi tribali di Jamaica con i generi sopracitati, esperimenti che avrebbero dato vita proprio in quegli anni ad un genere ska-rocksteady che un giorno sarà la matrice della sua musica. A 17 anni scopre la fede Rastafari e decide di convertirsi ad essa.

Nel 1964 la svolta, con lo spirito e le persone giuste: Bob, Bunny Livingstone, Peter Tosh, Junior Braithwaite, Beverley Kelso e Cheery Smith fondano un complesso chiamato “The Juveniles”, rinominato più tardi “The Wailing Rudeboys”, poiThe Wailing Wailersed infine mutato in The Wailers(ossia “I lamentosi”, probabile riferimento alle Lamentazioni bibliche). Tra un cambio di nome e l’altro, tuttavia, non si perde tempo, la band si arricchisce di strumenti e di personalità. Marley e Tosh evolvono così uno stile musicale proprio, basato sulla commistione tra tribale, electric sound e rock&blues ma che ben presto trascende in una nuova forma detta reggae.

Ci si interroga ancora sull’etimo di questa parola: l’ipotesi più accreditata è che essa derivi da una storpiatura di ragged (time), che in inglese vuol dire “tempo strapazzato”: il reggae infatti ha un ritmo in levare, cosa più unica che rara nel mondo. Le canzoni risultano intrise di citazioni bibliche, talvolta letterali, e di una simbologia fortemente escatologica (il Leone di Jamaica rappresenterebbe lo stesso Cristo che viene a salvarci alla fine del mondo). Il tutto partorito nei fumi dell’erba, che Bob e compagnia bella (e fatta) considerano un rituale di elevazione a Dio. Bob si mette nei guai con la legge durante la trasferta inglese in quegli anni proprio perché accusato del possesso di droghe leggere, ma questo non lo turba più di tanto: sta diventando famoso a livello internazionale. Nel frattempo si sposa, nel 1966, con Costancia Anderson. Bob Marley ha avuto tredici figli nel corso della sua esistenza, tre con sua moglie, due adottati da due relazioni di lei, e gli altri otto da relazioni con donne da cui si sarebbe poi separato.

Negli anni la sua musica va ad intrecciarsi sempre di più con cause politiche legate all’esigenza della pace mondiale, rivendicazioni identitarie del popolo jamaicano e l’aspirazione alla diffusione del senso di amore cristiano (anzi, rastafariano) in ogni angolo del globo. Le vicende finali della sua vita sono assai grottesche: feritosi ad un alluce nel 1979 durante una partita di calcio, Bob rifiuta, coerentemente con i dettami della propria fede, di ricevere cure mediche, in virtù del principio di inviolabilità del corpo professato dal Rastafarianesimo. In breve l’infezione localizzata si trasforma in un tumore maligno che va ad intaccare soprattutto il cervello. Muore due anni dopo e viene seppellito insieme ad un pallone da calcio e la sua chitarra Gibson Les Paul. Al figlio Ziggy rivolge sul letto di morte le celebri parole “Il denaro non può comprare la vita”.

Di questa figura leggendaria sul piano musicale dobbiamo riconoscere numerosi meriti: l’aver innovato la musica della sua epoca, inaugurando nuove prospettive di esplorazione; l’aver cantato l’inutilità delle guerre e la banalità del male; l’essersi costantemente appellato ad un’ispirante senso di amore per la vita; e l’averci suggerito che da lassù, probabilmente, anche Dio fuma la ganja.

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